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LA ROULETTE - Un bacio ai dadi

24/9/2014

1 Comment

 
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Se fossi stata un tipo più avventuroso avrei scelto un gioco diverso, ma quando è stato il mio turno per sfidare la sorte ho scelto la desueta compostezza del Bingo. Una giocatrice mediocre fra vegliardi giocatori allettati dalla grande tombola serale. Ci avevo preso gusto, sì, ma mi bastava togliermi lo sfizio di vincere qualcosa: ho incassato cinque euro che ho speso in sigarette e ho posto fine alla mia carriera di giocatrice.
Ma ci sono storie, altre storie, più tese e più avvincenti. Michael Gordon ne sceglie una fra tante, dandoci l’impressione di aver ispezionato solo una piccola parte del vizio, solo una delle esistenza che traballano sotto il peso schiacciante dei dadi.
Sceglie una donna, Joan Boothe (Barbara Stanwyck): fresca come una rosa e curiosa come una bambina, turista assieme al marito in quella frenetica e lampeggiante Las Vegas che spicca in mezzo al deserto del Nevada come un’oasi crudele per i malati di noia. Mentre il signor Boothe (Robert Preston) lavora nei pressi di una diga, Joan va alla scoperta del grande hotel che li ospita: la sala da gioco è immancabile, con la sua cappa fumosa e i suoi tintinnii invitanti, ma non è il genere che piace a una come la signora Boothe. Si sa, tuttavia, che la noia gioca brutti scherzi, e Las Vegas sa come tenere al laccio gli annoiati.
Dapprima Joan intende scattare qualche fotografia; è morbosamente attratta dai visi imperscrutabili che si alternano attorno al tavolo da gioco. Incontra così l’ombroso Mr Corrigan (Stephen McNally) proprietario di quella esaltante fossa di perdizione: seducente e minaccioso, l’uomo propone a Joan di puntare con fiches giocattolo; ecco il primo pericoloso assaggio di un gioco dalle regole via via più chiare.
Joan le impara in fretta, queste regole; le impara pur di sottrarsi a quella noia che l’ha sempre dominata.
Così prende il via una spirale sinistra dettata dai dadi che rotolano sul tavolo verde: più di un abituale frequentatore della sala da gioco può dire di conoscere “la signora dei dadi” perché la signora dei dadi è proprio Joan Boothe. La stessa Joan Boothe che ogni mattina fa colazione all’hotel con il marito per poi salutarlo sorridendo e rituffarsi nello squallore della sua nuova, seconda vita. Ma il gioco dura poco, dura il tempo di una vacanza. Quando il signor Boothe si dichiara in procinto di ripartire, la moglie ricorre a uno stratagemma pur di restare a Las Vegas e qualche ora dopo è ancora lì, seduta al tavolo che le è tanto famigliare.
E vince.
E perde.
Perde con i propri soldi e con quelli altrui, perde le vincite, il sonno, la moralità. Il signor Boothe è un tipo sveglio e non impiega molto a scoprire la verità sul conto di sua moglie: disperato, cerca di strapparla al gioco e ricondurla all’amore.
Ha inizio un vagabondaggio che in tutto assomiglia a una tenera convalescenza. I Boothe si trasferiscono in Messico mettendo da parte anche Julia - l’odiosa sorella di Joan con la quale i coniugi Boothe convivevano da tempo – stabilendosi in una casetta semplice dove inventarsi una nuova professione alla macchina da scrivere e uscire per lunghe ore di pesca e serenità. Joan appare rigenerata e nuovamente amorevole, i dadi che tante volte ha baciato sono un fantasma sepolto e non le fanno più paura.
Ma tornano a prenderla, con la loro sadica tendenza a rimbalzare dando scossoni alla sorte.
Joan è ormai una mela marcia, ha il terrore del gioco d’azzardo ma non può starne lontana. Arriverà a bussare anche alla porta di quel Mr Corrigan che una notte di alcuni mesi prima la accolse nel suo regno di rovina e fatalità, i due giugeranno a un pericoloso accordo e, ben presto, la premurosa mogliettina abbraccerà una vita da giocatrice professionista. Scivolerà lungo gironi infernali sempre più scomodi e bassi, fino a barattare il proprio corpo pur di lanciare un paio di dadi e perdere tutto, ancora, più irreparabilmente.
Solo suo marito continuerà a cercarla per spingerla alla guarigione, e sarà la sua impresa folle e romantica a strapazzarci fino alla fine del film.
Gordon ci mostra in questo noir tutta l’affascinante decadenza di un’America che corre alle oasi nel deserto per sfogare pulsioni con i dadi in mano. Uomini e donne in fuga dalla vita, ubriachi di quelle vittorie proibite e costose che rendono più vivace la notte: un sottosuolo della società rispettabile abituata al braccio di ferro con la dea bendata e per questo derelitta, patetica, smaniosa, ridotta a caricatura di se stessa. Con abilità il regista scava nel passato di una donna, ripesca gli antichi conflitti che l’hanno portata alla noia, e pianifica la sua riabilitazione partendo da vecchie ferite mai rimarginate, dando un’infarinatura forse sin troppo psicologica alla semplice storia di dipendenza di una mogliettina solitaria a Las Vegas.
Una che non si è accontentata di un pacchetto di sigarette, e che pagherà cara la propria curiosità.

Maria Silvia Avanzato

Sezione di riferimento: Vintage Collection


Scheda tecnica

Titolo originale: The Lady Gambles
Regia: Michael Gordon
Sceneggiatura: Lewis Meltzer, Oscar Saul, Roy Huggins, Halstead Welles
Attori: Barbara Stanwyck, Robert Preston, Stephen McNally, Edith Barrett
Fotografia: Russell Metty
Anno: 1949
Durata: 99'

1 Comment
Matteo Bett
16/1/2018 12:29:39 pm

Semplicemente fantastica Missy (il nomignolo con cui Barbara Stanwyck era conosciuta, e benvoluta da tutti, a Hollywood). Grandissima!

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