Sulla storia del quadrilatero amoroso che lega Bathsheba (Carey Mulligan) a Gabriel Oak (Matthias Schoenaerts), Frank Troy (Tom Sturridge) e William Boldwood (Michael Sheen), Vinterberg tesse un ritratto molto personale e intimista, andando a cercare non tanto il taglio sociale, quanto una prospettiva squisitamente femminile. La mano dello sceneggiatore, lo scrittore David Nicholls (Un giorno) si sente proprio per la scelta di favorire la componente romantica rispetto a quella critica. Non si tratta di un film femminista, ma di un adattamento che esalta il carattere volitivo e determinato di una donna sola nell’Inghilterra vittoriana, in un contesto ambientale e sociale particolarmente difficile come quello rurale.
Bathsheba è bella, consapevole di sé e desiderosa di trovare la propria strada. Incontra immediatamente il pastore Gabriel Oak, che la chiede in moglie. Lei rifiuta, e questo è l’inizio di una odissea tragico-romantica che porterà Bathsheba prima a legarsi ostinatamente al crudele Frank Troy, poi al posato William Boldwood. Chiaramente ogni scelta, come ogni non-scelta, sarà foriera di conseguenze inaspettate e drammatiche.
Se nel film di Schlesinger l’attenzione del regista era rivolta all’ambientazione, ai paesaggi, alla descrizione sociale e culturale dell’epoca per definire il carattere volubile di Bathsheba (la quale peraltro è destinata a pagare per ogni leggerezza, sconfitta, errore commessi), in questa rinnovata versione Vinterberg non compie alcuna critica nei confronti della protagonista. Al contrario, la protegge con uno sguardo attento e benevolo. Carey Mulligan non è Julie Christie, ma è l’attrice perfetta per un ruolo sfuggente e dalle sfumature così sottili, una figura esile ma caparbia, romantica senza risultare svenevole, seria e determinata a compiere ogni scelta seguendo il cuore, anche a costo di compromette il proprio futuro. Bathsheba non è allora vista come una ragazza frivola che si illude solamente di trovare l’amore, ma come una giovane provata dalla vita, dagli eventi e da scelte avventate; una persona mai doma, che sfida una società rurale e maschilista armata solo del proprio orgoglio.
I tre co-protagonisti ruotano attorno alla Mulligan come in una danza in cui ciascuno tenta, a proprio modo, di vincere l’amore della bella che pare inconquistabile. Certo, la critica sociale – che nelle opere di Hardy è sempre piuttosto forte - è flebile, ma Vinterberg vira decisamente sul melodramma, catturando, più che il quadro d’assieme, un ritratto intenso e vibrante di donna alle prese con le catene d’amore.
È una storia di destini mancati, di vite che si sfiorano poeticamente senza mai toccarsi. È una storia di uomini che amano, talvolta poco, o anche male, e senza mai saper comunicare il sentimento. È come se Bathsheba fosse prigioniera dei propri desideri infantili, romantici, per cadere poi nell’eccesso opposto (la razionalizzazione dei sentimenti).
La trasposizione di Thomas Vinterberg, più che sull’aspetto sociale, si concentra sui personaggi, su come una volitiva donna riesce a cavarsela con fierezza, e con un indomabile spirito di indipendenza, in una terra e in un ambiente prettamente maschile. Proprio sull’idea di indipendenza batte il film, recuperando un tema ricorrente anche in altre famose opere di Thomas Hardy (per esempio Tess dei d’Ubervilles). Indipendenza di scegliere, ma anche di amare. E di soffrire. Bathsheba è uno spirito libero la cui natura femminile si riflette e si specchia nel maschile, ambiguamente rappresentato dai tre tipi psicologici di Oak, Boldwood e Troy, come rileva anche Alison Sayers in una rilettura junghiana del film pubblicata su «Indiewire».
Dal punto di vista cinematografico, Far From the Madding Crowd sembra seguire il filone della rivisitazione dei classici secondo un taglio contemporaneo che affianca alla ricercatezza stilistica la modernità dell’interpretazione. E se il finale indulgente ci fa pensare di trovarci dalle parti di Joe Wright e dei suoi attori dai volti attualissimi in salsa tardo-romantica, la composizione di insieme è di respiro senza dubbio più ampio.
Splendida la fotografia, così come l’allestimento scenografico e i costumi, mentre una menzione va alle musiche di Craig Armstrong: una melodia struggente che accompagna lo spettatore nelle derive sentimentali di Bathsheba, nella sua lotta per il potere di definirsi padrona della propria vita, nella definitiva resa di fronte all’evidenza che si può essere liberi e al tempo stesso appartenere a chi si ama.
Francesca Borrione
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda tecnica
Regia: Thomas Vinterberg
Interpreti: Carey Mulligan, Michael Sheen, Matthias Schoenaerts, Tom Sturridge, Juno Temple
Sceneggiatura: David Nicholls
Musiche: Craig Armstrong
Anno: 2015
Durata: 119'
Uscita italiana: 17 settembre 2015