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L'ÉCONOMIE DU COUPLE - Dopo l'amore

29/11/2016

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​Marie e Boris stanno insieme da 15 anni. Hanno una bella casa, comprata da lei e ristrutturata da lui, e due figlie gemelle. Il loro amore è però giunto al capolinea. Si stanno infatti lasciando. Per il momento continuano però a vivere sotto lo stesso tetto, in quanto Marie ha un lavoro stabile e una famiglia ricca alle spalle, mentre Boris trova solo occupazioni saltuarie e non può permettersi una sistemazione propria. La quotidianità della (ex) coppia si dipana secondo regole ben precise, stabilite da Marie, la quale accetta ancora (di malavoglia) la presenza dell'uomo ma soltanto a patto che lui sia in casa solo in determinati orari. Ogni giorno la donna cerca di spingere Boris ad andarsene quanto prima, provocando le reazioni stizzite dell'uomo, che si sente umiliato dal fatto di non poter contribuire economicamente al mantenimento delle figlie e al contempo prova su di sé le restrizioni di una situazione assurda e priva di qualsiasi stabilità. 
La soffocante convivenza scatena inevitabilmente continui attriti, in un doloroso coacervo di rancori pronti a esplodere, accuse reciproche, distruttivi silenzi, intollerabili prevaricazioni, malcelati imbarazzi, piccoli dispetti e isolati attimi di rimpianto e tenerezza che rendono ancora più complicato il distacco. Il tutto sotto gli occhi delle gemelle, molto più consapevoli della verità di quanto gli stessi genitori possano immaginare. 

Sta tutta qui la trama di L'économie du couple, il nuovo lavoro del belga Joachim Lafosse, presentato quest'anno a Cannes e proiettato in anteprima italiana al Torino Film Festival, in attesa di uscire nelle sale italiane a gennaio con il titolo Dopo l'amore. Una base di sceneggiatura classica, lineare, se vogliamo anche ordinaria, su cui però si innalza una struttura di enorme forza e consistenza.
Prima della proiezione torinese Lafosse, presente all'evento, ha spiegato come alle origini del film ci sia un'esperienza autobiografica, la separazione dei suoi genitori, e ha ricordato che durante quel periodo la cosa peggiore da vivere sulla propria pelle era stata l'estrema difficoltà di parlare con loro di ciò che stava accadendo. Il regista ha inoltre chiesto agli spettatori di provare ad assistere all'opera non limitandosi alla fruizione di una singola e ben definita storia, bensì cercando di entrare all'interno di un meccanismo universale, in cui ognuno può riconoscersi. 
Il proposito di Lafosse è stato pienamente accolto: L'économie du couple è infatti un racconto vero e crudele come la vita, realistico sotto ogni aspetto, capace di trascinarci con clamorosa facilità in un contesto in cui tanti di noi possono ritrovare corposi stralci della propria esistenza.
Girato quasi interamente tra le mura domestiche, in interni ristretti in cui spesso ai personaggi pare mancare aria vitale, il film ipnotizza fin dal primo istante, rendendoci partecipi di un paesaggio dell'anima che scava a fondo nelle costrizioni di una coppia non più tale, nel senso di fallimento che ne pervade ogni gesto, nella reciproca rabbia che a pié sospinto scaglia fulmini sul partner, nei reiterati tentativi di scaricare sull'altro colpe ed errori. Una guerra in miniatura fatta di estenuanti battaglie eternamente prive di un vincitore, come sempre accade in questi casi, orchestrata dall'autore con sapiente acume e impressionante padronanza dei tempi e degli spazi. 
Non c'è una virgola fuori posto, nella splendida creatura di Lafosse; non c'è un difetto, non ci sono cali, non esistono forzature né idee superflue. Eppure, al contrario di quanto talvolta accade, la compiutezza stilistica e narrativa non scivola nella freddezza e/o nel mero esercizio di stile. Tutt'altro: il film sa regalare un diluvio di emozioni, spesso scatenate dalla ridda di antinomici sentimenti espressi dal volto di una mai così brava Bérénice Bejo, su cui non a caso l'autore insiste con frequenti e reiterati piani ravvicinati. Accanto a lei risulta allo stesso modo efficace il co-protagonista Cédric Kahn, a sua volta regista (L'ennui, Feux rouges) e qui nelle vesti di (ottimo) attore, a incarnare un personaggio che dietro all'apparenza burbera e scapigliata nasconde un mondo di fragilità. 
Emozioni, si diceva; l'opera di Lafosse, già applaudito in passato per lavori di qualità come À perdre la raison (2012) e Nue propriété (Proprietà privata, 2006), abbraccia traiettorie trasversali atte a costruire una geometria scenica lucidissima, entro la quale ogni dialogo lancia stilettate frementi e ogni movimento racchiude l'afflizione di due leoni in gabbia, incapaci di dominare il territorio; cuori alla deriva che forse in realtà vorrebbero ancora solo e soltanto amarsi, ma non ne sono più in grado. 
Compatto e trascinante, L'économie du couple si lascia apprezzare nelle dinamiche minimali (il duello per l'acquisto delle scarpette da calcio, i posti a tavola vuoti, la gara di solletico ai piedi, la mancanza di privacy nella vasca da bagno) così come nelle fondamentali questioni pratiche (la divisione finanziaria del valore della casa), in momenti di malinconica poesia (l'insonne incontro notturno privo di parole) e nelle sequenze di maggior respiro (la cena di Marie con i suoi amici, interrotta dall'arrivo di Boris, che si siede con la compagnia senza essere stato invitato, scatenando un insopportabile disagio per tutti gli astanti). La marea sale, scende e poi risale, tra sprazzi di luce e torrenti di buio, sino a raggiungere la vetta assoluta in una scena madre meravigliosa, durante la quale genitori e figlie ritrovano (per l'ultima volta?) una parentesi di sincera unione familiare, ballando tutti insieme sulle note di Bella di Maitre Gims. 
In quel momento, in quei minuti, le lacrime scorrono copiose sul viso di Marie; altrettanto accade a noi, commossi e devastati dall'addio a un sogno perduto e al contempo ammaliati dalla bellezza di un film indimenticabile.

Alessio Gradogna

Sezioni di riferimento: La vie en rose, Torino 34


Scheda tecnica

Titolo originale: L'économie du couple
Anno: 2016
Regia: Joachim Lafosse
Attori: Bérénice Bejo, Marthe Keller, Cédric Kahn, Catherine Salée, Tibo Vandenborre
Sceneggiatura: Fanny Burdino, Joachim Lafosse, Mazarine Pingeot, Thomas van Zuylen
Fotografia: Jean-François Hensgens
Durata: 100'
Uscita italiana: 19 gennaio 2017

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