Mostrare ciò che si verifica con una musica molto semplice e ripetitiva, perché dipende da noi far sì che l’uguale sia contemporaneamente differente: questo è anche il compito del regista friulano Ivan Gergolet (classe 1977), il quale ha cercato di raccontare nel suo lungometraggio gli aspetti più interessanti del lavoro di Maria Fux. Il suo metodo porta dei grandi cambiamenti nella vita delle persone, certamente non grandi innovazioni che stravolgono la società, ma piccole prese di coscienza che trasformano invece gli individui. La sua danza-terapia è famosa in tutto il mondo: da lei si recano persone da ogni dove per apprendere quello che ha vissuto sul palcoscenico e che l’ha portata a essere una delle Maestre di danza più amate e conosciute. Questo percorso artistico ha avuto inizio nel 1942 con la visione di una foglia staccatasi dal ramo e finita a scontrarsi con l’albero librandosi nell’aria circostante, mossa dal solo vento e senza il bisogno di una musica per poter danzare. È così che vuole esprimersi Maria: come una foglia che non è stata sconfitta.
Gergolet parla dell’incontro con la danzatrice argentina: «È avvenuto grazie a mia moglie, che dopo aver conosciuto il suo metodo in Italia, mi aveva chiesto di accompagnarla a Buenos Aires per conoscere la Fux e partecipare a un suo seminario. Lì avevo potuto filmare, per tenerceli come ricordo, alcuni momenti delle lezioni e Maria mi aveva anche concesso un’intervista. L’esperienza mi aveva molto colpito, così ho montato il materiale e l’ho fatto vedere a Igor Princip della Transmedia (la stessa compagnia che ha prodotto Zoran, il mio nipote scemo, la commedia vincitrice della Settimana della critica 2013) che mi ha incoraggiato subito a tornare in Argentina per farne un film».
Così il regista, con la sua macchina da presa, si insinua nelle lezioni e ci immerge nelle atmosfere intime della sala-prove in cui l’ormai novantenne Maestra argentina accoglie aspiranti danzatori di qualsiasi condizione sociale (argentini e stranieri, uomini e donne con malattie fisiche e mentali), integrandoli tutti in quella dimensione sovrasensibile. Nel suo studio qualunque siano la tua storia, i tuoi sogni, le tue speranze, hai la possibilità di essere più libero, iniziando un percorso con lei. Maria non ha bisogno di sapere il nome dei propri allievi, cosa fanno nella vita o cosa non fanno: li conosce attraverso i loro movimenti, attraverso il modo che hanno di muoversi nello spazio.
Gergolet descrive l’attività e la vita di Maria Fux allontanandosi, apparentemente, dalla protagonista principale, rendendo veri protagonisti gli allievi e l’effetto che la danza insegnata dalla loro Maestra, con sofisticata ironia e leziosità, ha sulle loro vite. Per far ciò ricorre a una regia statica, ferma, quasi immobile. A muoversi non è il racconto di una vita, ma le braccia, le gambe, i corpi di Maria Fux e dei suoi apprendisti che osserva compiaciuta.
Dancing with Maria, unico film italiano in concorso alla Settimana della Critica a Venezia, la sezione indipendente riservata alle opere prime, non è un biopic, ma una riflessione su come la danza può cambiare la vita delle persone. Maria l’ha trasformata a tanti, ma deve riportare tutti gli insegnamenti al suo vecchio corpo con cui è ora in conflitto. Il rapporto con i propri limiti, che rappresenta la chiave del suo metodo, è ora anche l’occasione di trovare per se stessa la forza che ha trasmesso ai suoi allievi, una forza intima e misteriosa che mostra la bellezza insita in ogni uomo e capace di far danzare anche un corpo di 93 anni.
Beatrice Paris
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda tecnica
Regia: Ivan Gergolet
Attori: Maria Fux
Fotografia: David Rubio, Ivan Gergolet
Montaggio: Natalie Cristiani
Produzione: Transmedia
Distribuzione: EXIT media
Durata: 72'
Anno: 2014