L’intero film si snoda attorno a due distinti rami nella vita e nella mente di Kuklinski: la famiglia e i delitti, cioè il lavoro. Il regista Ariel Vromen divide e racconta questi due aspetti legati alla figura dell’unico protagonista mettendo costantemente a confronto e seguendo la creazione del nucleo familiare – il matrimonio con Deborah, la nascita delle figlie e i piccoli eventi che ogni giorno accadono nel privato – con la sempre più inquietante scia di sangue che il sicario lascia dietro di sé.
Si tratta di mondi apparentemente separati e divisi, anche in una mente disturbata come quella di Kuklinski, che è in grado di sezionare un corpo e poi togliere i panni dell’assassino non appena rientra in casa e diventa il padre di famiglia e il marito che ci si aspetta da lui. La morte è un lavoro condotto con metodo e lucidità, mentre la vita si svolge e si dipana nella normalità delle mura domestiche. Ciò che sconvolge è proprio questa ambivalenza, la dualità in Kuklinski e la sua capacità di seminare uccisioni nel corso degli anni, senza far mai convergere la sua personalità omicida con quella di padre e marito. Non c’è molto altro da dire, in effetti, sullo script, che si limita a giocare su questi due livelli e contesti, e che semplicemente registra gli eventi nella vita del protagonista dai primi delitti fino all’arresto.
Ciò che emerge con più forza, e che è forse l’elemento più interessante in questa atipica biografia del male, è che Richard Kuklinski non può essere veramente considerato un serial killer, in quanto ogni assassinio avvenuto per sua mano è stato la conseguenza di una scelta propria o della mafia, che lo aveva ingaggiato. Kuklinski non è uno psicopatico e non c’è nulla che riconduca alla definizione di un simile profilo. Psicotico, maniaco del controllo, narcisista, aggressivo. Ma non seriale.
The Iceman è stato nella realtà un killer a pagamento che, si conta, possa aver ucciso nella realtà tra 33 e 250 persone. L’inquietante soprannome gli fu attribuito per la sua pratica – sviluppata negli anni – di congelare i cadaveri, in modo che la polizia non potesse poi risalire alla data della morte. In verità, è proprio la figura di Richard Kuklinski che ci viene presentata come quella di un assassino spietato e gelido, legato solo alla famiglia e a pochi vincoli morali (“non uccido donne e bambini”). È davvero un uomo di ghiaccio colui che lascia invocare Dio a una delle sue vittime e poi spara affermando che Dio non si è palesato in suo soccorso. Un killer dalla doppia vita che si nasconde dietro la perfetta facciata dell’uomo d’affari, con moglie e figlia amorevolmente accudite e perfino orgogliose di lui.
The Iceman è un gangster movie che cerca di riproporre, più che rievocare, lo stile di Scorsese. L’ambientazione tra anni ’70 e ’80 richiama invece, come fa giustamente notare Peter Brashaw sul «The Guardian», i colori e i toni cronachistici di Zodiac di Fincher. A Vroman manca però la mano per dipingere un affresco d’ambiente e personaggi efficace come Quei bravi ragazzi, così come gli manca la capacità di tradurre una storia vera in un poliziesco o in un noir realmente avvincente. La sceneggiatura sembra a volte stringersi troppo attorno alla figura di Kuklinski tralasciando di curare la tensione narrativa. Ma non è nemmeno un errore, tutto considerato. In un film difficile (per temi, mancando per forza di cose la ricerca di una connessione empatica con lo spettatore) e fragile (per mancanza di autorialità) come The Iceman, l’importanza di un protagonista come Michael Shannon è fondamentale. È grazie a lui, alla sua performance straordinaria, potente e fisica, che il film si anima e trova il suo senso. In questo il regista è abile: cattura un attore così eccentrico, capace, dal volto irregolare, imprevedibile, e ne segue l’evoluzione – o se vogliamo l’involuzione – nelle azioni e nella psicologia, osservandone la parabola discendente verso l’inesorabile declino e la condotta in carcere.
Arricchito dalle piccole partecipazioni di Ray Liotta, Stephen Dorff, James Franco e Chris Evans (quest’ultimo irriconoscibile nel ruolo di un sicario troppo entusiasta del suo lavoro), The Iceman lascia l’impressione di un film ottimamente interpretato, con una buona ambientazione e complessivamente ben riuscito, ma che si ferma a mettere in scena la pagina di cronaca senza trasformarla in metafora, che sia della storia, dell’umanità, dell’orrore, o della vita stessa.
Francesca Borrione
Sezione di riferimento: America Oggi
Scheda tecnica
Titolo originale: The Iceman
Anno: 2012
Regista: Ariel Vromen
Interpreti: Michael Shannon, Winona Ryder, Ray Liotta, Stephen Dorff, David Schwimmer, James Franco
Sceneggiatura: Ariel Vromen, Morgan Land, dal romanzo “The Iceman: The True Story of a Cold-Blooded Killer” di Anthony Bruno
Fotografia: Bobby Bukowski
Durata: 102'
Uscita italiana: 5 febbraio 2015