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DIVINES - La forza della rabbia

9/2/2017

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​È dura la vita nella banlieu parigina. I più fortunati abitano in terrificanti palazzi asettici e cadenti; gli altri si devono accontentare di bidonville rozze e sudicie, dove le condizioni della quotidianità superano i confini della perenne umiliazione. Provi tanta rabbia a trovarti in una simile situazione, con una madre snaturata e semi-alcoolizzata che si impegna a fondo per peggiorare ulteriormente le cose e nessuna reale prospettiva di cambiamento davanti. Sei furiosa, dentro al cuore; perché non l'hai chiesta tu questa vita, ma ti ci ritrovi impantanata fino al midollo. 
Cosa resta, allora, per coltivare almeno una speranza? La scuola? Dove cercano di impostarti per un banale e servile futuro da segretaria? No, per carità. Resta un'amica, quella sì; una grande amica (nella stazza e nella reciproca fedeltà) con cui condividere avventure e sofferenze. E resta il sogno di fare soldi, tanti soldi, per uscire dal lerciume e costruire un futuro per il quale possa davvero valer la pena vivere.
Ma come procurarseli questi soldi? Con un lavoro onesto e legale? Difficile, molto difficile, se sei una ragazza immigrata. Decisamente più immediato farlo in altro modo. Iniziando dal basso, provando a vendere accendini e sucettes (i lecca lecca) davanti alla scuola, per poi salire, cominciando a rubacchiare qualcosa al supermercato, per poi passare a piccoli quantitativi di droga e andare ancora più su, nel momento in cui incontri la ragazza-boss del quartiere e riesci a entrare nelle sue grazie.
Eccoli, i soldi che iniziano ad arrivare. 
Nel frattempo non riesci a fare a meno di innamorarti di un ballerino di danza contemporanea. Lo guardi in segreto nascosta tra le impalcature del teatro dove fa le prove, ne ammiri il sinuoso fascino, assapori il totale contrasto tra quei movimenti aggraziati e la lordura che abitualmente ti circonda; senti qualcosa nascere, qualcosa di viscerale ed eccitante. Ma nella tua mente viene prima il denaro, da accumulare, gongolando al pensiero dei Ray-Ban che indosserai guidando un giorno una Ferrari fiammante con cui sfrecciare lungo le strade del domani. I soldi. Money Money Money. E gli inevitabili pericoli di una vita à bout de souffle.

Vincitore della prestigiosa Caméra d'Or al Festival di Cannes 2016 e candidato a ben 7 premi César (tra cui miglior film), Divines è l'esordio nel lungometraggio della regista franco-marocchina Houda Benyamina. Un'opera graffiante ed estremamente contemporanea, che conferma l'intenzione del cinema francese di provare ad analizzare le tante desolazioni e contraddizioni sempre più evidenti e pressanti nel mondo delle periferie urbane. Due recenti esempi, in tal senso, possono essere senz'altro individuati nell'apprezzabile horror La Horde e nello splendido Bande de filles (Diamante Nero) di Céline Sciamma; è proprio al film della Sciamma che il lavoro della Benyamina si lega a stretto filo, per ambientazione, tematiche e tipologia di personaggi. 
Le pellicole, pur abbracciando modalità di rappresentazione per certi versi molto vicine tra loro, si differenziano per il punto di vista autoriale: se infatti la Sciamma incentrava il suo racconto sull'analisi del particolare (la maturazione della protagonista Marieme), allargando poi il contesto al carattere universale della vicenda, la Benyamina compie il percorso opposto, focalizzandosi sul côté civile dell'opera (il disagio degli abitanti dei sobborghi, la distanza incolmabile con la borghesia della metropoli, l'abbandono a se stessi dei derelitti) per poi scivolare dentro alle singole avventure del suo volto principale, Dounia. Due sentieri in un qual senso antitetici, ma accomunati dall'invidiabile capacità di trascinare lo spettatore dentro al complesso destino di due anti-eroine verso le quali non si può non provare una concreta e totalizzante empatia.

