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TORINO 33 - Phantom Boy, di Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol

1/12/2015

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Immagine
Li avevamo lasciati nel 2010 in compagnia di Un gatto a Parigi, e li ritroviamo in trasferta ideale a New York cinque anni dopo, Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol: il loro nuovo Phantom Boy è infatti ambientato in una stilizzata Grande Mela, divisa fra grattacieli e più meste aree portuali, ma dove si parla il francese e i ritmi sono più da polar che da frenetica metropoli. A far da ponte tra le due suggestioni c'è il cattivo di turno, un genio dei computer che minaccia il black out totale e chiede perciò un riscatto, con il suo volto sfigurato e ridotto a una maschera cubista. A contrastarlo ci sarebbe il detective Alex, ma è hitcockianamente bloccato in un letto d'ospedale da una gamba ingessata. 
Per sua fortuna c'è il piccolo Léo, anche lui in ospedale per un'operazione, che, a dispetto dei problemi fisici, ostenta un carattere vivace e amante dell'avventura. Il ragazzo ha un segreto: riesce a “uscire” dal suo corpo, diventando uno spirito invisibile che può per questo inseguire i malfattori e riferirne ogni movimento. Una condizione da supereroe “a metà”, che sposta il tono del racconto dal noir all'avventura a tinte fantastiche, dove l'azione non è mai frenetica perché sempre mediata dalla parola.
L'operatività è non a caso produttiva laddove è capace di creare narrazione: il cattivo di turno, infatti, prima ancora di mettere in atto il suo piano malvagio, cerca un pubblico che ascolti la sua storia e comprenda cosa ha trasformato il suo viso nella tragica maschera che ormai lo identifica, ma ogni volta le interferenze del caso impediscono al ricordo di esprimersi oralmente. Al contrario, Léo, sebbene immobile nel corpo, può ritornare a vivere grazie al resoconto verbale delle sue ricognizioni extra corporee, che quindi lo rendono un protagonista attivo, sebbene defilato perché impossibilitato ad agire materialmente su quanto accade. Il suo potere reale sta nel racconto di ciò che vede e che quindi, in opposizione alla mancata espressione verbale del cattivo, lo rende protagonista virtuoso e lo affranca dall'altrimenti triste condizione di immobilità.
​
Tutto è perciò “bloccato” in un'azione negata che si fa gioco di strategie destinate a diventare attive non più attraverso l'azione, ma con la forza della parola che genera racconto e mitopoiesi: non a caso, l'intera vicenda di Phantom Boy esalta quanto è nascosto alla dimensione pubblica. Il cattivo di turno minaccia il mondo da un nascondiglio introvabile e, di fatto, non entra mai in contrasto diretto e materiale con chi tira le fila del potere (che anzi è spiazzato e non sa come agire). Al contrario, tutto è affidato a un ragazzo invisibile insieme a un poliziotto immobilizzato – unica presenza d'equilibrio è quella di Mary, giornalista d'assalto che segue le direttive di Alex senza però comprendere fino in fondo il suo legame con Léo.
Il racconto si stratifica in questo modo, e il lavoro di scrittura si fa perciò teoricamente forte: come necessario bilanciamento la messinscena si fa invece leggera, il tratto è essenziale, vicino alle suggestioni veicolate da tanto fumetto delle aree francofone (si pensi al più noto Hergé, il creatore di Tintin) e la stilizzazione dello spazio riesce a restituire un certo sentire sensibile e poetico. Allo stesso tempo viene esaltato un continuo gioco delle trasparenze, con il fantasma di Léo visibile eppure non visto da alcuno, che perde persino la sua minima consistenza se resta troppo tempo separato dal corpo.
Ad aiutarlo non può che essere la sorella minore, altro personaggio defilato eppure centrale per il forte legame con Léo, tarato anch'esso sull'importanza della narrazione. Ogni volta che può, infatti, lui le legge una fiaba della buonanotte e si configura perciò ai suoi occhi, ancora una volta, come figura in grado di creare mitopoiesi.
​Naturalmente, nell'intelligente gioco di rovesciamenti di prospettive e controcampi che gli autori portano avanti per tutta la durata della narrazione, sarà proprio la piccola a fornire a Léo l'ultimo e necessario appiglio verso il reale: il ragazzo, infatti, si salverà dall'oblio proprio diventando protagonista di una delle favole tanto care alla piccola, rinsaldando l'andirivieni continuo fra realtà e sogno, fra dimensione fantastica e mondo vero, fra la concretezza di una vicenda che ci parla di problemi reali (malattia, criminalità, virus informatici) e la forza creativa di una narrazione che riesce a trasfigurare tutto in poesia. Anche per questo, una storia così complessa non può che offrirsi con il garbo del racconto a misura di bambino.

Davide Di Giorgio

Sezione di riferimento: Torino 33


Scheda tecnica

Titolo originale: id.
Anno: 2015
Regia: Jean-Loup Felicioli, Alain Gagnol 
Sceneggiatura: Alain Gagnol 
Fotografia: Izu Troin 
Musica: Serge Besset 
Durata: 84'
Attori (voci): Édouard Baer, Jean-Pierre Marielle, Audrey Tautou, Jackie Berroyer

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