Jim Jarmusch, cantore della cultura underground newyorkese, è stato colui che più di tutti ha riletto in chiave critica la mitologia on the road e il rapporto fra uomo e paesaggio americano. Con Paterson dà vita ad un altro di quei suoi sradicati personaggi che osservano una realtà di cui cercano di tracciare il senso con uno sguardo disincantato e a volte stralunato - che non ha fretta - e che si posa sul mondo con l’ostinata insistenza capace di restituire alle cose la densità perduta.
Paterson vive a Paterson, una piccola città del New Jersey che ha un passato del tutto singolare; lo stesso Jarmusch ha dichiarato di aver scelto questa località in particolare proprio per la sua storia e perché sembra un luogo rimasto in sospeso nel tempo tra passato e disperazione. E’ stato il primo centro industriale degli Stati Uniti con fabbriche tessili, ha visto le prime proteste dei lavoratori ed è stata anche la città di grandi poeti come Williams Carlos Williams e Allen Ginsberg.
“Quando sei un bambino impari che ci sono tre dimensioni, altezza, larghezza e profondità, come una scatola da scarpe. Più tardi capisci che c’è una quarta dimensione: il tempo… “
Jarmusch definisce Paterson “un film d’osservazione”, un’opera che raccoglie le piccole variazioni del quotidiano, celebrando e esaltando i dettagli della vita. Non sono presenti conflitti o situazioni precarie, ma si parla semplicemente della vita semplice di un uomo e di una donna – incarnati in maniera sublime da due attori in stato di grazia, Adam Driver e Golshifteh Farahani - che si amano e si sono scelti e accettati per quello che sono. Si completano l’un l’altra, e la loro sopravvivenza deriva dall’autenticità e dalla purezza del loro amore, come nei bellissimi amanti vampiri, Adam e Eve, di Only Lovers Left Alive.
Sì perché qui, come nel suo film precedente, il regista si sofferma sull’intimità di coppia, sulla condivisione e sulla riflessione disincantata del mondo contemporaneo, e questa volta sceglie di farlo attraverso lo sguardo malinconico di un poeta. La sua vita è scandita da una classica routine giornaliera, i giorni si ripetono e sono del tutto identici: la sveglia alle 6:15, uno sguardo dolce e un bacio alla sua compagna, la colazione e via a lavoro diretto verso il suo autobus, l’uscita serale con il suo cane furbo e pasticcione, Marvin, e la rituale sosta al bar.
Ma Paterson è proprio questo, la beatificazione e la contemplazione del quotidiano, perché parafrasando Eve di Only lovers left alive “la vita è sopravvivenza delle cose e apprezzamento della natura...” e il protagonista si ferma e si sofferma su tutto cercando la rima interna tra le cose per farne uscire un segno, poiché “ogni cosa fecondata viene fecondata di ogni senso”. Non è il solo: anche il ragazzo che rappa dentro una lavanderia automatica cerca un modo per rivelare il suo sguardo sul mondo e lo stesso vale per la poetessa bambina e il turista poeta giapponese. E non è da meno la sua vibrante e magnetica compagna, Laura, che ha bisogno anch’essa di vedere il mondo attraverso una sua espressione artistica; anche lei cerca a suo modo la poesia nel mondo, ma soprattutto un modo per esprimerla e lo fa in svariati modi, con i suoi fantasiosi Cupcake, i cerchi bianco e neri disseminati ovunque per la casa in tende, vestiti, muri e tappeti, ed è anche bianca e nera la chitarra che acquista per realizzare il suo sogno di diventare una folk singer. In questo risalta il tipico stile minimalista del regista, sottolineato dall’utilizzo del bianco e nero, stesso “colore” del film che la coppia decide di vedere al cinema - chiaro omaggio del regista alla settima arte - Island of Lost Souls, un classico horror della Paramount di Erle C. Kenton con Charles Laughton del 1932.
Paterson, uomo antimoderno, non possiede cellulare e non scrive le sue poesie su computer, ma solo sul suo taccuino. Egli vive nel suo universo fatto di irregolarità e di silenzi, in una sorta di trance meditativo che gli permette di cogliere le piccole casualità della vita, fatte di sensazioni anche visive o di corrispondenze strane, di piccoli e grandi oggetti del quotidiano che si intrecciano in fitte trame di percezione e di immagini che si riflettono sul parabrezza e sul suo volto; le uniche interruzioni arrivano dai brevi, ma coinvolgenti frammenti di dialoghi ascoltati sull’autobus, come i due studenti che inseriscono anche un pizzico di anarchia raccontando le gesta di Gaetano Bresci che prima di passare alla storia per aver ucciso Umberto I di Savoia, è stato a Paterson, oppure i bambini che ricordano il pugile “Hurricane” Carter , o gli sfoghi serali di uno dei clienti abituali del bar che soffre le pene per un amore non corrisposto. Mentre Paterson rimane sempre fisso e immobile, lascia che il mondo si manifesti davanti a sé e lo attraversi per assorbirlo e poi cercare una chiave di lettura attraverso le proprie riflessioni ed emozioni tradotte in versi nelle sue poesie, che si fondono con la passione per Williams Carlos Williams, Allen Ginsberg e O’Hara, con la speranza di trovare una luce sempre nuova che illumini la sua vita e che dia pace ai propri sogni, esorcizzando le sue paure più intime e nascoste.
