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LA BELLE PERSONNE - Il cuore in fuga

4/1/2014

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Ormai da alcuni anni il pubblico francese (e non solo) ha imparato ad amare Christophe Honoré, autore apprezzabile per la versatilità con cui sa costruire opere che spaziano dalla gloriosa tradizione del cinema autoctono a tematiche scomode e non prive di coraggio e ambizione. 
Salito alla ribalta con Ma Mère, dramma edipico buio ed estremizzato, e Les Chansons d'Amour, frizzante lavoro capace di attualizzare i tratti distintivi della commedia musicale, lo abbiamo di recente applaudito per lo splendido Les Bien-Aimés, presentato al Torino Film Festival 2011 e poi purtroppo mai distribuito nelle sale italiche. Nel mezzo, andando a ritroso, ha diretto anche l'interessante Homme au bain, il notevole e malinconico Non ma fille tu n'iras pas danser, e un ulteriore film rimasto inedito da noi, La Belle Personne, uscito in patria nel 2008.
Liberamente ispirato al romanzo La principessa di Clèves, di Madame de la Fayette, da cui già Manoel de Oliveira aveva tratto il film La Lettera, il lungometraggio di Honoré trae spunto dalla narrazione originale, trasportandola però nel presente. Al centro della scena la giovane e ombrosa Junie, ragazza sedicenne che dopo la morte della madre si trasferisce cambiando città e scuola. Al liceo entra a far parte di una consolidata compagnia di amici, e sviluppa un rapporto sentimentale con Otto, ragazzo romantico, timido e idealista. Non molto tempo dopo, inizia a covare una forte attrazione verso Nemours, il suo professore di italiano, non nuovo a storie con studentesse ben più giovani di lui. Junie tenta di combattere questa pericolosa infatuazione, allontanandola con ogni mezzo possibile, ma alla fine è proprio Nemours a sviluppare un amore irresistibile, e forse impossibile, nei suoi confronti.
Per La Belle Personne il regista ha a disposizione tre tra i migliori attori usciti allo scoperto nel cinema francese in quest'ultimo decennio: Louis Garrel, Léa Seydoux e (in un ruolo minore) Anais Demoustier. Con il giusto acume ne sfrutta a dovere le rispettive qualità, sottolineando a ogni inquadratura soprattutto il fascino maledetto del primo e le cupe vibrazioni della seconda, per comporre un quadro stilistico che accarezza l'adolescenza traghettandola verso i complessi lidi dell'età adulta. Nel film si analizzano con discreta puntualità le dinamiche sociali che caratterizzano il gruppo come insieme di elementi eterogenei e non sempre armonici: da qui scaturiscono invidie, gelosie, rancori, segreti e legami di devastante intensità.
I compagni di scuola frequentano ogni giorno lo stesso bar, alternano complicità e incomprensioni, sviluppano l'irrequieta quotidianità tipica dell'età di riferimento. Il loro senso dell'amore travalica i ristretti confini del microcosmo d'appartenenza, facendosi universale strumento di devozione e condanna, guidandoli verso territori inattesi nei quali la gioia della scoperta cozza con gli ostacoli della vita, sino a conseguenze perfino tragiche. L'eterosessualità e l'omosessualità compongono due facce di un'unica medaglia, e studenti e professori annullano le distanze per farsi veicoli delle stesse incertezze. Il triangolo Otto-Junie-Nemours morde i freni della comune apparenza, mentre tutt'intorno altre storie non meno intense condiscono una ricetta filmica calibrata e appassionante.
Devoto alla musica come asse portante di qualsiasi prodotto cinematografico, Honoré anche questa volta non rinuncia a far cantare i suoi personaggi (anche se qui avviene in una sola occasione), e inserisce in scene fondamentali la voce ipnotica di Maria Callas e il testo di “Sarà perché ti amo” dei Ricchi e Poveri, trovando come sempre un gustoso punto d'incrocio tra parole, note e significazioni visive. Il romanzo di riferimento, ambientato nel 1600, è soltanto una base di avvio, utile a comporre i segni del melò: i duchi e le dame di Madame de la Fayette si trasformano nei riccioli scomposti e nelle cravatte disordinate di Garrel e nei seducenti silenzi della Seydoux, mina vagante pronta a esplodere in ogni istante. Tra i due l'amore nasce, cresce, si allontana e si avvicina, fugge e conduce alla follia; i baci rubati o mai dati diventano il simbolo di un futuro inesistente. Resta infine soltanto il mare, fonte pura di abbandono e rinascita.
Come detto, La Belle Personne è rimasto inedito in Italia, ma è stato comunque premiato al Festival del cinema europeo di Lecce, e ha ricevuto due nomination ai César nel 2009, come miglior adattamento e per l'interpretazione della Seydoux, candidata nella categoria di miglior promessa femminile in una cinquina che comprendeva anche la stessa Anais Demoustier (in lizza però per Il viaggio di Jeanne di Anna Novion) e Deborah François (premiata per Le premier jour du reste de ta vie di Rémi Bezançon). 
Nel film vanno infine segnalate la presenza di Agathe Bonitzer (futura protagonista di Une bouteille à la mer) e la fugace ma indispensabile presenza, in un breve cameo, di Chiara Mastroianni, vera Musa ispiratrice di tutto il cinema di Honoré.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: La vie en rose


Scheda tecnica

Titolo originale: La belle personne
Anno: 2008
Durata: 90'
Regia: Christophe Honoré
Sceneggiatura: Christophe Honoré, Gilles Taurand
Fotografia: Laurent Brunet
Musiche: Alex Beaupain
Attori: Louis Garrel, Léa Seydoux, Grégoire Leprince-Ringuet, Agathe Bonitzer, Anaïs Demoustier

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