Per il suo ultimo lavoro, Ozon ha deciso di estremizzare queste caratteristiche, ispirandosi liberamente alla pièce teatrale Il ragazzo dell'ultima fila, del drammaturgo spagnolo Juan Mayorga, per costruire uno spietato affresco entro cui muoversi tra coordinate complesse e stratificate, scavando nell'interiorità passata e presente dei suoi personaggi per cogliere il senso del racconto di una vita e tante vite.
Germain è un professore di francese, in carica presso il liceo Flaubert. Scrittore fallito, idealista stanco, è ancora convinto della bontà della letteratura come cartina di tornasole dell'esistenza, ma deve ogni giorno scontrarsi con una realtà materialista e ormai quasi priva di valori. Sua moglie, Jeanne, gestisce con poco successo una galleria d'arte contemporanea. All'inizio del nuovo anno scolastico, Germain comincia a covare una forte curiosità nei confronti dell'alunno Claude, il quale di nascosto gli fa pervenire fogli in cui, a puntate, racconta la forte e crescente amicizia con il compagno di corso Rapha, e con la sua famiglia medio borghese. Germain apprezza le qualità di scrittura del ragazzo, e lo esorta a continuare la stesura di questo strano romanzo: in realtà, la sua curiosità si rivolge proprio agli eventi narrati. Attraverso gli occhi di Claude, il professore entra a sua volta nella casa dei genitori di Rapha, spinto da un prurito voyeuristico di cui ormai non può più fare a meno. Il confine tra realtà e fantasia diviene sempre più labile, e l'immaginazione dell'alunno conduce il racconto verso conseguenze sempre meno pronosticabili.
Flaubert, La Fontaine, Dostoevskij, Kafka: Dans la maison è un film imbevuto di letteratura, durante il quale la finzione dell'atto scenico va a cozzare con le necessità del puro realismo, in una commistione narrativa tanto spiazzante quanto stimolante. Il gioco cinefilo di Ozon inizia come una commedia ricoperta da un fitto strato di satira sociale, per poi, all'improvviso, cambiare rotta e virare verso i contorni del noir a tinte oscure, pur senza mai abbandonare l'ironia di fondo. L'autore transalpino ci conduce all'interno di una spirale eccitante e distruttiva, nella quale noi stessi assumiamo di volta in volta il punto di vista di Claude o Germain, guidando nella nebbia per setacciare gli spiragli di luce racchiusi in questo racconto che centrifuga senza ritegno falsità e verità. Immobilizzati davanti alla totemica finestra sul cortile, osserviamo silenziosi l'evolversi del romanzo a puntate che il ragazzo consegna al suo mentore, mal celando un moto di stizza ogni volta che la storia si interrompe con quel tagliente À suivre (continua...), cesura tanto antipatica quanto indispensabile per attirarci in una ragnatela fitta, pericolosa, e per questo ancora più conturbante.
Minuto dopo minuto Ozon abbatte la quarta parete che separa palco e platea; Germain (e noi con lui) entra nel corpo di Claude e come un'ombra si intrufola nella casa dei Rapha (padre e figlio) e dell'affascinante Esther, alla ricerca di sensazioni, odori, suggestioni. I suoi trascorsi da scrittore mancato si gettano nell'inchiostro della penna del giovane protetto, e i consigli che ogni giorno elargisce al ragazzo per migliorare la qualità del racconto altro non sono se non la proiezione di un disperato bisogno di emozione, con il quale combattere la disillusione di una vita raggomitolata in un lavoro ormai meccanico e in un matrimonio che ha visto spegnersi la passione. Non gli resta altro che affidarsi all'evasione, all'avventura, in un afflato di anarchia comportamentale che slabbra i confini del lecito per farsi discesa verso il nero della ragione.
Ozon torna all'inizio della sua carriera (Sitcom), recupera dolenti sospiri di omosessualità (Gocce d'acqua su pietre roventi), tiene a mente il respiro di un umorismo caustico (8 donne e un mistero), cita Pasolini, sfiora Fassbinder e Bunuel, e si inchina di fronte alla lezione del maestro Chabrol, per dare vita alla sua opera forse più composita. Insieme a lui, e all'efficace protagonista Ernst Umhauer, un formidabile quartetto d'attori: Fabrice Luchini, colonna portante del cinema francese contemporaneo; Kristin Scott Thomas, emigrata ormai quasi in pianta stabile per lavorare Oltralpe; Emmanuelle Seigner, la cui incandescente bellezza non pare sfiorire nonostante gli anni che passano; Yolande Moreau, presenza fugace ma tempestosa. Con loro, e grazie a loro, Dans la maison (vincitore a San Sebastian e nominato per sei premi César, tra cui miglior film) nasce, cresce e prende il volo, mentre noi, abbandonata la finestra e raggiunta una panchina in un parco assolato, continuiamo a guardare, attenti, cercando di entrare in quella casa, non vuota come nello strepitoso Ferro 3 di Kim ki-duk, ma brulicante di sogni, delusioni e intrecci da scoprire.
A conti fatti, abbiamo a che fare con un film forse compiaciuto, forse privo dell'indispensabile carica istintuale, ma anche abile, intrigante, e metacinematografico nell'accezione migliore del termine; un meccanismo a orologeria che trova una giusta conclusione nell'ultima, magnifica inquadratura, emblema dell'intoccabile dogma secondo cui, nei libri come nel cinema come nella vita, ci saranno sempre, per fortuna, mille altre storie da raccontare. À suivre...
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda tecnica
Titolo originale: Dans la maison
Anno: 2012
Regia: François Ozon
Sceneggiatura: François Ozon (da una pièce di Juan Mayorga)
Fotografia: Jerome Almeras
Musiche: Philippe Rombi
Durata: 105'
Uscita in Italia: 18 aprile 2013
Attori principali: Fabrice Luchini, Kristin Scott Thomas, Ernst Umhauer, Emmanuelle Seigner