ORIZZONTI DI GLORIA - La sfida del cinema di qualità
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LES INNOCENTES (Agnus Dei) - Un minuto di speranza

24/10/2016

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​Polonia, 1945. Mathilde Beaulieu è una giovane infermiera della Croce Rossa. Lavora in un ospedale di fortuna, dove vengono curati soldati francesi sopravvissuti ai campi di concentramento. Un giorno la ragazza riceve la richiesta d'aiuto di una suora, disperata perché una delle sorelle che vivono nel vicino convento sta per partorire. Mathilde, colpita dal dolore che percepisce negli occhi della suora, si reca sul posto, dove scopre che in realtà molte delle religiose sono incinte, essendo state violentate da soldati russi nove mesi prima.
​In gran segreto, per non urtare i precetti morali del luogo e tenere nascosto lo scandalo, Mathilde inizia ad andare ogni giorno al convento, dando conforto alle suore e aiutandole a portare a termine le gravidanze. Nonostante le reticenze della Madre Superiora, impegnata a salvaguardare in ogni modo la dignità del luogo, la presenza dell'infermiera diventerà indispensabile; Mathilde diverrà un punto di riferimento per le suore, ma dovrà toccare con mano dolori che non potrà più dimenticare. 

Dopo tante recenti pellicole di impatto leggero e frizzante (La fille de Monaco, Coco avant Chanel, Mon pire cauchemar, Gemma Bovery), Anne Fontaine si cimenta per la prima volta con un dramma storico e realizza per certi versi il film più cupo della sua carriera, rappresentando un fatto realmente accaduto ma poco conosciuto. Basandosi sul diario scritto da Madeleine Pauliac, vera infermiera operante in quegli anni, la Fontaine, insieme ai suoi sceneggiatori, costruisce un'opera dall'impianto narrativo lineare e rigoroso, durante la quale la mera descrizione degli eventi si accompagna a un'analisi per quanto possibile intimista delle lotte morali che animano i cuori delle sue protagoniste.
Interamente giocato sul confronto serrato tra morale della Fede religiosa e fiducia nella concretezza della scienza medica, Les Innocentes (Agnus Dei per il mercato internazionale) accavalla le restrizioni e le insicurezze delle suore benedettine, divise tra l'atavico desiderio di essere mamme e il rifiuto di accettare bambini concepiti nell'orrore, la necessità di essere aiutate e la convinzione di voler rispettare il voto di castità (nonostante gli stupri subiti) e non farsi né guardare né toccare da Mathilde, la paura per il soggetto estraneo privo di Fede e la tentazione di concedersi a un Angelo salvifico venuto per lenire la loro ignominia.
​Sopra a loro una Madre Superiora spietata, pronta a sacrificare i figli della blasfemia (e la sua stessa anima) pur di mantenere in qualche modo intatta la rispettabilità del convento. Accanto a loro una giovane infermiera francese figlia di operai comunisti, che nel donare aiuto trova un nuovo senso alla propria vita; insieme a lei un medico, innamorato di Mathilde, che sa mettere da parte convinzioni politiche radicalmente diverse pur di sostenere la ragazza. Tutt'intorno i postumi della guerra, con nuovi nemici da affrontare, una tensione perenne e palpabile, pericoli oscuri e retaggi di un mondo disintegrato che annaspa nell'ignoranza e nella violenza (peraltro lasciata fuori campo).
Les Innocentes, ben interpretato dalla promettente Lou de Laâge, venuta alla ribalta grazie al bellissimo Respire di Mélanie Laurent e qui affiancata da un Vincent Macaigne per una volta meno stralunato del solito e da Agata Kulesza, attrice polacca già vista in Ida di Pawlikowski, vive di atmosfere sacrali, in una liturgia filmica che in qualche punto ricorda da vicino Des hommes et des dieux di Xavier Beauvois (con cui, non a caso, condivide la direttrice della fotografia, Caroline Champetier). Nei canti mattutini delle sorelle benedettine si attua il significato primordiale della Fede (“24 ore di dubbi e un minuto di speranza”) e si estendono le lacrime trattenute, le libertà negate, la dicotomia tra dottrina e ragione, ottusi dogmi e urgenza pratica. Nei piccoli momenti lieti di gioco e relax che concludono le giornate si disegna invece la purezza di semplici donne, inermi vittime del Male umano e meritevoli di una seconda chance, dentro o fuori dalle mura del convento. 
Il lavoro della Fontaine, pre-selezionato come possibile candidato all'Oscar per la Francia, insieme a Frantz di François Ozon, Elle di Verhoeven (su cui poi è ricaduta la scelta) e Cézanne et moi di Danièle Thompson, non è esente da difetti: l'autrice si sofferma su qualche sottolineatura di troppo, inciampa in alcune scene un po' goffe (l'improvviso abbraccio collettivo delle suore a Mathilde) e ritrae un epilogo eccessivamente gioioso e ottimistico. In ogni caso, nonostante le incertezze, il film resta valido e importante, per conoscere un piccolo pezzo di Storia e recitare, con voce commossa ma decisa, un atto di dolore che supera le barriere della religiosità per farsi universale messaggio di amore e condivisione. 

