Il cinema di Abbas Kiarostami sta vivendo una sorta di seconda giovinezza, inseguendo una poetica e uno stile in una maniera leggiadra ma profondissima, abbandonando qualsiasi schematismo stilistico (di regia, di scrittura) per colpire in profondità, lasciando lo spettatore confuso e stordito. Confuso, perché è un cinema che sembra girovagare a vuoto, disseminando falsi indizi senza arrivare mai da nessuna parte; stordito, perché trafigge l’anima e gli occhi con una delicatezza dalla quale mai ci aspetteremmo uno schiaffo così forte.
La macchina da presa di Kiarostami è un agente mutaforme, un occhio cangiante che cattura gli spazi e gli ambienti giapponesi come avrebbero fatto un Ozu o un Mizoguchi: bisbigliando così un ideale, un pensiero, una filosofia di cinema che si fa immediatamente universale. Dall’Iran al Giappone, passando per l’Italia (Copia conforme), il suo sguardo è etereo, invisibile; se l’immenso e sottovalutato My blueberry nights di Wong Kar-wai esportava lo stile del suo autore entro gli spazi americani, per ribadire che concetti come l’amore, la sofferenza e la necessità di un contatto sono comuni a tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla provenienza geografica, Kiarostami al contrario permette al suo sguardo di adattarsi ai ritmi, alle pause e alle dilatazioni di una cultura così lontana e così vicina.
A volerlo raccontare, le parole stesse sembrano addirittura inadeguate, pesanti, inutili: si potrebbe provare a dire che il film mette in scena una giornata nella vita di Akiko, giovane studentessa giapponese che si prostituisce per guadagnare qualche soldo; una sera viene condotta a casa di un anziano professore, il quale però non abusa di lei ma anzi la accudisce, e il giorno dopo la accompagna a sostenere un esame all’università. Ma ci si rende subito conto che non è questo il punto; al contrario, così sembrerebbe quasi un altro film.
Qualcuno da amare è solamente un sussurro della vita dei suoi protagonisti, un respiro catturato fugacemente tra un prima e un dopo: quello che interessa maggiormente a Kiarostami è lavorare sul fuoricampo, su tutto quello che l’inquadratura non riesce a contenere. La vita, insomma, quella che c’era già da molto tempo prima dei titoli di testa, e la stessa che continuerà ben oltre quelli di coda. Perché Qualcuno da amare potrebbe durare un’ora, due, dieci o addirittura cento; anzi, potrebbe proseguire all’infinito, e non farebbe differenza alcuna. Sin dalla primissima sequenza nel bar, un campo/controcampo nel quale le voci si perdono, si smarriscono e ribadiscono la propria fallacia, il manifesto teorico di Kiarostami è cristallino: tutto il film è un continuo rincorrersi di dialoghi e monologhi, di sguardi e direzioni, attraverso case e automobili, luoghi e non luoghi.
Un film che si rigenera continuamente lungo traiettorie imprevedibili, lasciando che ci sia sempre una storia, una confessione o un pensiero altro a fare capolino oltre l’inquadratura, rispetto a ciò che viene mostrato in primo piano: come nella sequenza del viaggio in taxi, durante il quale la protagonista ascolta nella segreteria telefonica i continui messaggi della nonna, giunta a Tokyo per rivederla fugacemente; è un momento di un lirismo struggente, dove la commozione si fa largo sottovoce e il movimento fisico (la macchina, le strade, la città) si espande a dismisura attraverso tutto quello che non si vede nello spazio ristretto di un’automobile (o di un’inquadratura, appunto).
Come chi è innamorato, il film guarda costantemente al di là dei confini posti dal visibile, per evitare che il significato di tutto si riduca alle sole parole: è una lettera d’amore composta da sensazioni impalpabili e inenarrabili, e forse il modo migliore per rendergli giustizia non è affatto quello di sviscerarlo, raccontarlo, spiegarlo. Qualcuno da amare è qualcosa che va vissuto, sperimentato; respirato, assaggiato, e poi, finalmente, condiviso: provate a farlo anche voi, ne vale la pena.
Giacomo Calzoni
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda tecnica
Titolo originale: Like someone in love
Regia: Abbas Kiarostami
Sceneggiatura: Abbas Kiarostami
Fotografia: Katsumi Yanagijima
Durata: 109’
Anno: 2012
Uscita in Italia: 24 aprile 2013
Attori principali: Rin Takanashi, Tadashi Okuno, Ryo Kase