la casa, l'aspetto della tenuta, i muri squallidi, le finestre
simili a occhiaie vuote, i pochi giunchi maleolenti, alcuni bianchi
tronchi d'albero ricoperti di muffa; contemplai ogni cosa con tale
depressione d'animo ch'io non saprei paragonarla ad alcuna sensazione
terrestre se non al risveglio del fumatore d'oppio, l'amaro ritorno alla
vita quotidiana, il pauroso squarciarsi del velo.
(Edgar Allan Poe, La caduta della casa Usher)
Il passato è un corpo che non può essere sepolto, non vuole farsi dimenticare, e la sua presenza si manifesta come sangue che ribolle sotto la superficie, scorre misto all’argilla, si concretizza in forme fantasmiche, abita e vive tra le architetture fatiscenti di una vecchia magione inglese.
Avidità, cupidigia e vendetta tingono di rosso lo schermo e giustificano ogni azione in nome dell’amore, un amore mortifero, ossessivo e malato, che si nutre di vittime accecate e circuite nel suo stesso nome.
Dopo Pacific Rim, Guillermo Del Toro torna nelle sale con la sua ultima opera, Crimson Peak, un dramma gotico con incursioni nell’horror e nel fantastico.
Lei, Edith Cushing, è una giovane americana ereditiera e scrittrice in erba, innocente e sovversiva menina velazqueziana; lui, Sir Thomas Sharpe, è un misterioso e affascinante nobiluomo inglese squattrinato, in cerca di sovvenzionamenti per la sua nuova invenzione, con l’inseparabile sorella Lucille al seguito.
Nelle prime scene si dipana la love story tra Edith (Mia Wasikowska) e Sir Thomas (Tom Hiddleston), in un proemio funzionale alla presentazione dei protagonisti della vicenda, ma è tra i corridoi del maniero, nelle stanze in rovina dominate dalle trame di Lucille (Jessica Chastain) che la trama acquista spessore.
La magione, Allerdale Hall, nota anche come Crimson Peak, è cosa viva; tra i suoi muri si annidano le colpe e il dolore degli anni passati, che nel buio tornano a prendere forma. Appare imponente in un campo lungo, in un paesaggio desolato e desolante, e già racconta tutto di sé, dei misfatti che cela, suggestiva come appariva la vecchia villa nel film di Jean Epstein La caduta della casa Usher. Architetture gotiche, tra i toni di grigio e le sfumature di blu, salgono e delimitano lo spazio filmico, uno spazio crepuscolare, popolato da ombre e da nere falene, chiuso nella sua solitudine, decadente e cupo, con un occhio orbo che guarda al cielo, un corpo sfatto che si lascia cadere avviluppato tra lo scorrere rosso delle colpe che nasconde.
Guillermo Del Toro affascina lo sguardo dello spettatore con una danza incantatrice. La profondità di campo, in cui l’occhio si smarrisce, sublima il senso di smarrimento della giovane Edith. I movimenti della mdp scorrono su atmosfere gotiche e sospese che evocano i paesaggi di Arnold Böcklin e le oscure presenze di Zdzisław Beksiński, costruendo, come è solito l'autore, un mondo parallelo, in cui il fantastico è una realtà tattile, affascinante e seducente. La costruzione delle scene, barocche e opulente, sempre traboccanti di infiniti elementi decorativi, e la trasfigurazione dello spazio, si pongono come metafora del senso claustrofobico e di costrizione generato dalla menzogna e dall’inganno, elementi caratterizzanti della narrazione.
Del Toro dirige un’opera velatamente horror, popolata di fantasmi, ma nel quale gli spettri, come nel manoscritto di Edith “sono solo una metafora”. Lo spettatore si trova nel bel mezzo di un dramma sentimentale che sembra attingere a piene mani dalla letteratura gotica di fine ottocento, dalle ghost stories vittoriane, o dal nostro Fogazzaro di Malombra, e dal cinema classico di genere, in cui l’elemento fantastico è un’appendice quasi secondaria. Un delirio visivo in cui il bello si manifesta in tutte le sue forme, attraverso una regia ricca di manierismi stilistici, cromatismi e citazioni cinematografiche e letterarie.
A volte sembra di rivivere la raffinatezza stilistica e i barocchismi del Dracula di Coppola, altre ci si trova immersi nella suspence e nelle affascinanti architetture del cinema di genere italiano, da Gli amanti dell’oltretomba di Mario Caiano (aka Allan Grunewald) alle opere di Riccardo Freda. Si rischia però di eccedere nel citazionismo e di indugiare in un divertissement estetico che lascia poco spazio al tessuto narrativo, coinvolgendo esclusivamente lo sguardo in un’iperbole visiva. La tensione resta comunque alta, anche grazie alle trovate granguignolesche con cui Del Toro arricchisce questa favola nera, indugiando ora nella morbosità di un amore incestuoso, ora nel gore fulciano di crani fracassati, tra lo scorrere del sangue e un romanticismo malato.
Come nelle fiabe più antiche il film di Del Toro alterna ingenuità infantile ad aberranti violenze, mescolando un osceno porridge dolciastro e mefitico che a molti potrebbe risultare indigesto; ma il regista de La spina del diavolo riesce a incatenare l’occhio con il suo stile visionario, farcito di una sublime poetica in cui smarrirsi è pura delizia.
Mariangela Sansone
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda tecnica
Titolo originale: Crimson Peak
Anno: 2015
Regia: Guillermo Del Toro
Sceneggiatura: Guillermo del Toro, Matthew Robbins
Interpreti:Mia Wasikowska, Jessica Chastain, Tom Hiddleston.
Durata: 118’
Uscita al cinema: 22-10-2015