A un anno di distanza dal flop commerciale di The Walk, incentrato sull’incredibile traversata delle Torri Gemelle compiuta su un cavo d’acciaio dal funambolo francese Philippe Petit nel 1974, Robert Zemeckis torna a far parlare di sé con un nuovo lungometraggio poco compreso – o meglio frainteso – dalla stampa americana, decisamente più interessata al gossip legato all’eventuale e ipotetico flirt tra Marion Cotillard e Brad Pitt, che avrebbe poi (sempre secondo i rumors) sancito la fine del matrimonio di quest’ultimo con Angelina Jolie.
Marocco, 1942, seconda guerra mondiale. Il comandante d’aviazione franco-canadese Max Vatan arriva a Casablanca per incontrarsi con Marianne Beausejour, combattente della Resistenza Francese. I due ancora non si conoscono, sono agenti segreti sotto copertura che devono fingere di essere marito e moglie per portare a termine una missione rischiosissima. Durante l’operazione, terminata con successo, s’innamorano l’un l’altra e qualche tempo dopo si sposano a Londra. Un giorno Max viene convocato dai servizi segreti, da cui riceve delle informazioni che potrebbero far crollare la sua vita familiare.
È chiaro ed evidente fin da subito, a partire dal meraviglioso incipit in cui vediamo Brad Pitt paracadutato su un soffice e vasto deserto rosa, che Zemeckis nell’approcciarsi a una spy story ambientata durante la seconda guerra mondiale non è interessato al realismo e alla verosimiglianza storica, ma alla creazione di un mondo volutamente posticcio e artefatto. Da qui in poi tutto quanto, compresi i costumi e la resa scenografica, evidenzia e sottolinea la messa in scena da parte di Zemeckis di un universo fatto di finzione, inganni, bugie e tradimenti, che rende omaggio a classici della vecchia Hollywood come Casablanca di Michael Curtiz e Notorious di Alfred Hitchcock ma al contempo si autocita con espliciti rimandi a Le verità nascoste, dove erano già presenti sostanziosi riferimenti al cinema del maestro della suspense.
La trama giallo/spionistica è un puro pretesto per dare vita a un mélo postmoderno intriso di un romanticismo enigmatico e ambiguo dove la tensione e la suspense, di stampo hitchcockiano, crescono e aumentano col dipanarsi della storia fino ad arrivare alla resa dei conti tra i due protagonisti, col disvelamento delle menzogne e il venire meno dei ruoli da interpretare e delle maschere da indossare. Cosa rimane dunque alla fine? Cosa emerge in mezzo a tanta, sbandierata, finzione? Restano le emozioni e i sentimenti, ciò che ci rende umani e ci fa battere il cuore.
L’umanesimo di Zemeckis è tutto qui, nel suo interesse primario, ovvero nel farci capire se Marianne sia o meno innamorata di Max. Tutto il resto non conta, finisce in secondo piano (compresa la vera identità della donna) di fronte all’importanza e alla centralità dei sentimenti. È qui che deve nascere l’autentico coinvolgimento del pubblico, che in primis s’interessa e si appassiona alla trama spionistica per poi essere rapito e risucchiato dal pathos sprigionato dalla componente romantico/sentimentale, che è il vero cuore pulsante del film.
In una Londra martoriata dai bombardamenti tedeschi Max vede crollare anche il suo mondo, la sua famiglia, i suoi affetti più cari. Emblematica e magistrale in tal senso la lunga e tesa sequenza della festa organizzata da Marianne, con la macchina da presa che si sposta incessante da un ambiente all’altro per seguire i due protagonisti, impegnati in un ansiogeno gioco di sguardi da cui emerge e traspare il dubbio e il sospetto. Max, attonito e straniato in mezzo a persone festanti impegnate in flirt, musiche e danze, non riesce più a fingere e a dissimulare difronte agli sguardi intensi e penetranti della moglie che lo percepisce e lo sente diverso, cambiato nei suoi confronti. Al crollo e allo spaesamento emotivo dell’uomo segue – con metafora dichiarata ed esibita – l’ennesimo bombardamento nel cielo notturno londinese che pone fine alla festa.
A terrorizzare nel profondo Max non è tanto che la moglie possa essere una spia nazista, ma ciò che ne consegue, il fatto che abbia sempre finto nei suoi confronti. È la tremenda e inquietante ipotesi di non essere mai stato amato dalla madre di sua figlia, l’idea di essere stato ingannato e usato da Marianne che lo devasta nel profondo. Un cortocircuito beffardo e paradossale tra finzione e realtà ha fatto sì che i due si fossero incontrati e conosciuti come marito e moglie nella finzione, ad uso e consumo della missione da eseguire a Casablanca, per poi unirsi davvero in matrimonio a Londra. Per l’uomo è un legame reale e autentico, testimoniato dalla nascita di una bambina; per la donna potrebbe essere solo l’ennesimo ruolo da mettere in scena.
Sceneggiato senza sbavature da Steven Knight, interpretato da un efficace e funzionale Brad Pitt e da una sensuale, intensa e ipnotica Marion Cotillard, il diciottesimo lungometraggio in oltre quarant’anni di attività di Robert Zemeckis ci restituisce un autore in gran forma, ancora voglioso di mettersi in gioco e di continuare a sperimentare con un’opera coraggiosa, stratificata e gloriosamente fuori dal tempo.
Boris Schumacher
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda tecnica
Titolo originale: Allied
Regia: Robert Zemeckis
Sceneggiatura: Steven Knight
Fotografia: Don Burgess
Anno: 2016
Durata: 124’
Interpreti principali: Marion Cotillard, Brad Pitt, Jared Harris
Uscita italiana: 12 gennaio 2017