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LOCARNO 72 – Notre dame, di Valérie Donzelli

13/8/2019

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​Maud Crayon lavora come architetto in un piccolo studio guidato da un capo piuttosto scorbutico. La vita della donna è, senza usare mezzi termini, un casino. La situazione professionale non la soddisfa, sogna qualcosa di meglio, e deve crescere in gran parte da sola due figli avuti dall’ex marito, il quale peraltro, ogni volta che litiga con la nuova compagna, non trova di meglio da fare che rifugiarsi proprio a casa di Maud, la quale da par suo non riesce a evitare di accoglierlo e concedergli cibo e riparo (e magari anche sesso).
​Quando la municipalità di Parigi indice un concorso aperto a tutti con cui si premierà il miglior progetto per il rinnovamento della piazza antistante la cattedrale di Notre-Dame, Maud costruisce un modellino, pur essendo ormai tardi per iscriverlo alla gara. Poi però accade un fatto miracoloso e Maud scopre di aver vinto la selezione, anche senza aver partecipato. Di punto in bianco è accolta in pompa magna dal sindaco, le viene assegnato un budget esorbitante con cui realizzare il progetto, gli occhi di Tv e stampa piombano su di lei.
​Allo shock della nuova condizione si aggiungono altri due eventi importanti e inattesi: una gravidanza non voluta e l’incontro con un giornalista che è soprattutto un (altro) suo ex compagno, a cui è rimasta molto legata. Questa baraonda rivoluziona la vita di Maud e scatena una serie di situazioni che la porranno in seria difficoltà pratica ed emotiva, ma al contempo le permetteranno di trovare finalmente la libertà.
​  
Lo sapete ormai a menadito: da queste parti adoriamo Valérie Donzelli. Ne amiamo illimitatamente la spontaneità, la freschezza, l’estro, il coraggio, il benessere che si prova guardando i suoi lavori, spesso in doppia veste di regista/interprete. Caratteristiche esplose una decina d’anni fa con il folgorante esordio La reine des pommes e confermate in seguito con lo straordinario La guerre est déclarée, l’irresistibile Main dans la main e l’interessante Que d’amour, senza dimenticare alcune sconquassanti prove da sola attrice, ad esempio in Les grandes ondes. 
Molti dei titoli sopra citati hanno avuto la loro prima mondiale al Festival di Locarno, ed è proprio Locarno a riaccogliere una volta ancora la Donzelli per presentare Notre dame, nuovo lungometraggio da regista a quattro anni di distanza da quel Marguerite et Julien che aveva generato tanti dissensi, a causa di ambizioni e sperimentazioni spinte sino all’eccesso. Pericolo, questo, ben lontano dal potersi rintracciare in Notre dame, dove invece ritroviamo al 100% la Valérie a cui siamo tanto affezionati.

Nel tratteggiare la storia di questa donna alle prese con rivoluzioni intime e logistiche che si assommano una sull’altra in breve tempo, la Donzelli mette in scena, una volta di più, un mondo colorato e poetico, onirico e fiabesco, in cui la fantasia non si pone confini. Il risultato è divertimento puro e delizioso. Una scarica di adrenalina, una luce nel buio, i cui ingredienti sono gli stessi a cui ci ha ben abituati: battute al fulmicotone, ritmo indiavolato, dialoghi che sfiorano dolcemente l’assurdo, trovate esilaranti, passionalità priva di pudori, corpi senza veli (anche maschili) in mostra, canzoni e mini-balletti, radio che diffondono notizie strampalate, situazioni impossibili che diventano possibili, senso del gioco, coreografie a cui tutto il cast si adegua con piena convinzione, movimenti nello spazio che si traducono in gioiose danze, voce fuori campo di truffautiana memoria, visione del cinema come infinito contenitore di vibrazioni multiformi, colori accesi, incanti e sorprese. Non manca nulla, davvero nulla, nel raggiante disegno di Notre dame (non a caso il cognome della protagonista, Crayon, si traduce in italiano come matita o pennarello), senza peraltro che la ricetta risulti ripetitiva o troppo simile ad altre opere precedenti, tale è la capacità della regista di rimodellarsi ogni volta.
La Maud del film è una donna circondata da ex, che indossa sempre lo stesso buffo vestito scozzese e il cui cuore combatte tra passato, presente e futuro; è un bravo architetto catapultato in un impegno maledettamente grande da sostenere; è un personaggio insicuro e con idee troppo ardite per la società bigotta che la circonda. Tutto ciò rischia di farle perdere forza, di farla crollare. Ma sarà proprio al limite del disastro che Maud troverà modo di combattere, accettando i fallimenti e setacciando la propria anima verso la conquista di una nuova fiducia nella vita.
​
Oltre a questo ottimo ritratto al femminile, a cui regala piena sostanza la scatenata interpretazione della Donzelli, che come sempre non si risparmia in niente e non ha alcuna paura nel mettersi totalmente a nudo (in tutti i sensi), in Notre dame ci sono gli uomini, perlopiù approfittatori e fragili, che si infilano sotto le coperte altrui pur di non stare soli. E poi c’è Parigi, omaggiata e ritratta con affetto in tutta la sua armonia ma anche nelle zone più ombrose. E infine c’è lei, la Cattedrale, o ciò che era sino a pochi mesi fa. Vedere questo film dopo l’incendio di aprile genera un effetto straniante, perfino commovente; il grande schermo ci mostra un totem che al momento delle riprese (antecedenti al disastro) c’era e adesso non c’è più. O meglio c’è ancora, ma con un aspetto diverso. La stessa Donzelli ha dichiarato che dopo il rogo era terrorizzata al pensiero di far uscire nelle sale una pellicola al cui centro si staglia un monumento storico che non esiste più in quella veste. Allo stesso tempo però ha riflettuto sul fatto di essere stata, per volere del destino, l’ultima persona a filmare Notre-Dame nel suo completo splendore, regalandole così una sorta di immortalità.
​
In ogni caso, a noi è stato consegnato un lavoro di alto valore e accecante bellezza, in cui la Donzelli si fa accompagnare da Pierre Deladonchamps (protagonista nel 2013 del magnifico L'inconnu du lac), dal bravissimo Bouli Lanners (apprezzato quest’anno anche in C’est ça l’amour) e da Thomas Scimeca, Samir Guesmi e Virginie Ledoyen. In Francia uscirà a dicembre: c’è solo da sperare che arrivi anche in Italia, e in molti altri paesi, per rendere giustizia all’ennesimo gioiello palpitante, fremente e vitale partorito da una mente creativa con pochissimi eguali nel cinema contemporaneo.
​
Alessio Gradogna

Sezioni di riferimento: La vie en rose, Locarno 72

Articoli correlati Valérie Donzelli:     Main dans la main     Que d'amour     Les grandes ondes

Scheda tecnica

Anno: 2019
Durata: 89’
Regia: Valérie Donzelli
Sceneggiatura: Valérie Donzelli, Benjamin Charbit
Fotografia: Lazare Pedron
Montaggio: Pauline Gaillard
Attori: Valérie Donzelli, Pierre Deladonchamps, Thomas Scimeca, Bouli Lanners, Virginie Ledoyen, Isabelle Candelier, Samir Guesmi

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