Divines scopre le sue carte sin da subito, regalando un doppio incipit folgorante: prima un collage di immagini riprese con lo smartphone, in cui assistiamo a frammenti sparsi delle scatenate scorribande diurne e soprattutto notturne di Dounia e dell'inseparabile amica Maimouna, quindi una dirompente scena ambientata in classe, dove durante una lezione di “segretariato” Dounia scatena tutta la sua anima ribelle, disintegrando pezzo per pezzo le certezze dell'insegnante. Un inizio mozzafiato, riassunto perfetto di ciò che sarà la narrazione per tutti i 105 minuti di durata: un vortice inarrestabile.
Divines è un film di corpi sciupati e corpi levigati, oblio e voglia di riscatto, urla disperate e risate incontrollate, chiome raccolte in assetto da battaglia e capelli sciolti al vento, fughe a perdifiato e preghiere alle stelle, inevitabili tragedie e seducenti ironie: un frullato di emozioni uguali e contrarie, scandite da una regia virtuosa (talvolta fin troppo) e da una colonna sonora che sa miscelare lirica, techno, hip hop e sonorità arabeggianti, trovando sempre la nota giusta al punto giusto. La regista in qualche occasione si lascia prendere la mano, ma non perde mai il controllo della storia, rigorosamente espressa (e girata) in ordine cronologico, così da condurci, senza sbalzi temporali, nel percorso di formazione di una bâtarde che scava nella paura per trovare la forza di provare a darsi un destino diverso, nonostante tutti i rischi che le sue azioni comportano.
Interpretata con stupefacente intensità e completezza dalla bravissima Oulaya Amamra, la Dounia di Divines è un personaggio che si imprime nell'anima e difficilmente ne esce. In lei si aprono i cieli bui di tutti coloro che navigano allo sbando, dimenticati dalle classi agiate, visti con sospetto o addirittura con disgusto. In lei, inoltre, si concretizzano i sogni di tante adolescenti che rifiutano le distorte imposizioni sociali e culturali; proprio come la Marieme di Bande de filles, decisa a non sottostare a un avvenire già scritto da trascorrere spenta, a casa, a badare unicamente alla prole.
Inedito nelle sale italiane, ma disponibile per la visione in streaming su Netflix, l'esordio dell'autrice classe 1980 risucchia l'avventore in un turbine ritmato da cui si esce carichi e storditi. E pazienza se l'epilogo sottolinea con sin troppa enfasi la matrice politica dell'opera. Ciò che resta è comunque un lavoro che trasuda convinzione, tenacia ed energia. Una corsa a tutta velocità lungo la corrente della vita.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: La vie en rose


Scheda tecnica

Titolo Originale: Divines
Anno: 2016
Regia: Houda Benyamina
Durata: 105'
Sceneggiatura: Romain Compingt, Houda Benyamina, Malik Rumeau
Attori: Oulaya Amamra, Majdouline Idrissi, Déborah Lukumuena, Kévin Mischel
Fotografia: Julien Poupard
Musiche originali: Demusmaker

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BANDE DE FILLES - Un diamante nel cielo della vita

12/12/2014

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C'è una vita da vivere, adesso. Lì, nella banlieue parigina, in quei palazzi soffocanti dove tutto in fondo resta sempre uguale, in un non-luogo dove l'adolescenza è una battaglia quotidiana contro se stessi, prima di tutto, e poi contro ciò che ti circonda. L'anno scolastico finisce, ti dicono che dovrai fare gli esame di riparazione e l'estate imminente assume fin da subito contorni grigi. Passeggi per strada e vieni puntualmente derisa dai bulletti del quartiere. Torni a casa e trovi un fratello manesco e autoritario, due sorelle più piccole da accudire e una madre che tira avanti lavorando come donna delle pulizie. Ti innamori di un coetaneo ma non lo puoi vedere, se non di nascosto, per paura di sembrare una puttana e di subire le punizioni di tuo fratello. Hai 16 anni, vorresti in fondo essere soltanto una ragazza normale, ma il mondo amaro e crudele che hai intorno non lo permette.

C'è una vita da vivere, domani. Immagini cose straordinarie, ma sai che con ogni probabilità ti dovrai accontentare di lavori umili e avvilenti. Oppure sfornerai figli e starai a casa a soddisfare il tuo sposo, navigando sempre sull'orlo della povertà. Se ci pensi un attimo è tutto già scritto: un percorso comune a tante donne, scontato e probabilmente inevitabile.

E allora arriva un giorno in cui decidi di dire basta; capisci che l'arroganza può essere combattuta solo con la stessa medicina, che lo status di “brava ragazza” non ti interessa, che questa vita ti incatena al palo di una disillusione senza limiti. Così ti unisci a una banda di ragazze, acquisti la loro fiducia, ti fai consegnare dieci euro da una compagna di scuola piccola e spaventata, prendi la metro, vai in centro, rubi uno di quei vestiti che non potrai mai permetterti, ti affidi alla spavalderia delle nuove amiche per assumere quella sicurezza che ti è sempre mancata, prendi a botte la capoclan di una gang rivale e usi il suo reggiseno come trofeo di caccia. Cambi nome, perfino; uccidi Marieme e diventi Vic, come victoire. Butti via la vita a testa bassa e alzi lo sguardo verso la lotta. Diventi parte di una mini-struttura sociale che ti regala momenti di empatia e libertà. Scaraventi nel fiume il cappio della noia e ti getti nel calderone dell'avventura. Fino a quando non decidi di fare un ulteriore passo avanti: abbandoni scuola, famiglia e amiche, ti ostini a volertela cavare da sola, ti metti nelle mani di una specie di pappone che ti può garantire alloggio, indipendenza e protezione in cambio di qualche lavoretto non proprio legale.
Forse te ne pentirai, forse tornerai indietro. O forse no. Sai bene che ogni scelta porta con sé conseguenze di non facile risoluzione, ma così almeno proverai a dare un senso a questa fottuta e sporca vita.

