Accanto ad opere conosciute e idolatrate a ogni latitudine come Blade Runner, Brazil e Arancia Meccanica, ne sono state inserite altre decisamente meno note al grande pubblico che meritano ampiamente di essere riscoperte e apprezzate. The end of august at the Hotel Ozone fa parte di questa categoria e ne è un fulgido esempio.
Ambientato quindici anni dopo un terribile conflitto termonucleare che ha ridotto il mondo a una vasta e desolata landa desertica, ha per protagoniste un gruppo di giovani donne cresciute allo stato brado, guidate da una più anziana che ancora ricorda com’era la terra prima della catastrofe. Silenziosa, saggia e dolente accompagna le ragazze attraverso terre abbandonate e disabitate in cerca di altri esseri umani, fino ad incontrare un giorno un uomo anziano dai modi gentili e pacifici che le accoglie nel malandato hotel Ozone.
Un dramma sci-fi post atomico appartenente al filone della Nová Vlna, corrente cinematografica cecoslovacca che trae ispirazione dalla Nouvelle Vague francese, davvero sorprendente e plumbeo. Uscito nel 1967, girato in un magnifico b/n e realizzato con parsimonia di mezzi ma con una messa in scena potente ed efficace e un’ambientazione ricercata e suggestiva.
Particolarmente ispirata e azzeccata la caratterizzazione della piccola comunità femminile, composta da giovani donne che non hanno più alcun ricordo o parvenza del mondo civilizzato. Sono come bambine: ingenue, curiose, a volte terribilmente crudeli. Sembrano quasi delle amazzoni prive di sentimenti cresciute come creature selvatiche: forti, atletiche, ottime cavallerizze e cacciatrici spietate e letali. Violenti e brutali non riescono a distinguere il bene dal male, a differenza della donna anziana che le guida come meglio può. L’uomo è quasi bandito ed escluso da questo ipotetico e cupo scenario futuro; vi fa capolino solo nella seconda parte del film, tramite la figura bonaria, fragile e umanissima del vecchio che ospita il piccolo gruppo femminile, esponendosi in tutta la sua vulnerabilità alla loro ferocia e durezza.
Nel vederle - poco prima che scorrano i titoli di coda – ripartire per le terre selvagge e deserte in cerca di altri esseri umani, si ha come un brivido al pensiero che possano incontrare uomini altrettanto disumani e crudeli dando il via ad una nuova progenie. Forse l’umanità - o perlomeno questa umanità - merita davvero di estinguersi, come sembra comunicarci la cinepresa del regista ceco Jan Schmidt, che in un contesto così desolato e sconfortante salva soltanto le figure dei due anziani, ottimamente interpretati da Ondrej Jariabek e Beta Ponicanová, gli unici in grado di provare sentimenti autentici e genuini.
Un’opera ispirata, forte e intensa che testimonia il buono stato di salute del cinema cecoslovacco di quel periodo, dove si stava facendo strada un maestro del calibro di Milos Forman che di lì a breve sarebbe stato acclamato a livello internazionale grazie a titoli come Qualcuno volò sul nido del cuculo, Hair e Amadeus, realizzati negli Stati Uniti.
Boris Schumacher
Sezione di riferimento: Torino 33
Scheda tecnica
Titolo originale: Konec srpna v Hotelu Ozon
Anno: 1967
Regia: Jan Schmidt
Sceneggiatura: Pavel Jurácek
Fotografia: Jirí Macák
Musiche: Jan Klusák
Durata: 87’
Attori principali: Jitka Horejsi, Ondrej Jariabek, Beta Ponicanová