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DONNE INQUIETE - All’improvviso, Robert Vaughn

15/12/2016

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Una fossetta sul mento e gli occhi scherzosi o impauriti, il cappello come western comanda o la giacca elegante. Un volto da grande e piccolo schermo, uomo con la pistola e miglior attore non protagonista: quella di Robert Vaughn è una carriera ricca di prove fra cinema e televisione, ma per molti il suo nome è legato a un paio di film soltanto. Forse non conoscevamo davvero quest’uomo con la brava stella sulla passeggiata più famosa di Hollywood, o forse abbiamo preferito innamorarci di alcuni dei volti che ci ha regalato senza pretendere di conoscerli tutti.
L'11 novembre il suo volto, i suoi personaggi conosciuti o ancora da scoprire, sono comparsi sui social unitamente alla notizia del suo decesso. Per chi lo ricordava bene, un’altra tacca luttuosa in questo 2016 che sembra falciare i grandi talenti senza tregua.
Per tutti gli altri, l’occasione per ricostruirlo attraverso i tanti film con Robert Vaughn che ancora non abbiamo visto.
Io l’ho ritrovato per caso fra le scene di un'opera che sembrava essermi sfuggita finora, nonostante la tematica trattata apparisse da subito vicina ai miei gusti: Donne Inquiete (The Caretakers), film del 1963 di Hall Bartlett.
I riflettori devono essersi spenti inesorabilmente su questo lavoro di Bartlett, liquidato da molti siti con qualche riga, debole abbozzo di una trama. Sembra che una lunga noncuranza si sia posata su questo dramma, nonostante il suo cast formidabile sfoderi una stella come Joan Crawford. E le sorprese non finiscono con lei.
Candidato all’Oscar per la miglior fotografia in b/n di Lucien Ballard, il film può contare su scene potenti, giochi di luce calibrati e un senso di angoscia dilagante, al punto che questa accuratezza nei dettagli finisce per sopperire a una trama che non è forse invecchiata nel migliore dei modi.
La netta divisione fra buoni e cattivi, in questa pellicola, rischia talvolta di lasciare perplesso lo spettatore. Presso l’ospedale psichiatrico Canterbury, luci e ombre sono ben definite: da un lato c’è il Dottor MacLeod (Robert Stack) uno psichiatra dalle idee innovatrici che lotta per promuovere nuove forme di terapia di gruppo, sbarazzandosi di lacci e strumenti di contenzione, inneggiando al dialogo. Dall’altro c’è la capo-infermiera Lucretia Terry, una vera regina delle camice di forza – chi meglio della Crawford avrebbe potuto impersonarla? – glaciale e inflessibile tiranna che addestra le giovani reclute a difendersi con le maniere forti. 
Questa allarmante inclinazione alle punizioni corporali sfocia persino in surreali lezioni di judo condotte da una Crawford in guaina nera e fisico di acciaio, decisa a tirare fuori prontezza e impeccabile tono muscolare dalle infermiere più giovani: insomma, è vera e propria autodifesa dalle pazienti e appare quasi eccessiva. Inoltre, il braccio di ferro logorante fra lo psichiatra gentile e illuminato e la tradizionalista sempre pronta ad assestare schiaffoni appiattisce ogni possibile sfumatura di carattere. I personaggi sono autenticamente buoni o irrimediabilmente cattivi, e solo alla fine del film si aprirà qualche lieve crepa nel muro dell’ostilità conservatrice. 
Il concetto altamente morale espresso dal titolo stesso, la voglia di prendersi cura di donne confuse ma ancora disposte a combattere, diventa vero messaggio dell’intero film, nel corso del quale saremo noi stessi ad affezionarci ad alcune pazienti. Dalla ninfomane sempre in vena di rispostacce volgari (Janis Paige), alla principessina schiava delle malinconie (Sharon Hugueny, qui bella come non mai), fino alla tenerezza di una attempata mamma di bambole (Ellen Corby, viso appassito e indimenticabile) e il ferreo mutismo di una ragazza sconvolta (Barbara Barrie). 
Ruolo di vera protagonista spetta a Lorna Melford (Polly Bergen), moglie rispettabile scivolata in un baratro emotivo dopo la perdita del figlio. Impossibile sorvolare sulla voce di Lorna nel doppiaggio italiano: gli amanti del genere riconosceranno subito Andreina Pagnani, la donna che diede un timbro immortale a Norma Desmond in Viale del tramonto e a molte altre eroine nere. 
Seguendo la vicenda di Lorna, che sta molto a cuore al Dottor MacLeod, conosceremo non solo la vita delle pazienti ma la quotidiana missione delle infermiere. Ancora una volta divise fra buonissime come Susan Oliver (che ameremo anni dopo in Star Trek) e spietate come Constance Ford.
In questo gineceo di donne che curano e donne che si rassegnano a farsi curare con la speranza che venga messa la parola fine alle scosse elettriche, ho dunque accolto con sorpresa l’arrivo di un uomo. Il signor Melford, sconfortato marito di Lorna, costretto a osservare il declino nervoso della donna che ama e puntualmente respinto da lei, fra urla e accuse. Robert Vaughn è quel volto: quello disperato e supplicante del giovane marito in visita che compare poche volte sullo schermo, con scatole di cioccolatini e inutili dichiarazioni d’amore.
Il Vaughn che abbiamo perso poche settimane fa era anche questo. Un versatile talento pronto a entrare in una clinica psichiatrica rincorrendo l’amore della moglie, una figura che scivola discreta nella pellicola di Bartlett per poche scene. Tenere, ben costruite, umane.
Potrebbe essere l’inizio di un’avventura per tutti: la riscoperta di un interprete che, senza mai fare troppo rumore, ha attraversato numerosi film ancora da vedere.
Oggi abbiamo un motivo in più per andare a cercarli.

Maria Silvia Avanzato

Sezione di riferimento: Vintage Collection


Scheda tecnica

Titolo originale: The Caretakers
Anno: 1963
Durata: 97'
Regia: Hall Bartlett
Sceneggiatura: Henry F. Greenberg
Fotografia: Lucien Ballard
Musiche: Elmer Bernstein
Attori: Robert Stack, Polly Bergen, Diane McBain, Joan Crawford, Constance Ford, Robert Vaughn

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