Scelto per aprire la Quinzane des Réalisateurs a Cannes, accolto dai favori della critica, presentato in Italia al Sottodiciotto Film Festival di Torino e finalista del Lux Award, premio annuale indetto dal Parlamento Europeo e dedicato ai lungometraggi più significativi prodotti nei paesi del vecchio continente, Bande de Filles conferma appieno il talento di Céline Sciamma, autrice francese di trentatré anni che al terzo lungometraggio mostra una maturità stilistica invidiabile e già perfettamente riconoscibile.
Dopo l'interessante esordio con Naissance des pieuvres e il celebrato (e ottimo) Tomboy, la Sciamma esplora con costrutto e sensibilità l'età inquieta dell'adolescenza, dipingendo il ritratto a tutto tondo di una ragazza in guerra con se stessa e con gli altri per trovare una collocazione in un ambiente ostile, faticoso e zeppo di tranelli.
Il terzo capitolo della promettentissima filmografia dell'autrice parte come un film corale, con un gruppo di giocatrici di rugby, ma ben presto focalizza gran parte delle sue attenzioni sulla sua protagonista, Marieme/Vic, interpretata da una ragazza diciottenne, Karidja Touré, capace di fornire al personaggio una straordinaria profondità di sguardo e una sorprendente carica espressiva. In lei, con lei, intorno a lei, si sviluppa un complesso percorso di formazione che vive di continui ed entusiasmanti contrasti, alternando necessarie durezze e insospettabili dolcezze, saette infuocate e improvvise fragilità, ruvide svolte e sospiri leggeri, plasmando un quadro d'insieme che riassume con intelligenza e completezza le infinite sfumature dell'adolescenza.

Bande de filles (uscito nelle sale italiane con il brutto titolo Diamante Nero ma per fortuna distribuito da Teodora Film in lingua originale con sottotitoli) sbroglia le matasse della sceneggiatura con una struttura piuttosto schematica, suddivisa in scomparti ben definiti: l'introduzione al racconto, il solido legame che si crea tra Marieme e le amiche, il maldestro tentativo di solitaria emancipazione; capitoli chiari, introdotti da immagini simboliche e raccordi lineari. La composizione essenziale non diventa però un limite, perché la Sciamma dissemina nella storia tanti momenti di brillante intensità (su tutte la splendida sequenza in cui Vic e la sua banda gozzovigliano, ridono e cantano Diamonds di Rihanna in una stanza d'hotel, inondate da una magnifica fotografia bluastra), assicurando sempre il giusto livello di coinvolgimento e attenzione nei confronti di una protagonista che davvero non si può evitare di seguire con piena empatia, persi nel mistero cosmico di quegli “occhi da serpente” capaci di penetrare a fondo nel nostro animo.
L'opera della Sciamma lavora sulle vibrazioni emozionali delle sue ragazze, le segue con affetto, senza pietismi, e urla a pieni polmoni la volontà della non-rassegnazione; rasenta i lidi della perfezione per circa un'ora e mezza, ovvero fino a quando Vic effettua il commiato dalle amiche, ma cala leggermente di qualità negli ultimi venti minuti, in cui forse troppo materiale è messo a bollire. L'ultima immagine, aperta a mille possibili soluzioni, davanti a un paesaggio fuori fuoco atto a metaforizzare tutte le incertezze dell'avvenire, riconduce comunque il film sulla strada maestra, chiudendo un lavoro ricchissimo di pregi, luci, ombre, sfide. E soprattutto speranze.

“Find light in the beautiful sea, I choose to be happy,
You and I, you and I, We’re like diamonds in the sky.
You’re a shooting star I see, A vision of ecstasy,
When you hold me, I’m alive, We’re like diamonds in the sky.
I saw the life inside your eyes, Eye to eye, so alive.
We’re beautiful like diamonds in the sky.”

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: La vie en rose


Scheda tecnica

Titolo originale: Bande de filles
Anno: 2014
Regia: Céline Sciamma
Sceneggiatura: Céline Sciamma
Fotografia: Crystel Fournier
Montaggio: Julien Lacheray
Attori: Assa Sylla, Karidja Toure, Lindsay Karamoh, Marietou Toure
Musiche: Para One
Durata: 112'
Uscita italiana: 18 giugno 2015

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