Si incontrano per la prima volta in un claustrofobico bagno di un ristorante cinese newyorkese, e rimasti accidentalmente chiusi dentro, iniziano a raccontarsi e a conoscersi in attesa di essere liberati. In breve tempo Jude e Mina si sposano (lei lavora per l'ambasciata, e così non tornerà in Italia) suggellando un amore che sin da subito percepiamo profondo: un magnetismo che unisce insieme due persone segnate da un malessere che si manifesta nei loro sguardi. Ma ben presto questo sentimento si riverserà nei confronti del piccolo appena nato, sotto forma di un estremo e soffocante senso di protezione rispetto ai mali del mondo esterno.
Mina è convinta di aver dato alla luce un bambino indaco destinato a essere speciale; così gli riserva un regime alimentare deleterio per la sua salute, mettendolo in grave pericolo. Jude inizialmente la asseconda, ma in poco tempo la situazione precipita in una spirale discendente in cui si susseguono tanti piccoli drammi, rendendo l'uomo incapace di conciliare l'amore per la moglie con l'ansia e la paura per la salute del figlio. Jude si rifugia di nascosto in una chiesa di quartiere per sfamare il bimbo, consulta un medico, chiede aiuto alla madre, ma ogni tentativo risulta poco convincente e inefficace a causa dell'amore viscerale per Mina, che radicalizza sempre più le sue convinzioni.
Girato quasi tutto nell'appartamento della giovane coppia, il film di Saverio Costanzo costruisce il mondo dei personaggi come fosse una gabbia, tracciando traiettorie nello spazio e inquadrandoli quasi sempre dall'alto, ma alternando le angolazioni e i punti di vista, senza rinunciare ad avvicinarsi ai volti dei protagonisti nel tentativo di raffigurarne e carpirne l'identità.
L'uso di obiettivi che deformano l'immagine, con effetto fish-eye, permette a Costanzo di accentuare all'estremo la magrezza di Alba Rohrwacher, che a tratti appare una strega cattiva e minacciosa nei momenti in cui il film (che in generale scorre senza essere mai pesante) assume dei toni da thriller/horror.
Il microcosmo che i due costruiscono intorno a sé è un ambiente totalmente isolato dal contesto cittadino circostante. Un piccolo terrazzino permette di esplorare uno squarcio di New York, di cui vediamo i grandi palazzi e sentiamo le voci dalle strade; una città inquinata e marcia, lontana da quel sogno di purezza ossessivamente ricercato da Mina, che trasforma il terrazzo in una piccola serra (luogo incontaminato, confinato nell'oscurità della metropoli).
Vittime o carnefici? Forse entrambi, perché Hungry Hearts parla di una storia il cui destino è segnato sin dalla sua nascita. Jude e Mina si trascinano dietro un inquietudine incisa nei loro corpi, vivono in una società che per ordine naturale li ha emarginati, li ha vomitati e relegati ai confini, indifesi e sprovveduti verso un mondo che respingono, ma al tempo stesso desiderosi di farne parte. Ma sono anche colpevoli, perché rimasti imbrigliati nel loro amore malsano, incapaci di infrangere quel muro e andare oltre, troppo simili e inesorabilmente marchiati dal loro vissuto.
Costanzo non prende posizione, non giudica, e nonostante tutto crea empatia con i personaggi, lasciando un margine di speranza ai suoi numeri primi con un'opera che si rivolge al pubblico, chiedendogli di trovare una risposta. Un viaggio che termina sulle note di Tu si' 'na cosa grande di Domenico Modugno, con il quale il film sembra chiedersi: «si pure tu te siente murì' nun m'o' dici e nun m'o' fai capì', ma pecche'?».
Vincenzo Verderame
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda tecnica
Titolo originale: Hungry Hearts
Anno: 2014
Durata: 109'
Regia: Saverio Costanzo
Sceneggiatura: Saverio Costanzo
Fotografia: Fabio Cianchetti
Musiche: Nicola Piovani
Attori principali: Adam Driver, Alba Rohrwacher, Roberta Maxwell, Jake Weber
Uscita italiana: 15 gennaio 2015