Alessio Gradogna

Sezioni di riferimento: La vie en rose, Film al cinema

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Scheda tecnica

Titolo originale: Les Innocentes
Regia: Anne Fontaine
Sceneggiatura: Sabrina B. Karine, Pascal Bonitzer, Anne Fontaine, Alice Vial
Fotografia: Caroline Champetier
Montaggio: Annette Dutertre
Anno: 2016
Durata: 115'
Attori: Lou de Laâge, Vincent Macaigne, Agata Kulesza, Agata Buzek, Joanna Kulig
Uscita italiana: 17 novembre 2016

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RESPIRE - Il sentiero oscuro dell'adolescenza

22/1/2015

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Ci sono due tendenze molto evidenti che sempre più spesso si ritrovano nel cinema francese contemporaneo: da un lato il desiderio di tratteggiare forti ritratti al femminile, capaci di coniugare la tenacia e le fragilità di donne in viaggio verso la vita; dall'altro la voglia di dipingere le inquietudini, i sogni, le delusioni e le contraddizioni dell'età adolescenziale. 
I due aspetti hanno trovato un punto di raccordo in molte pellicole di qualità realizzate negli ultimi anni, ad esempio Les Grandes Personnes di Anna Novion, LOL di Lisa Azuelos, La belle personne di Christophe Honoré e il recente e bellissimo Bande de filles di Céline Sciamma, senza ovviamente dimenticare il meraviglioso La vie d'Adèle.
A questa corrente si iscrive anche Mélanie Laurent con il suo Respire, secondo lungometraggio diretto da un'attrice che a soli 31 anni ha già alle spalle una carriera di tutto rispetto. Dai primi successi in patria grazie alle partecipazioni in De battre mon coeur s'est arrêté di Jacques Audiard, Je vais bien, ne t'en fais pas di Lioret, Paris di Klapisch e Le Concert di Mihaileanu, alla fama internazionale conquistata con Bastardi senza gloria di Tarantino, la Laurent ha imparato a dividersi tra Francia e Stati Uniti, trovando il tempo di diventare mamma e sviluppando la voglia di provare a imporsi anche dietro la macchina da presa.
Respire, uscito nelle sale transalpine lo scorso novembre e ora visibile online fino al 16 febbraio (con sottotitoli in italiano) nell'ambito del My French Film Festival, arriva tre anni dopo l'esordio con Les Adoptés e sei anni dopo il cortometraggio erotico À ses pieds, contenuto nella raccolta X Femmes. La genesi del film è piuttosto chiara e indicativa: a 17 anni Mélanie legge un romanzo di Anne-Sophie Brasme, a sua volta basato su una diciassettenne alle prese con l'intensa e complessa amicizia con una coetanea. La Laurent trova nel libro molte attinenze con la sua personale esperienza, resta profondamente affascinata dalla storia e inizia a pensare di trarne un film. Gli anni passano, altri progetti si sviluppano e accavallano, ma quando Bruno Lévy, già produttore del suo primo lavoro da regista, le chiede se ha in mente un soggetto per la sua opera seconda, lei getta sul tavolo l'idea di Respire, trovando il consenso dell'interlocutore.

