Il lavoro di Damien Chazelle (ex batterista che ha attinto da esperienze personali) si pone proprio in questo intervallo a metà strada fra il realismo della pratica più dura e la naturale tendenza al sopra le righe, tipica dei racconti basati su un tono ossessivo ed estremo. Una ricerca che permette al confronto fra il promettente allievo Andrew (un convincente Miles Teller) e lo spietato insegnante Fletcher (il grande J. K. Simmons), di riverberare sentimenti compositi, a tratti ambivalenti, seppur incanalati in un crescendo abbastanza prevedibile nel suo andamento.
L'ambizione evidente di Chazelle è quella di dare forma a una vicenda molto chiara nei suoi presupposti e nel fine, ma che sia capace di aprirsi alle deviazioni del caso, offerte dal magmatico incontro dei sentimenti e delle passioni. Un'unica idea e le sue possibili applicazioni, insomma, come appare evidente sin dal titolo, che rimanda al brano di Don Ellis eseguito dal protagonista nelle sue sessioni di prova, ma anche alla frustata (metaforica) imposta dall'insegnante con i suoi metodi di lavoro spietati e la maniacale ricerca della perfezione. La precisione della tecnica e la disciplina ferrea che ne deriva, si contrappongono così alla fuggevole spinta dei delicati equilibri dell'animo umano, in un gioco di rimpalli fra realismo e impalpabilità tipico del filone, ma che riesce a rivelarsi anche molto personale.
Sarà per questo che il film ha più forza quando persegue la strada della trasversalità emotiva e il fronte delle possibilità si apre agli opposti: c'è il gesto fisico del picchiare sulla batteria che descrive il campo su cui si gioca la partita per il successo, ma tutto attorno si aprono le ambiguità di animi che sono o appaiono sempre cangianti. Il protagonista Andy è infatti determinato ma volubile, goffo con le ragazze, indeciso in amore e in perenne oscillazione fra il “troppo veloce” e il “troppo lento” nell'esecuzione dei pezzi. La sua figura è continuamente disallineata rispetto ai vari contesti che attraversa: estraneo a una famiglia che non ne apprezza le scelte artistiche, novizio nella sua classe di musica, Andrew ama e odia, cerca l'amore e poi lo respinge, è presuntuoso ma costretto all'umiltà, vittima ma poi artefice del licenziamento di Fletcher. Soprattutto è un personaggio che cerca nella musica una stabilità di ruolo in grado di definirne la presenza nel mondo. La sua letterale via crucis fatta di sangue, sudore e lacrime si configura infatti come un modo per ribadire il proprio esserci in un universo altrimenti per lui inafferrabile e fuori da ogni orizzonte.
Il tirannico insegnante Fletcher, invece, è spietato nel lavoro, ma periodicamente offre spiragli di umanità, piange per un allievo morto, si presenta complice prima delle sessioni salvo poi esplodere d'ira, spesso impartisce lezioni esemplari che valgono più per l'esempio che per il risultato, e arriva al gesto volubile ed estremo (e abbastanza assurdo) di sabotare l'esibizione della propria band solo per far sbagliare l'allievo più odiato. Un gioco, il suo, tra debolezza e forza, che pure appare tanto imprevedibilmente libero, quanto attentamente studiato per far abbassare la guardia all'avversario e colpire più duro.
La frontalità dello scontro confina l'uomo nel ruolo indiscutibile del “cattivo” e lo pone sulla stessa lunghezza d'onda di altre celebri figure autoritarie, come l'infermiera Retched di Qualcuno volò sul nido del cuculo, il sergente Foley di Ufficiale e gentiluomo o l'istruttore Hartman di Full Metal Jacket: la caratterizzazione aggressiva, ma al contempo sorniona di J. K. Simmons, però, erode in parte la monodimensionalità del personaggio, che si fa banco di prova per sperimentazioni sul tono del racconto e sulla voglia di unire registri più drammatici con parti più leggere e persino divertenti. Il lavoro compiuto dall'attore sulla forza della voce e sui movimenti plastici del corpo, si accompagna alla figura glabra e perennemente in nero, che tende a levare fisicità, amplificando il gioco delle contrapposizioni.
Chazelle non fa mistero di voler quindi dare forma a un'opera jazzata nella sua continua ricerca di stimoli in grado di fornire nuovi spunti, tanto da spezzare il crescendo narrativo in più parti. C'è infatti un primo movimento tutto giocato sul percorso formativo di Andrew, in quanto uomo e musicista. A questo segue il classico momento del perdersi, in cui ogni ambizione si infrange di fronte all'insormontabile incalzare degli eventi. E infine arriva il riscatto, con una performance tanto incredibile quanto appunto in grado di sancire il passaggio dall'imprevedibilità fragile della vita alla certezza dello scopo prefigurato fin dall'inizio.
Il montaggio segue gli eventi cadenzandoli con un ritmo quanto più musicale possibile, frenando a tratti le possibilità più libere e deliranti (siamo lontani dai vertici di uno Scarpette rosse o de Il cigno nero), ma assicurando un'emotività costante, in grado di determinare il favore del pubblico, che puntualmente sta rispondendo con molto entusiasmo. Come a ribadire il delicato gioco degli equilibri, anche la storia dietro il film ha un suo percorso a metà fra la concretezza del lavoro e l'inafferrabilità delle giuste occasioni: rimasto a lungo nel limbo delle Black List (quei progetti che restano “in giro” e nessuno si decide a finanziare), Whiplash ha dapprima preso forma nel formato del cortometraggio, raccogliendo così il consenso necessario a favorire infine la dimensione definitiva del lungo.
Davide Di Giorgio
Sezione di riferimento: Torino 32
Scheda tecnica
Titolo originale: Whiplash
Regia: Damien Chazelle
Sceneggiatura: Damien Chazelle
Attori: Miles Teller, J. K. Simmons, Melissa Benoist, Austin Stowell
Fotografia: Sharone Meir
Montaggio: Tom Cross
Anno: 2014
Durata: 106’