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MY NAZI LEGACY - Le colpe dei nostri padri

26/1/2016

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​Gennaio, giorno ventisettesimo del 1945; il terribile campo di concentramento di Auschwitz viene liberato per mano dell’Armata Rossa.
​Da allora questa data è il simbolo di una tragedia immane e, grazie alla risoluzione 60/7 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 2005, viene riconosciuta come Il Giorno della Memoria: una ricorrenza che si celebra con decenza e con spirito commemorativo, con lo scopo anche e soprattutto pedagogico di insegnare qualcosa di estremamente importante a quelle generazioni che non sono state testimoni della seconda guerra mondiale e dello sterminio ebraico, ma che hanno il dovere di evitare che ciò accada di nuovo, comprendendo che spesso gli orrori hanno origine nella normalità del quotidiano.
In una tragedia storica di questa grandezza, difficilmente la memoria – intesa come capacità mentale di accumulare, conservare e richiamare “materiali” – può essere collettivizzabile. Il vincitore ricorda e celebra come lo sconfitto? L’orfano e, viceversa, il genitore che ha perduto il figlio soldato? Il documentario che qui ci apprestiamo a presentare si pone il problema di affrontare una questione enorme: la riflessione sulla memoria individuale rispetto, e a volte in opposizione, a quella collettiva e, infine, la possibilità e l’ambiguità di un giudizio.

My Nazi Legacy, diretto da David Evans (che si è costruito una buona carriera grazie a serie televisive di notevole successo in Inghilterra) e scritto da Philippe Sands, è un’opera filmica di prepotente intelligenza che affronta il delicatissimo rapporto tra due figli e le colpe dei propri padri, Hans Frank e Otto Wächter, membri delle S.S. e fautori dello sterminio di massa di polacchi ed ebrei.
Hans Frank, anche conosciuto come “il macellaio dei polacchi”, fu un avvocato al soldo del partito nazista durante gli anni Venti e Trenta del primo Novecento. In seguito divenne consigliere personale di Hitler. Dopo l’invasione tedesca della Polonia fu comandante capo nelle nuove terre occupate. Dal 1939 al 1945 si macchiò di atroci crimini di guerra ai danni di ebrei e cittadini polacchi a causa dei quali fu poi processato a Norimberga e impiccato. Otto Wächter (Baron Otto Gustav von Wächter) fu invece un legale austriaco anche lui legato ai crimini commessi in Polonia, ma anche nella regione della Galizia. Nel 1949 riuscì ad arrivare a Roma dove, grazie a un vescovo Austriaco, e sotto le mentite spoglie di Alfredo Reinhardt, trovò rifugio nell’istituto clericale Vigna Pia, per poi morire di ittero poco tempo dopo.
David Evans decide di incontrare Niklas Frank e Horst von Wächter con lo scopo di investigare il rapporto complesso e sfaccettato che due figli di personaggi così ingombranti possono instaurare con un periodo così chiaramente condannato. Unanimità che, come si può evincere dalla visione di questo documentario, è tutt’altro che scontata. Entrambi sono consapevoli della gravità dei crimini commessi, ma il loro giudizio sembra in qualche modo influenzato dal tipo di infanzia vissuta, più dura e distaccata quella di Frank, idilliaca e pacifica quella di Wächter. I due accompagnano lo spettatore tra i luoghi di nascita, le mura domestiche e i territori di morte dove i loro avi hanno lasciato un segno indelebile. I materiali disseminati lungo la durata filmica – fotografie, lettere e, soprattutto documenti ufficiali – sono perfettamente organizzati e non sono solo atti a chiarire l’evoluzione della tragedia che l’Olocausto ha significato, ma, soprattutto nel confronto tra padri e figli, aiutano a problematizzare le evoluzioni di un rapporto, modificandone il giudizio e accrescendone l’ambiguità. 
Horst von Wächter è tra i due colui che ha più difficoltà a condannare il padre, poiché vede in lui una persona che ha tentato di difendere una parte di popolazione, quella ucraina contro l’invasione russa, dimenticando di volta in volta i misfatti e i legami con l’annientamento polacco. L’assenza del nome paterno nei documenti ufficiali, dal processo di Norimberga e una morte piuttosto pacifica certamente non aiutano a dissipare l’ambiguità con cui Horst preferisce convivere. Niklas cerca continuamente di imporre il proprio giudizio di condanna all’amico, senza però riuscirvi. 
Il baricentro di My nazi legacy, documentario che va visto piuttosto che raccontato, gravita attorno alla possibilità di un percorso soggettivo e personale rispetto a un passato tanto orribile. La condanna nostra, della macchina da presa e di Niklas trovano ostacoli ideali e sentimentali che sono però precipui per una riflessione più profonda, che lascia libertà di giudizio di fronte alla volontà da parte di Horst di non rimanere idealmente relegato nel passato, una “fuga” per alcuni inaccettabile e imperdonabile. Ma noi, sorge spontaneo, che persone saremmo e che posizione avremmo di fronte all’Olocausto se i nostri padri fossero dei nazisti?

Emanuel Carlo Micali

Sezione di riferimento: Eurocinema


Scheda tecnica

Titolo originale: My nazi legacy
Anno: 2015
Regia: David Evans
Sceneggiatura: Philippe Sands
Fotografia: Philipp Blaubach, Matt Gray, Sam Hardy
Musiche: Malcom Lindsay
Durata: 96’
Attori principali: Philippe Sands, Horst von Wächter, Niklas Frank

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