Il film, girato in sei settimane tra Parigi e la zona di Roussillon, vede al centro della vicenda Charlène, detta Charlie, un'adolescente come tante. Insicura, malinconica, con una personalità ancora non ben definita, Charlie cammina nei sentieri di una vita non dissimile da quelle di altre ragazze della sua età: una situazione familiare complessa, con una madre perennemente sull'orlo di una crisi di nervi; una relazione sentimentale che non sa o non vuole portare a definitivo compimento; un piccolo gruppo di amici e amiche; l'obiettivo di superare il non lontano esame di maturità; la totale incertezza sul futuro che l'attende. Non a caso le prime inquadrature dedicate alla protagonista mostrano i suoi piedi nudi che scendono dal letto e poi il suo viso nascosto dietro una grossa scodella; soltanto in un secondo momento ci appare finalmente il volto, come a testimoniare una forma esistenziale ancora non plasmata a dovere.
Le cose cambiano quando in classe arriva una nuova compagna, Sarah, i cui tratti caratteriali sono quanto di più dissimile si possa immaginare rispetto alla timidezza di Charlie; Sarah è infatti spavalda, egocentrica, sicura di sé; ha una madre che gira il mondo, è brillante e sinuosa, emana carisma e fascino e ottiene facilmente ciò che vuole. Nonostante le apparenti diversità, tra le due si sviluppa un'intensa amicizia fatta di risate, confidenze, feste, bevute, balli, fumate, corse nei prati. Sarah diviene per Charlie un modello a cui ispirarsi, uno scoglio a cui aggrapparsi, una “dipendenza” grazie alla quale fuggire dai vuoti del quotidiano e trovare finalmente la propria emancipazione.
Fino a qui l'opera della Laurent, pur risultando elegante e precisa, non si discosta più di tanto da altre pellicole dello stesso genere. A un certo punto però tutto si trasforma: Sarah getta la maschera, dimostrando di essere una narcisista che racconta una marea di bugie e sfrutta le temporanee amicizie, le consuma, le divora, le sputa e si dirige altrove. Nel momento in cui le immancabili insicurezze di Charlie cominciano a stancarla, inizia un altro film, duro, cupo, soffocante, crudele come solo l'adolescenza sa essere. Sarah volta le spalle alla (ex) amica, la trasforma in un oggetto di derisione agli occhi di tutta la classe, la sbeffeggia e la umilia, salvo poi tornare a cercarla quando ha bisogno di lei e di nuovo gettarla via quando il bisogno si esaurisce. Charlie le perdona tutto, ma la situazione diviene sempre più pesante e traumatica; il suo cuore va in pezzi, gli attacchi d'asma di cui soffre aumentano esponenzialmente, la rabbia cresce insieme al dolore. La messinscena della Laurent abbandona ogni idillio e assume toni sempre più oscuri, dimentica l'allegria e si barrica nella sofferenza, intraprendendo una strada buia e lacerante.
Il respiro del titolo si trasforma nel non-respiro di Charlie; l'asma la assedia senza preavviso, generando ondate di panico che esplodono in un paio di devastanti crisi girate dalla Laurent in simbiosi con la sua attrice (1), la bravissima Joséphine Japy, vent'anni, ennesima nuova folgorazione del cinema francese, già vista in Le Moine di Dominik Moll e qui autrice di una prova di impressionante maturità. Accanto alla Japy un'altra ragazza dal roseo avvenire, Lou de Laâge, 24 anni, brava a calarsi negli scomodi panni di un angelo che si trasforma nel più sanguinario e pericoloso dei diavoli. Con loro anche la sempre brava Isabelle Carré, nel ruolo della madre di Charlie, e Roxane Duran, apparsa anche sugli schermi italiani in 17 filles.

1) Per riprendere l'ultima e più tagliente crisi, la Laurent ha chiesto di nascondere un auricolare nell'orecchio dell'attrice. Dopodiché ha fatto uscire tutti dalla stanza in cui si svolgeva la scena e durante il ciak ha parlato alla ragazza da lontano, guidandola passo per passo e al contempo abbandonandosi al pianto insieme a lei, contribuendo alla riuscita e al realismo di un momento di notevole impatto emotivo.

Con un cast assolutamente affiatato, Mélanie Laurent sviluppa con piena coscienza e grandi capacità la storia che per tanti anni aveva desiderato trasporre sul grande schermo, mettendo in gioco la limitata differenza d'età per assumere al contempo un triplice ruolo di maestra, sorella e amica nei confronti delle sue giovani attrici. Il risultato è ottimale, la sintonia tra le due protagoniste totale, la messinscena concreta, ricca e appassionata, e qualche lieve ingenuità registica (l'uso eccessivo del ralenti, un'ultima inquadratura forse sin troppo esplicativa) non intacca il valore di un racconto di formazione e distruzione in cui non è difficile riconoscersi.
L'adolescenza è infatti un po' per tutti l'età in cui ogni esperienza è amplificata, viscerale, misteriosa e inconoscibile; il periodo delle sfide, degli imbarazzi, delle persecuzioni, delle speranze, dei sogni infranti; il momento in cui il respiro può trafiggere il cielo della vita o al contrario interrompersi di colpo, con devastante ferocia, lasciando spazio alla notte dell'anima.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: La vie en rose


Scheda tecnica

Titolo originale: Respire
Regia: Mélanie Laurent
Sceneggiatura: Julien Lambroschini e Mélanie Laurent (dal romanzo di Anne-Sophie Brasme)
Fotografia: Arnaud Potier
Musiche: Marc Chouarain
Durata: 91'
Anno: 2014
Attori: Joséphine Japy, Lou de Laâge, Isabelle Carré, Claire Keim, Roxane Duran

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