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TORINO 33 - Nasty Baby, di Sebastian Silva

26/11/2015

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Immagine
Freddy (Sebastián Silva), artista a Brooklyn alle prese con un progetto di videoarte, e il suo compagno Mo stanno cercando disperatamente di diventare genitori e ci provano con l’aiuto di un’amica, Polly (Kristen Wiig), donando alternativamente il proprio seme nel tentativo di far sì che la donna resti incinta. Una situazione che definisce e traccia un’idea allargata e labile di famiglia, dove i confini tra i singoli ruoli si fanno sempre più sfumati e la tensione, complice una situazione non proprio rassicurante e tradizionale, è sempre sul punto di esplodere e di generare attriti e frizioni. 
Nel frattempo un vicino di casa, soprannominato il Vescovo, non si lascia sfuggire un’occasione che sia una per palesare la propria ostilità, con una ferocia e un’irruenza che condurrà la vicenda verso conseguenze a dir poco tragiche, spostando nuovamente gli equilibri e costringendo il triangolo familiare a un ulteriore riassetto. 
Sono queste le premesse da cui muove Nasty Baby, il nuovo film del talentuoso regista cileno Sebastián Silva (qui anche attore), rappresentante di una cinematografia e di un continente in perenne e inarrestabile crescita cinematografica. L’autore di La Nana (Affetti e dispetti), con vitalità coinvolgente, mette in campo un’idea di messa in scena capace di lasciare sinceramente stupefatti per la propria carica propulsiva di sincerità e schiettezza, per l’abilità di parlare attraverso immagini mai chiuse e definite ma sempre in divenire, come se si trattasse di un flusso costante, all’insegna di una circolarità mai geometrica o asfittica. 

Silva è chiaramente un regista eccentrico, nel senso migliore del termine: rifiuta il convenzionale per lavorare sulle sporcature e sulle contraddizioni dei propri personaggi e delle proprie storie con un maggior senso di verosimiglianza e di aderenza psicologica, e le sue immagini, così fluttuanti e prive di punteggiatura, sembrano assecondare in maniera organica tale volontà. Un regista singolare e prezioso in grado di parlare e di dire moltissime cose all’interno di una sola inquadratura, giocando su una scelta di campo o anche solo sull’utilizzo del fuoco dell’immagine: il risultato è una prossimità tattile ed epidermica da parte di chi guarda verso ciò che accade sullo schermo, una vicinanza che non è solo frutto di un naturalismo improvvisato, come si potrebbe pensare, ma di uno stile forte e ricercato, voluto e inseguito, studiato e intelligentemente calibrato. 
Presentato in anteprima al Sundance Film Festival nel 2015 e al Festival di Berlino, dove si è aggiudicato il Teddy Award come miglior film a tema LGBT, Nasty Baby, passato al TFF 33 nella sezione Festa Mobile, è un dramma familiare che si fonde con un mélo queer in interni, ma l’aspetto più interessante è che entrambi i generi vengono forzati e privati dei loro canoni costitutivi per approdare a qualcosa d’altro, di più autentico e meno schematico: una disamina del disagio affettivo della contemporaneità, articolato all’interno di uno scenario esistenziale e umano nel quale il senso di inadeguatezza di ognuno in rapporto al proprio ruolo non può che essere al grado massimo, viste e considerate le premesse già citate.

Silva però ha il pregio enorme di evitare le scorciatoie, lavorando sullo stupore e sulle sottigliezze, sulla vita di ogni giorno e le sue goffaggini idiosincratiche, senza mai optare per una staticità osservante e giudicante ma scegliendo sempre il dinamismo, l’evoluzione, l’assenza di risposte monolitiche e immutabili a interrogativi che invece sono spesso e volentieri ampli e complessi. 
Senza mai urlare alcuna militanza, ma con una forza sottile e spesso sommessa nell’affrontare gli argomenti che tratta, Nasty Baby, prodotto peraltro dal faro del cinema sudamericano nonché connazionale di Silva Pablo Larrain, è un film che trasforma la famiglia in un’arena allargata, in cui i bollini e le semplificazioni non trovano asilo ma tutto sta al passo con la complessità del mondo di oggi, con le sue esigenze e le sue innegabili, improcrastinabili urgenze. Tra immaturità e isteria, tra ossessione e disincanto, con dosi non indifferenti di nevrosi e un tocco finale di tragedia che può sembrare una svolta narrativa facile e comoda ma in realtà serve soltanto a ricordarci che siamo vivi e reali, assoggettati tutti quanti alle minaccia brutale e inspiegabile dell’intolleranza.

Davide Eustachio Stanzione

Sezione di riferimento: Torino 33


Scheda tecnica

Regia: Sebastián Silva
Interpreti: Sebastián Silva, Tunde Adebimpe, Kristen Wiig, Reg E. Cathey, Mark Margolis
Sceneggiatura: Sebastián Silva
Fotografia: Sergio Armstrong
Musica: Danny Bensi, Saunder Jurriaans
Anno: 2015
Durata: 101’

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