In Bekas ci viene raccontata la storia di due fratelli orfani, Zana e Dana, i quali sopravvivono con grandi difficoltà lavorando come lustrascarpe di strada. Vivono in un villaggio in cui, come tutte quelle piccole città dell’Asia Minore e del Medio Oriente, dilagano personaggi curiosi e luoghi tipici: i venditori del mercato, i fedeli musulmani che fanno il bucato e sono impegnati nelle loro preghiere rituali con inginocchiamenti ripetuti verso la Mecca; le strade strette e le pareti delle case tutte in colori ocra che si fondono con i paesaggi aridi; l’officina di riparazione per articoli elettrici e meccanici, nella quale lavora un personaggio saggio e di buon carattere, che ha dedicato tutta la sua vita a questo mestiere senza dimenticare il suo ruolo di nonno, sempre pronto a insegnare ai nipoti vecchie lezioni con l’aiuto di analogie sapienti; contrabbandieri, lungo le strade polverose infestate dai posti di blocco, che non conoscono differenza tra persone o cose. In questo ambiente variegato sopravvivono con qualsiasi mezzo i due fratelli, lustrascarpe con grande senso degli affari, dell'umorismo e soprattutto con un’innocenza tale da renderli creativi e altruisti.
Quando i due bambini vedono un film che racconta le gesta di Superman nel primo cinema della loro cittadina, decidono di andare in America (la terra del supereroe che può fare tutto) per parlare con lui e chiedergli di restituire loro i genitori, vittime delle guerre di Saddam Hussein contro i curdi. Questa immagine dell’America come terra di Superman è perfettamente allineata con la visione che i curdi hanno nei confronti degli americani, in quanto grandi nemici di Hussein. Soprattutto i bambini la vedono come luogo dei possibili, dal quale cercano di attingere anche senza conoscerlo: Superman, Michael Jackson («quello che canta») e la Coca Cola (simbolo del commercio seriale, presentata con sfumature sarcastiche un po’ alla Warhol).
Così, armati di illusioni e di fantasia, i bambini intraprendono un viaggio che mantiene lo spettatore in sospeso, nonostante la semplicità e la precarietà di tutto ciò che accade. Le immagini del film aumentano questo senso di suspense e avventura: non si sa mai che cosa attenda Zana e Dana, e soprattutto se si tratta di una cammino verso il nulla. Sono in balia totale delle circostanze, ogni loro sopravvivere è un piccolo miracolo.
Questi due bambini sono espressione della tradizione orientale di parlare espressamente (gridando), cosa che i due attori fanno senza alcuna vergogna. Sappiamo cosa imperversa nei loro cuori, nelle loro menti innocenti aperte al mondo terribile degli adulti, pieno di punizioni e delusioni. Ogni incidente provoca una nuova reazione, una nuova analisi creativa e fa aprire le nostre menti a ciò che sta accadendo in molti luoghi del mondo: bambini che vivono la perdita dell'innocenza forzata, tra strade disseminate di mine reali o simboliche, senza avere qualche meta ideale o di viaggio per abbellire o animare i loro giorni difficili.
Bekas è un semplice manifesto dell’amicizia familiare, che malgrado varie vicissitudini, oscillazioni, profitti e perdite vale comunque la pena costruire e promuovere, in quanto è la base della felicità umana. Proprio questa idea di famiglia è ritratta in momenti chiave del film: quello, ad esempio, in cui il nonno manda Dana a prendere alcuni bastoni di legno al solo scopo di insegnargli per mezzo di essi che l'unità familiare è ben superiore alla forza solitaria ed egoistica.
La famiglia è raffigurata come un rifugio in cui l'uomo trova la forza di reagire e affrontare ciò che accade, ma questa bella idea tradizionale corre il rischio di perdersi nelle circostanze attuali. Se però Kader, anche in modo così semplice e tenero, osa proporre tale soggetto sul grande schermo, sta contribuendo positivamente a un mondo migliore. Anche in questo caso è proprio il cinema che smuove i protagonisti, dà loro la speranza di poter cambiare la propria condizione e di poter compiere un viaggio verso la propria felicità. Quello di Zana, fratello maggiore che immagina il suo paese e la sua gente salvata dall’eroe Superman, è lo stesso atteggiamento inesperto del regista che, avendo vissuto in prima persona la fuga della propria famiglia dal Kurdistan e il susseguente rifugio in Svezia (nel 1991, in piena guerra contro le truppe di Saddam Hussein), sognava l’intervento di Rambo.
Karzan Kader infatti racconta: «Io ero ingenuo come lui. Nel film, Zana vede Superman e crede che sia una persona reale. Anch'io vidi Rambo e credevo che lo fosse. È successo durante la guerra e la prima cosa che pensai fu: “Quest'uomo combatte da solo contro un esercito. Ne abbiamo bisogno qui, abbiamo bisogno che ci aiuti. Perché non viene Rambo a rovesciare Saddam?”. Volevo mostrargli la sofferenza del mio popolo perché venisse ad aiutarci.».
In questo suo lungometraggio d’esordio, realizzato nel 2012, giunto in pochissime sale italiane dal 19 marzo e disponibile dal 13 aprile in modalità Video On Demand, l'autore sviluppa un primo cortometraggio con cui vinse la Medaglia d'Argento ai 38mi Student Academy Awards. Un film indirettamente biografico e molto romanzato: la prima impressione è quella dell’intenzione fiabesca, la ripetizione di episodi di fortuna in cui i ragazzi sopravvivono a condizioni sempre più pericolose. Un lavoro che non ha forti propositi socio-politici o fini documentaristici; il contesto storico è quasi un appiglio per far emergere l’aspetto umano della vicenda.
Karder crea così un equilibrio tra paura/dolore e felicità/sogno difficile da gestire, ma che domina abbastanza bene per la maggior parte del tempo. Proprio questo equilibrio costituisce il senso del film: sognare in grande, come solo un bambino sa fare; accettare il dolore e gestirlo come un'occasione per reagire.
Beatrice Paris
Elenco delle sale disponibile a questo link
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda tecnica
Uscita italiana: 19 marzo 2015
Anno: 2012
Regia: Karzan Kader
Sceneggiatura: Karzan Kader
Attori: Zamand Taha, Sarwar Fazil, Diya Mariwan
Fotografia: Johan Holmqvist
Montaggio: Sebastian Ringler, Michal Leszczylowski
Musiche: Juhana Lehtiniemi