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IL GIOVANE FAVOLOSO - L'in(de)finito

20/10/2014

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Diretto da Mario Martone (classe ’59), Il giovane favoloso arriva in sala dopo l’anteprima alla 71ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia: una produzione Palomar con Rai Cinema, riconosciuta meritevole di interesse culturale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC).
Ammaliato dal fascino Ottocentesco, Martone ha avuto modo di delinearne le sfumature già nei suoi lavori precedenti: all’Opera con Leoncavallo e Mascagni, al cinema con Noi credevamo e La meditazione di Hayez, in teatro con le Operette morali da due anni in tournée. Oggi, con Il giovane favoloso, torna a mettere mano alla biografia leopardiana creando un biopic certamente non tradizionale: mostra infatti i cambiamenti nella vita del poeta simultaneamente alla crescita del suo pensiero e delle sue opere.
Nonostante la ricostruzione filologica (tratta principalmente dall’epistolario) e una ricostruzione geografica estremamente fedele (Recanati, Macerata, Osimo, Loreto, Firenze, Napoli e ancora Recanati), il Leopardi di Martone assume i tratti di un personaggio inedito, bipolare, continuamente in contraddizione: in lui forza fisica e caratteriale non riescono a coesistere. Da giovane, quando potrebbe in realtà godere del supporto delle sue forze fisiche sebbene già precarie, lo vediamo costretto su una sedia, a subire, non riuscendo a esternare il suo disagio. Crescendo vediamo che con la sua persona maturano anche le sue malattie: si ritrova così senza il sussidio del suo corpo ma sprezzante del giudizio altrui, sfacciato e sincero, forse rassegnato.
Vittima del taedium vitae che lo soffoca e lo rende eternamente insoddisfatto, cresce in un ambiente familiare povero di affetti e in un contesto sociale che si caratterizzava per la sua arretratezza e pigrizia culturale, godendo solo della compagnia dei fratelli. Sogna una vita non solo oltre le mura di casa, ma ben lontano dai confini di Recanati. Lasciando la famiglia però cerca di restaurare quel rapporto ormai perso con i fratelli, sostituendoli con i suoi amici.
Leopardi è sempre in cerca di un qualcosa che lo aiuti a sopperire a quell’eterna infelicità, alla «infinita vanità del tutto» che lo porta a chiudersi in se stesso. Una personalità indefinita, in bilico tra estro e sofferenza, incarnata da un Elio Germano capace di rendere esattamente questo conflitto interiore: sempre più ingobbito, tremolante, in alcuni momenti perfino agonizzante.
Una continua contraddizione rimarcata dalla regia, sicuramente moderna e dinamica, in antitesi con il tempo narrato (l’Ottocento), ma anche dalla coinvolgente colonna sonora costituita da musiche di Sascha Ring (1978) e di Gioacchino Rossini (coevo dello scrittore). I suoni interagiscono con il paesaggio e aiutano lo spettatore a comprendere il vero significato dei pensieri del poeta, il quale mostra attraverso i suoi occhi quell’«amaro e noia» che vive, perché «la felicità o infelicità non si misura dall'esterno ma dall'interno».
Un film ideale per gli amanti della letteratura, che possono fruire di poesie recitate e vissute, per chi nel cinema ricerca la tecnica, ma anche per gli amanti della pittura Romantica a olio, che si può riconoscere in molti fotogrammi. 

Beatrice Paris

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica  

Regia: Mario Martone
Sceneggiatura: Mario Martone
Anno: 2014
Attori: Elio Germano, Isabella Ragonese, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Edoardo Natoli, Anna Mouglalis
Fotografia: Renato Berta
Musiche: Sascha Ring, Gioacchino Rossini
Durata: 137'
Uscita italiana: 16 ottobre 2014

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