
“Per quanto mi riguarda avrei voluto nascere sulla luna o in qualsiasi altro pianeta, altrove infatti non sarebbe andata peggio di come è andata qui” (il bufalo Sarchiapone)
Una lirica intensa ed altissima scorre lungo tutto l’iter filmico, raggiungendo vette eccelse, ma è quando la m.d.p. si sofferma sull’occhio colmo di lacrime di un bufalotto, Sarchiapone, quando ormai tutto è perduto, che il cinema si fa poesia, in un canto di denuncia sovversiva di una dolcezza infinita, che tocca le corde più intime dello spettatore.
Lo sguardo di una bestia, più umano di molti umani, è sospeso tra realtà ed immaginazione, obiettivo scrutante di una realtà in via di disfacimento e di un mondo al tracollo.
La bellezza commovente di Bella e Perduta, di Pietro Marcello, presentato nel corso dell’ultima edizione del Festival di Locarno, scoperchia le nefandezze di un territorio, il casertano, in avanzato stato di decomposizione, in cui l’incanto della natura è oltraggiato dall’uomo, dall’assenza dello Stato e dall’abbandono, lasciando spazio a realtà sociali limacciose, in cui si sprofonda lentamente.
La bellezza offesa e perduta è narrata con delicatezza da Marcello, ma sempre con una grande energia sovversiva. Il regista, non come tanatologo, bensì come un innamorato, conduce lo spettatore in una terra ricca e brulicante di meraviglia, massacrata dall’agire sconsiderato dell’uomo; il suo è un racconto visionario che parte dalla realtà sociale, portando in scena i disagi di un territorio usurpato ma anche piccoli e grandi eroi legati a contesti popolari e alle tradizioni territoriali, perché “ci sono situazioni in cui la mera esistenza diventa opporre resistenza” (Ernst Junger).
Il film, come dichiarato dal regista, vedeva la sua epifania in un documentaristico viaggio in Italia che poggiava la sua architettura sui racconti di Guido Piovene, ma dopo la morte del protagonista, Tommaso Cestrone, la materia filmica si è tinta di fiaba, assumendo una forma quasi onirica. Cestrone era un sognatore e il suo sogno era restituire visibilità all’invisibile, donare un corpo al desiderio di meraviglia. Se n’è andato in una notte che ha in sé il germe della magia, la notte di Natale, ma fino ad allora ha combattuto impavidamente la sua guerra; volontariamente custodiva e si occupava della manutenzione della reggia di Carditello, tanto da guadagnarsi l’appellativo di angelo di Carditello.
Nella Terra dei fuochi, in cui la malavita esercita il suo potere e la sua presenza è tangibile ovunque, Cestrone coltivava il suo sogno con passione e abnegazione, con la forza del desiderio che rende possibili le cose. Il suo amore, incondizionato e pieno di rispetto, nei confronti del “bello” e della natura, tinto di un candore unico e coraggioso, restava refrattario alle continue minacce della criminalità organizzata.
Nel film di Marcello la natura violentata dispone di “un ministero nascosto per proteggerla dagli esseri umani”, ed è da questo ministero che viene inviato il Pulcinella che si prenderà cura di Sarchiapone, un bufalo maschio, improduttivo e abbandonato a morte certa dai suoi allevatori, trovato per caso e curato da Cestrone fino alla sua scomparsa.
Il Pulcinella e il bufalo inizieranno un viaggio che li condurrà nella Tuscia, dove Sarchiapone sarà affidato al pastore Gesuino, figura eremitica ed allo stesso tempo crudele, che conserva le memorie delle poesie di un tempo, citando Settembre di Gabriele D’annunzio, elogio della transumanza e delle antiche tradizioni, metafora del viaggio e della mutevolezza di un paesaggio sospeso tra cielo e terra.
Se da una parte la figura del Pulcinella si ricollega alle tradizioni territoriali, dall’altra la maschera, come nel teatro greco, nasconde l’identità del compagno di viaggio di Sarchiapone, ed elevandolo dalla condizione umana, lo rende capace di comunicare direttamente con l’animale, stabilendo un rapporto alla pari, in un continuo scambio di emozioni e riflessioni sull’umanità e la natura.
Il loro viaggio attraversa gli incanti del territorio, tra paesaggi che a tratti sembrano appartenere al mondo delle favole, in cui è possibile passare dalla terra dei morti a quella dei vivi, ma è allo stesso tempo un percorso spirituale e interiore al cui termine, dopo avere scoperto e rivelato se stessi, è perfino possibile decidere di rinunciare ai sogni per l’amore.
“Era impossibile per me seguirlo nella realtà”, riflette il bufalo, quando il suo amico, tolta la maschera, perde la magia del sogno, tornando ad essere umano, troppo umano per riuscire ad ascoltare ancora le parole dell’animale. Parafrasando Friedrich Hölderlin, “L'uomo è un Dio quando sogna, un mendicante quando riflette”, e senza maschera Pulcinella perde la sua natura divina, mitologica e panica.
Il regista costruisce un film di una bellezza straripante, un’opera densa, politica e poetica, così come lo erano stati i suoi lavori precedenti, Il passaggio della linea (2007) e La bocca del lupo (2009). Proprio come in questa sua ultima opera, anche in Bella e Perduta Marcello porta in scena persone socialmente ai margini, sempre con estrema delicatezza, ma questa volta tra i protagonisti del tessuto narrativo c’è proprio la bellezza di un territorio vessato dalla negligenza e dalla noncuranza degli uomini.
Plasmando una materia unica nel suo genere, in cui gli scenari visivi sono caratterizzati da una fotografia che, come un’elegia pittorica, sembra attingere alla poetica della luce tarkovskijana o alla tavolozza dei colori di Sokurov, il regista confeziona un gioiello di rara bellezza e intensità, affidandosi a un montaggio non lineare, impreziosendo una favola onirica che poggia le sue solide basi sul reale, perché “i sogni e le favole anche se irreali devono raccontare la verità”.
Mariangela Sansone
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda tecnica
Titolo originale: Bella e Perduta
Anno: 2015
Regia: Pietro Marcello
Sceneggiatura: Maurizio Braucci, Pietro Marcello
Fotografia: Pietro Marcello, Salvatore Landi
Musiche: Marco Messina, Sasha Ricci
Durata: 87’
Uscita italiana: 19 novembre 2015
Attori principali: Tommaso Cestrone, Sergio VItolo, Gesuino Pittalis, Elio Germano