“Passo attraverso trilioni di molecole che si fanno da parte per lasciar passare me, mentre su entrambi i lati altri trilioni restano dove sono. ”
A questa contemplazione e ricerca del bello si contrappone anche una sorta di senso di angoscia e di rassegnazione nei confronti della vita, perché Paterson gira in cerchio, proprio come sottolineano i cerchi che disegna in manieri ossessiva Laura. La sua vita ha un percorso circolare, senza cambiamenti o evoluzioni apparenti e, di fronte all’infinito ripetersi dei cicli, la volontà di potenza si scopre limitata e alla fine spegne l’azione umana, svelando la solitudine personale non solo di Paterson, ma anche di una città - non a caso il suo nome è lo stesso del luogo in cui vive - attraverso l’isolamento di un singolo individuo sperduto, che non sembra avere nessuna possibilità di interazione con il mondo esterno.
L’attesa/desiderio di una catastrofe rappresenta la sensazione di inquietudine che si vive ogni giorno a Paterson, accentuata dalla colonna sonora degli Sqürl. Ma non è la catastrofe la svolta, mentre diventa decisiva e fondamentale la figura del cane che, come in Ghost Dog: The Way of the Samurai, interviene e assume un ruolo determinante e si trasforma nell’artefice del cambiamento, cercando di spezzare quella routine in cui è imprigionato Paterson. Lo fa obbligando il suo padrone a cambiare direzione durante le passeggiate, attirando l’attenzione stortando la buca delle lettere, fino a fare a pezzi letteralmente il suo taccuino delle poesie; ecco allora che Marvin diventa l’elemento rivoluzionario, perché “la vita è sovvertitrice della vita stessa, quale era un attimo prima: sempre nuova e priva di regole. E nel verso perché esso viva, qualcosa deve essere infuso che abbia il colore stesso dell’instabile, qualcosa nella natura di un’impalpabile rivoluzione”.
Marvin diventa l’agitatore e il rinnovatore necessario per dare nuova linfa vitale a Paterson, che nel finale, perso e rassegnato - per via del suo taccuino distrutto - si dirige verso la cascata che tanto ama per rivolgere lo sguardo su di lei - sempre con meravigliosa costanza - per contemplarla e ascoltare il suo suono incoerente e incessante ricercandovi quella luce che accende di bellezza la sua solitudine, con lo scopo di ritrovare il senso dei suoi versi perduti e ridare unità alle cose. "Sono solo parole scritte sull’acqua", dice, ma il senso di ogni cosa non perde di significato: puoi disseminarlo, polverizzarlo, ma non si distruggerà mai, intero o per frammenti riapparirà anche sottoforma di una pagina vuota che, a volte, presenta molte possibilità.
"Shadows cast by the street light
under the stars,
the head is tilted back,
the long shadow of the legs
presumes a world taken for granted
on which the cricket trills"
Il cineasta punk ci regala un altro viaggio on the road, un capolavoro, un miracolo, un’opera poetica e esistenziale di rara e autentica bellezza. In Paterson il mondo diventa un luogo vivibile in cui i semplici gesti del quotidiano acquistano un valore unico e eccezionale, dove emerge con naturale bellezza il dono della vita. Pregno di tutto il suo milieu creativo qui, come in tutte le sue opere, si riflette il suo sguardo un po’ sbilenco sul mondo, da sempre attento ai contorni e alle sfumature della quotidianità in cui si viene magicamente travolti dalla consueta e immancabile malinconica ironia di uno dei pochi grandi autori americani realmente indipendenti e davvero controcorrente.
Erica Francesca Bruni
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda tecnica
Titolo: Paterson
Regia: Jim Jarmusch
Sceneggiatura: Jim Jarmusch
Attori: Adam Driver, Golshifteh Farahani
Anno: 2016
Durata: 117 min
Fotografia: Frederick Elmes
Musica: Sqürl
Uscita italiana: 29 dicembre 2016