Quattro sacerdoti condividono la stessa casa, situata ai margini di una piccola città sul mare. Sono stati relegati in questo esilio, tranquillo, confortevole, quasi dorato, dove vengono accuditi e sorvegliati da una custode un tempo suora, a causa dei crimini commessi in passato. A interrompere l’apparente normalità, spezzando per sempre la routine quotidiana, è l’arrivo di un quinto reverendo cui fa seguito la comparsa in città di un uomo segnato nel profondo dagli abusi subiti in tenera età da uno di loro. È tempo di fare i conti col proprio passato, con ciò che è stato frettolosamente (e comodamente) rimosso.
Nell’approcciarsi a una questione così delicata, spinosa e controversa il cineasta cileno ricorre a uno stile essenziale, mostrandoci solo lo strettamente necessario. Piuttosto che far vedere l’orrore, l’ “indicibile”, sceglie di farcelo sentire attraverso i monologhi perturbanti, spaventosi e deliranti di Sandokan, una delle fragilissime vittime abusate in tenera età da Padre Lazcano, prete allontanato dal sacerdozio in seguito ai crimini commessi e confinato nella casa a due passi dal mare assieme ai fratelli che condividono con lui gli stessi peccati.
Con El Club, premiato con l’Orso d’argento a Berlino e candidato dal Cile alla corsa agli Oscar per il miglior film straniero, Larrain conferma, se ve ne fosse ancora bisogno, di essere uno degli autori più interessanti, coerenti ed importanti dell’attuale scena internazionale. Dotato di un talento fuori dal comune, ha dimostrato da subito di infondere alle sue opere un’estetica originale e assai peculiare. Se in No – I giorni dell’arcobaleno aveva scelto di utilizzare macchine da presa a bassa definizione e un formato ridotto per inserire in modo naturale e non artificioso i materiali d’archivio, compresi gli autentici spot andati in onda per la campagna referendaria del 1988, per questo suo nuovo lavoro si è avvalso di lenti anamorfiche russe degli anni ’60 (usate a suo tempo anche dal maestro Andrej Tarkovskyij) per ottenere una fotografia – a cura del fidato e sodale Sergio Armstrong - inusuale e insolita, in un’epoca in cui l’alta definizione la fa da padrona.
In effetti la resa della luce è a dir poco straniante e contribuisce in modo sostanziale a creare un’atmosfera crepuscolare quasi irreale. Magistrale l’uso degli spazi interni, dove si svolgono i rituali (le preghiere, i canti, i pasti) della piccola comunità, ripresi da claustrofobiche inquadrature frontali che non lasciano scampo ai protagonisti e nemmeno agli spettatori.
Nel cast, davvero eccelso nel suo complesso, ritroviamo nuovamente Alfredo Castro, vero e proprio attore feticcio di Larrain che lo ha voluto in tutti i suoi film compreso Neruda, il biopic a cui sta lavorando attualmente, impegnato come sempre in un ruolo ambiguo e sgradevole. Con lui Antonia Zegers, che dal canto suo ha già recitato in tutti e tre i capitoli che compongono la trilogia sulla dittatura.
Durissimi gli scontri e i faccia a faccia tra i sacerdoti ospiti della casa e il padre gesuita che arriva dall’esterno per gestire la situazione venutasi a creare in seguito a un drammatico avvenimento. Quest’ultimo rappresenta il rinnovamento della Chiesa cattolica, in linea con gli insegnamenti e i discorsi di Papa Francesco, in opposizione a chi se ne è servito per accrescere il proprio potere e i propri benefici terreni. Le tragiche e crude sequenze che precedono l’epilogo lasciano presagire il peggio ma si stemperano, inaspettatamente, proprio sul finale, con i sacerdoti indotti ad un atto di redenzione forzata, come una sorta di penitenza necessaria per salvare le vite e le anime di vittime e carnefici. Un modo per inchiodarli alle loro responsabilità, per obbligarli a fare i conti con il loro oscuro e torbido passato.
Un’opera forte, disturbante, intensa e vibrante. Scomoda, per usare un eufemismo, per il mondo ecclesiastico che ha preferito quasi sempre ignorare il problema e mettere la testa sotto la sabbia a mo’ di struzzo, facendo finta di niente. Sorprende che un lavoro incentrato su una tematica di questo tipo sia stato acquistato anche da noi (Bolero Film, peraltro con uscita nelle sale annunciata e poi rimandata a febbraio 2016, in un numero limitatissimo di copie), in un paese dove le influenze e le ingerenze della Chiesa si riflettono pesantemente a livello sociale, politico e culturale.
Boris Schumacher
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda Tecnica
Titolo originale: El Club
Regia: PaBlo Larrain
Sceneggiatura: Guillermo Calderón, Pablo Larraín, Daniel Villalobos
Fotografia: Sergio Armstrong
Anno: 2015
Durata: 98’
Interpreti principali: Roberto Farías, Antonia Zegers, Alfredo Castro
Uscita italiana: 25 febbraio 2016