Nato a Madrid nel 1930, era un regista ormai di culto, estremamente prolifico (ben 199 i titoli al suo attivo, a volte firmati sotto pseudonimo), assai discusso e, in primo luogo, sottovalutato, al pari di altri grandi della cinematografia di genere come Lucio Fulci, ostacolati e attaccati per tutta la vita, per poi essere in seguito riscoperti dopo la loro morte: non è dato sapere se ora che Jess non c’è più, il suo cinema potrà finalmente godere della rivalutazione e dell’attenzione che merita, anche al di là della cerchia di estimatori che l’hanno sempre apprezzato. È stato spesso definito artefice di film scadenti e senza valore da una critica snob e sostanzialmente cieca, poiché le qualità delle sue opere vengono prepotentemente alla luce, al di là di facili accademismi e giudizi morali beceri e obsoleti.
Jess Franco fu, in primo luogo, uno sperimentatore visivo; nel suo lavoro mise a frutto le svariate esperienze e collaborazioni che lo accompagnarono nell’arco della sua carriera: cinefilo accanito, cultore di autori come Orson Welles, Fritz Lang e John Ford, le radici della sua Arte affondano dunque in luoghi lontani dagli exploitation movies per i quali è maggiormente noto, nei quali ha saputo infondere una non comune attenzione per la forma, la fotografia, il lavoro sul colore. La musica è un'altra componente fondamentale nonché una sua grande passione, in quanto studiò come compositore e fu anche pianista e strumentista jazz: di questo genere musicale si ritrova il gusto per l’innovazione, gli accostamenti inediti e la raffinatezza delle scelte.
Collaborò con Orson Welles, uno dei suoi pilastri cinefili, per un cortometraggio, La Isla Del Tesoro (1966): l’incontro col genio statunitense fu determinante per il cineasta andaluso, poiché è proprio in quegli anni che la sua opera divenne più che mai personale, liberata e liberatoria. Delirium (1968) resta, a tutt’oggi, una della sue pellicole più rappresentative: in gran parte improvvisato sul set, dunque senza il nerbo della sceneggiatura, è il suo primo horror-erotico, onirico e visionario, uno dei manifesti di quell’incessante ricerca visiva che sarà una delle prerogative dei suoi lavori più felici.
Se si parla di Jesús Franco, non si possono non citare le sue due muse, Soledad Miranda e Lina Romay, sinistre icone erotiche dal fascino inquietante: la Miranda è stata protagonista del film più conosciuto del regista, per quanto da lui non troppo amato, Vampyros Lesbos (1971), trasposizione al femminile del Dracula di Stoker, nel quale l’attrice spagnola recitava la parte di una vampira ammaliante e aristocratica. Soledad morì tragicamente, a soli 27 anni, in un’incidente d’auto, e come sempre avviene con i trapassi prematuri e violenti, la scomparsa contribuì al suo status di personaggio di culto tra gli amanti di un certo cinema.
Lina Romay ebbe un ruolo assai importante sia nelle opere che nella vita di Franco, poiché ne fu la compagna per quasi quarant’anni, fino alla sua morte, avvenuta nel 2012 dopo una lunga malattia; impossibile non ricordarla in Un Caldo Corpo di Femmina (1973), anche lei vampira dalla carnalità irresistibilmente fatale.
Jess ci ha lasciati dunque, a poco più di un anno dalla scomparsa della donna che gli fu accanto per gran parte della sua vita, regalandoci un’eredità cinematografica numericamente monumentale, dai risultati discontinui, ma con alcuni picchi d’eccellenza, in cui eros, orrore e visionarietà sono stati amalgamati con sapienza. Un autore da riscoprire, per tutti coloro che l’hanno sempre liquidato come regista di poco conto, senza soffermarsi su quanto la sua opera sia stata, e sarà sempre, un punto di riferimento nella cinematografia di genere del Vecchio Continente.
Chiara Pani
Sezione di riferimento: Eurocinema