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LA FILLE DE MONACO - Seduzione e inganno

19/9/2013

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Avvocato penalista di successo, Bertrand Beauvois si reca da Parigi a Monaco per difendere Édith Lassalle, donna di mezza età in prigione con l'accusa di aver ucciso il suo giovane amante. Il figlio di Édith, pensando che l'avvocato possa correre dei pericoli, gli assegna una guardia del corpo, Christophe Abadi, uomo di poche parole ma ligio al dovere. Bertrand ha un rapporto assai complesso con le donne: ne è attratto, ma non riesce a sviluppare rapporti semplici e duraturi con loro. Tutto cambia quando il protagonista conosce Audrey, avvenente presentatrice del meteo in una Tv locale. Bertrand perde completamente la testa per questa ragazza vorace e disibinita, una bomba erotica che sa sempre come ottenere quel che vuole. Il gioco della seduzione e i piaceri del sesso conducono l'avvocato verso strade e abitudini nuove e pericolose, e nonostante Christophe tenti in tutti i modi di farlo ragionare, l'attenzione rivolta al processo scema sempre più.
Uscito in Francia nel 2008, passato al festival di Locarno e rimasto inedito in Italia, La fille de Monaco è il quart'ultimo lungometraggio di Anne Fontaine, autrice che ormai ben conosciamo: la ricordiamo infatti, tra gli altri, per l'imperfetto ma interessantissimo Nathalie (con una conturbante Emmanuelle Béart), per il non eccelso Coco Avant Chanel, e per la discreta commedia Mon Pire Cauchemar (Il mio migliore incubo, con Isabelle Huppert). In questo caso la Fontaine concentra la sua attenzione verso i ricchi e lussuosi lidi monegaschi, per raccontarci un dramma sentimentale in cui si scontrano l'arrivismo del mondo televisivo contemporaneo e le tortuose vie relazionali di un uomo ormai oltre la cinquantina, vincente nella professione ma irrimediabilmente in difficoltà nel rapportarsi con l'universo femminile, coacervo di misteri irrisolvibili.
Bertrand è attratto dalle donne, ma fugge terrorizzato ogni volta che un rapporto inizia ad assumere connotazioni vagamente serie. La banalità dell'approccio sessuale lo disgusta, lo schematismo delle convenzioni lo annoia, la solidificazione di una storia lo spaventa. Al suo esatto opposto si pone Christophe, una guardia del corpo che ben presto diviene anche amico e confidente; un uomo semplice e immediato, per il quale il sesso è semplicemente atto fisico e soddisfacimento temporaneo, niente di più e niente di meno. Sullo sfondo di discoteche in cui si celebra la vita borghese monegasca e feste di ogni tipo, Bertrand trova all'improvviso davanti a sé la chiave per spalancare la porta di un mondo tutto nuovo, esemplificato dall'irresistibile Audrey, donna di oltre vent'anni più giovane di lui, che tenta di fare carriera con piccoli e insignificanti programma televisivi e mira a conquistare l'avvocato per assicurarsi un futuro agiato da ricca mantenuta. Audrey è il diavolo, il simbolo della sfrenata lussuria, l'involucro di carne calda da divorare per non saziarsi mai. 
“Elle est une sorcière qui m'obsède” dice a un certo punto Bertrand, consunto da una passione che lo trascina sempre più lontano dal vero obiettivo della sua trasferta in quel di Monaco, ovvero l'assoluzione della sua cliente. Ed è proprio questa scriteriata ossessione a trascinare la messinscena verso lidi che cambiano faccia con il trascorrere dei minuti, scivolando con sufficiente compattezza dagli iniziali toni da commedia verso ombre tortuose che potrebbero da un istante all'altro affogare nella tragedia.
Il lavoro di Anne Fontaine non sempre riesce ad approfondire le angolazioni caratteriali dei suoi personaggi, ma propone un impianto solido che sa scorrere con buona sostanza, cavalcando con convinzione verso un finale sorprendente, forse eccessivo, ma senza dubbio apprezzabile, nel quale l'alta marea dell'amore ricopre tratti di spiaggia che all'inizio non sospettavamo neppure potessero esistere. Per riuscire nell'intento, la regista si affida a due spalle efficaci, il bravo Roschdy Zem e la sensuale (ma un po' volgare) Louise Bourgoin, regalando anche una parte non primaria ma indispensabile a Stéphane Audran.
Tutta la pellicola si regge peraltro sull'impressionante eleganza stilistica di Fabrice Luchini, uno dei pochi attori al mondo per i quali vale sempre e comunque la pena di vedere qualsiasi film anche soltanto per la loro presenza, indipendentemente dal valore intrinseco del film stesso. Controllo, dizione perfetta, savoir faire, tenerezza, goffaggine, carisma, stupore infantile, improvvise mutazioni di tono che scavano nelle profondità dell'anima: Luchini, visto nei cinema italiani quest'anno in Nella Casa di Ozon, è una straordinaria maschera attoriale, un interprete meraviglioso e irresistibile che mai ci si stancherebbe di guardare e ammirare. Il suo sguardo allibito, nel momento in cui Audrey si sfila le mutandine da sotto la gonna e poco dopo gli sussurra all'orecchio “encule-moi”, vale da solo l'intera visione; una candida richiesta di sesso anale diventa l'incipit di un'intera notte di passione, dopo la quale, al risveglio, l'(ex) avvocato serio e professionale fluttua in una sorta di dipendenza estatica, orgiastica, onirica. “C'etait seulement du plaisir, sans limits”. 
Da lì in poi si spalancano i cancelli di un cielo colorato come le varie tonalità del Karma, accompagnato da nuvole fluide che odorano di orgasmi reiterati. Fino a quando però il sole fasullo si nasconde, lasciando spazio alla concretezza immonda e immorale della realtà.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: La vie en rose


Scheda tecnica

Regia: Anne Fontaine
Sceneggiatura: Anne Fontaine, Benoît Graffin
Attori: Fabrice Luchini, Roschdy Zem, Louise Bourgoin, Stéphane Audran
Musiche: Philippe Rombi
Fotografia: Patrick Blossier
Montaggio: Maryline Monthieux
Anno: 2008
Durata: 95'

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