Inedito in Italia ma presentato nei maggiori festival internazionali, tra cui Cannes nell’edizione 2006, The Bothersome Man è un piccolo gioiello di cinema grottesco e satirico che, seppur richiamando alcuni aspetti dello stile di Jean-Pierre Jeunet (Il favoloso mondo di Amélie, 2001) o di Jaco Van Dormael (Mr. Nobody, 2009) – messa in scena, forte caratterizzazione dei caratteri e paradossale sviluppo delle dinamiche diegetiche – guarda oltreoceano a lavori che si concentrano su mondi possibili ma non reali, deformazioni alla Matrix, Il tredicesimo piano, The Truman Show e molta narrativa fantascientifica e pulp.
Andreas, ormai quarantenne, arriva in una strana città senza avere alcuna memoria del come e del perché. Dopo pochissimo tempo si ritrova a vivere in un gradevole appartamento con un lavoro d’ufficio estremamente piacevole e leggero che gli permette, senza sforzo alcuno, di instaurare buoni rapporti d’amicizia con colleghi e datore di lavoro. Anche l’amore è dietro l’angolo e Andreas va a convivere con una bellissima donna, designer di interni, in una deliziosa casa fuori città.
Dopo poco, però, la routine del lavoro e della convivenza inizia a prendere il sopravvento e tutto si trasforma in un meccanico e noioso “galleggiare” lungo giornate in cui i sentimenti sembrano latitare. Andreas, infatti, inizia a rendersi conto che c’è qualcosa di estremamente sbagliato nella gente che lo circonda: amici, colleghi e amanti sono sempre felici, o meglio, non sembrano trasparire emozioni realmente umane. L’unica chance che gli rimane è scappare da questo luogo stranissimo e assurdo.
Come per Truman in The Truman Show, il bellissimo film di Peter Weir scritto da Andrew Niccol, la fuga del nostro protagonista è impraticabile e viene puntualmente ostentata da forze più grandi di lui. Per Andreas anche il suicidio sembra impossibile, caratteristica che rende il luogo in cui si trova metafisico e intangibile, ma anche una rappresentazione perfetta di tensioni misteriose. Il suo peregrinare gli permetterà infine di incontrare un uomo che, esattamente come lui, “sente” che vi è qualcosa di sbagliato e artificiale nella città che li circonda, un agglomerato urbano futuribile che si offre geometrico e intoccabile allo sguardo degli abitanti. Questo personaggio scopre una crepa nella sua cantina, un seminterrato con pareti di roccia, una caverna di pietra da cui si può annusare un odore buonissimo arrivare dall’esterno. Questo profumo, in una metropoli in cui tutto è sciapo e finto, senza calore e senza anima, appare, se non come l’unica via d’uscita, come l’unico possibile indizio di un altrove.
The Bothersome Man mette dunque in scena una città/grotta in cui, platonicamente, uomini e donne sono costretti – alcuni di buon grado, invece – a fruire le ombre di una realtà altra. In questo “tempo fuor di sesto” – titolo di un celebre romanzo di Philip Dick a cui sarebbe liberamente ispirato The Truman Show, e citazione dall’Amleto shakespeariano – Andreas è chiamato a rimettere in ordine il proprio luogo e tempo che sono, appunto, fuor di sesto, scoordinati.
Il regista norvegese Jens Lien mischia grottesco, realismo della messa in scena e ipotesi futuribili per realizzare un film assolutamente solido e credibile. The Bothersome Man, vincitore del ACID Award a Cannes del 2006, è una visione obbligatoria per gli estimatori del cinema nordeuropeo e della fantascienza sociologica.
Emanuel Carlo Micali
Sezione di riferimento: Eurocinema
Scheda tecnica
Titolo originale: Den Brysomme Mannen
Anno: 2006
Regia: Jens Lien
Sceneggiatura: Per Schreiner
Musica: Ginge Avnik
Fotografia: John Christian Rosenlund
Durata: 95’
Attori principali: Trond Fausa, Petronella Barker, Peer Shaanning