Clément Cogitore e il suo sceneggiatore Thomas Bidegain (Il profeta, Un sapore di ruggine e ossa, Dheepan di Jacques Audiard) partono da lontanissimo con Ni Le Ciel Ni La Terre, presentato al TFF nella sezione Torino Film Lab e interpretato da giovani attori francesi già affermati (il dardenniano Jérémie Rénier) o in rampa di lancio (Kevin Azais, Les combattants), attualizzando un'antica leggenda che dà il titolo ad una sura del Corano, detta per l'appunto “sura della caverna” dove, questa volta, i sette sono quattro soldati francesi e tre talebani. Ascrivibile al filone dei war movies, nell'opera prima del regista francese invero sono l'arte della guerra e le tecnologie il fulcro narrativo.
Siamo in Afghanistan e, avvicinandosi il ritiro delle truppe, il capitano dell'esercito Antarès Bonassieu e la sua squadra sono assegnati a una missione di controllo in una valle remota del confine Warkhan, alla frontiera con il Pakistan. Nel mezzo, un piccolo e pacifico villaggio di pastori, scrutati nel piccolo delle mansioni giornaliere e nei momenti di raduno collettivi, a cui partecipano anche i militari, in sintonia con i loro bisogni e attenti al quieto vivere. L'occhio di Cogitore inquadra con rigore estetico tenendosi a distanza e concedendosi il tempo dovuto a catturare il silenzio assordante che scorre tra le rocce desertiche; tutto tace, salvo qualche colpo di avvertimento ai locali, gli unici attimi in cui si attenuano staticità e solitudine.
Ben presto però affiora sullo schermo l'aspetto ritualistico, l'imprescindibile fedeltà al valore soprannaturale della religione, vero primo punto di rottura nell'opera quando reale e immaginario si mescolano dando vita a un'altra battaglia, più sottile, ma altrettanto vitale. Dapprima il cane, poi alcuni soldati in rapida sequenza; l'oscurità inghiottisce chi cede alla stanchezza sulla terra di Allah; la si può presidiare, scandagliare in ogni angolo o altura, ma è vietato assopirsi, pena la scomparsa in un non luogo sconosciuto, come rivela un giovane al comandante. Bonassieu ostenta sangue freddo, ma il suo volto e quello dei sopravvissuti celano una paura contagiosa, tormentati tutti dallo stesso sogno, e ostinatamente alla ricerca di una verità ineffabile.
Lo sguardo dell'autore, da testimone in disparte a compartecipe della vicenda, avanza senza inciampi sviluppando un dramma ricolmo di tensione e misticismo, che muove oltre ogni consueta rappresentazione filmica del tema vista finora. Ha ragione Cogitore quando afferma che “il modo in cui facciamo la guerra racconta anche chi siamo”. Uomini inquieti e inermi di fronte al pensiero della morte, che adoperano sistemi di sorveglianza all'avanguardia ed esperienza sul campo tuttavia inefficienti; paradigmatica la scena in cui, alla luce del sole, un gruppo di ribelli islamici mimetizzati sbuca fuori a ridosso dei francesi, affetti da cecità percettiva.
Alla fine le due fazioni rivali si alleano, ma nelle profondità sotterranee non vi è null'altro che vuoto, metaforicamente senza fine, ovvero la possibilità stessa del cinema di rappresentare l'irrappresentabile; il suo peculiare modo di trascendere il reale per raccontare una speranza, forse, soltanto pensata e ragionevolmente utopica. Il film nella sua parte conclusiva sussurra la riflessione in maniera diretta, a dimostrazione di come lo stile del giovane Cogitore, videoartista e fotografo oltre che regista, risente dell'uso della voice off d'ispirazione godardiana, ribadendo il suo personale mondo che non sta né fuori, né dentro quello che conosciamo.
E se di colpo le guerre svanissero nel nulla?
Vincenzo Verderame
Sezione di riferimento: Torino 33
Scheda tecnica
Titolo originale: Ni Le Ciel Ni La Terre (The Warkhan Front)
Anno: 2015
Regia: Clément Cogitore
Sceneggiatura: Clément Cogitore, Thomas Bidegain
Fotografia: Sylvain Verdet
Musica: Eric Bentz, Francois-Eudes Chanfrault
Durata: 100'
Attori: Jérémie Rénier, Kévin Azais, Swann Arlaud, Marc Robert