Tra ragazze che sapevano troppo, paperini seviziati, mosche di velluto grigio, tracce di violenza carnale e farfalle con le ali insanguinate, il giallo/horror all'italiana seguiva la sua strada, altalenante nei risultati ma costante nelle intenzioni. Fino a quando, dagli anni Ottanta in poi, le logiche cinepanettoniane e la lobotomia para-televisiva affossavano una volta per tutte i lati più oscuri dell'anima nostrana, relegando il format di riferimento alla scomoda terra del vintage, nonostante l'affetto incondizionato di tantissimi seguaci.
Oggi, trent'anni dopo, si è aperta una nuova via, colorata nel presente ma rivolta al passato, nella quale alcuni autori stanno provando a riportare in auge quel tipo di cinema, ridefinendone i contorni ma tenendo ben presente il campo di riferimento. Uno di questi, il più in vista all'occhio mediatico, è Federico Zampaglione.
Già nel 2009, con Shadow, il musicista/regista aveva cercato di comporre una rivisitazione di quel tempo che non c'è più, scatenando estimatori e detrattori in una battaglia senza tregua per un film che, a conti fatti, risultava discreto senza toccare vette esaltanti. Oggi l'autore romano ci riprova, e con Tulpa, presentato in anteprima nazionale sei mesi fa al Noir Festival di Courmayeur e ora finalmente anche nelle sale, stringe ancora di più il nodo intorno al cappio dell'omaggio, componendo un affresco che (ci) riporta in tutto e per tutto nel clima morboso di quel periodo ormai lontano.
Lisa Boeri è una manager di successo. La dedizione al lavoro l'ha però condotta verso una strada di solitudine nella sfera privata. Per combattere la malinconia, Lisa frequenta un sex-club privato, aperto a pochi eletti e gestito da una sorta di guru, nel quale i membri possono accoppiarsi tra loro nella più completa libertà fisica e spirituale, dando sfogo alle proprie ossessioni erotiche. All'improvviso, alcuni partner incontrati dalla donna al sex-club sono assassinati in modo violento e brutale. In Lisa cresce la paura, mentre intorno a lei gli omicidi si moltiplicano.
Nato da un'idea di Dardano Sacchetti, Tulpa riconduce il linguaggio di riferimento al contesto sopracitato, ammantando l'intero film di un'atmosfera pulsante e perversa nella quale il gusto del retrò è esibito e urlato a pieni polmoni. Tra suggestioni erotiche piuttosto audaci e risvolti di trama non troppo complessi, il lavoro di Zampaglione getta in un calderone tutta la materia d'origine, e la mescola cercando una ricetta appropriata, senza mai trascurare gli ingredienti essenziali: assassinii orchestrati con la migliore fantasia possibile, colpi a effetto, zampilli di sangue, tremori atavici, bizzarre figure di contorno, caccia al colpevole, risoluzione (almeno nelle intenzioni) inattesa. La violenza non è lasciata fuori campo, anzi, e il connubio sesso/orrore è reso esplicito in più occasioni; la tecnica risulta convincente, e nonostante qualche caduta di tono il film avanza con una certa scorrevolezza.
A dare volto e corpo alla protagonista c'è Claudia Gerini, compagna di Zampaglione nella vita, alle prese con il ruolo forse più difficile e sfaccettato della sua carriera. Una parte complessa, rischiosa, nella quale si mette a nudo (in tutti i sensi) con vibrazioni serpentine e buona efficacia. Intorno a lei si muovono compagni d'avventura più o meno significativi, tra cui vale la pena citare un Michele Placido spinto sopra le righe sino ai limiti della parodia.
A un primo livello di lettura, dunque, Tulpa funziona, anche perché alcune sequenze gore sono costruite davvero con efficacia, dall'iniziale scena al gusto di bondage a un efferato omicidio sulle giostre, passando per tremende scottature a base di olio bollente e incontri ravvicinati con topi affamati.
Tutto bene, tutto giusto. Oppure no?
Durante la visione, si ha la sensazione che l'ossequio voluto dall'autore tenda a ripiegarsi su se stesso, scegliendo strade (fin troppo) sicure e protette. In questo modo, se da un lato l'esperienza filologica risulta appropriata, dall'altro manca la spinta decisiva, affinché il prodotto possa elevarsi a un livello superiore. L'omaggio, per quanto attraente, rischia di restare fine a se stesso, se non è supportato da una marcia in più, da un tratto distintivo che lo renda anche nuovo e unico; così, ad esempio, ha saputo fare negli anni Rob Zombie, dotando i suoi lavori di una forza espressiva eccezionale e dirompente (si veda anche solo il recente Le streghe di Salem). In Tulpa questo qualcosa in più non c'è, e per quanto la fruizione risulti divertente e corretta, si ha l'impressione, per citare una seconda volta uno dei titoli storici già evidenziati sopra, che la farfalla con le ali insanguinate non riesca a spiccare il volo verso il cielo, limitandosi a fluttuare a poca distanza dal suolo.
Zampaglione è bravo, ha talento e padroneggia la macchina da presa, ma per favore, piantiamola con queste insulse definizioni di nuovo Re dell'horror, nuovo maestro del brivido, e compagnia cantante. I titoloni a effetto, per quanto necessari in un certo tipo di logica giornalistica e pubblicitaria, hanno davvero stufato. Un Re, per essere tale, ha bisogno di ben altro.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Film al cinema
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Scheda tecnica
Regia: Federico Zampaglione
Anno: 2012
Durata: 80'
Soggetto: Dardano Sacchetti
Sceneggiatura: Federico Zampaglione, Giacomo Gensini
Fotografia: Giuseppe Maio
Montaggio: Marco Spoletini
Musiche: Francesco Zampaglione, Andrea Moscianese, The Alvarius
Uscita italiana: 20 giugno 2013
Attori: Claudia Gerini, Michela Cescon, Nuot Arquint, Michele Placido, Ennio Tozzi, Ivan Franek