Il film è un opera corale, dalla trama intricata, che si discosta dal poliziesco di genere per la scrittura; un avvio al cardiopalma con tanto di irruzione stile swat non è l’inizio di una frenetica serie di sparatorie o inseguimenti, l’azione è presente ma dosata in ottime scene crude e improvvise, e lascia spazio a una narrazione che favorisce l’approfondimento psicologico dei personaggi. Il cast è ampio, sono tante le trame e le sottotrame che si intersecano dando origine a un plot complesso privo di un protagonista dal minutaggio preponderante.
La miccia si accende con un’operazione di polizia andata male che scatena la voglia di rivalsa degli agenti per un collega ferito; una caccia all’uomo non per consegnare il colpevole alla giustizia ma per vendetta, in una spirale di violenza che porterà alla luce corruzione e segreti. Sullo sfondo le vicende di due bande rivali parte di una narrazione dove tutto, personaggi, azioni e conseguenze sono destinati a un incontro-scontro.
Al centro di tutto questo c’è Nassim, figlio tredicenne di una coppia di immigrati, desideroso di conquistarsi la fiducia del suo eroe Thorsten capobanda in libertà vigilata, che in una quotidianità fatta di vessazioni e soprusi diviene il modello distorto a cui aspirare per avere rispetto. Il ragazzo è uno dei personaggi più interessanti della pellicola: i suoi desideri e le sue azioni intrise di un machiavellismo ingenuo, perché solo parzialmente consapevole, porteranno a conseguenze drammatiche, figlie di una malata ricerca di accettazione. Il risultato è una spirale in cui verranno risucchiati tutti i protagonisti dell’azione.
La sola apparente ancora di salvezza è offerta dalle uniche due figure femminili presenti nel film: una cerca di evitare al suo compagno un futuro così simile al passato che gli ha distrutto la vita, l’altra (poliziotta) cerca di frenare questa spietata caccia all’uomo così lontana dalla legge e così simile al mondo criminale che insegue. Il confine fra potere e giustizia diventa labile come la personale percezione del ruolo istituzionale che si riveste, tematiche quanto mai attuali nelle cronache contemporanee e significative del contrasto tra l’interpretazione soggettiva e le reali possibilità di applicazione della legge (“Se facciamo passare questa merda che differenza c’è tra noi e loro ?” - “Che noi possiamo”).
The Kings Surrender è un climax discendente in cui tutti prima della fine dovranno guardarsi allo specchio, fare i conti con se stessi e scegliere se e fino a che punto scendere a compromessi.
Immagine emblematica della pellicola è la foto ricordo della serata al pub in cui poliziotti e criminali festeggiano insieme, dimenticando i ruoli che li separano ogni giorno; annullata la dicotomia buoni/cattivi restano solo persone e scelte giuste o sbagliate.
Luigi Locapo
Sezione di riferimento: Torino 32
Scheda Tecnica
Titolo originale : Wir waren kӧnige
Anno : 2014
Regia : Philipp Leinemann
Soggetto : Philipp Leinemann
Fotografia : Christian Stangassinger
Montaggio : Max Fey, Jochen Retter
Durata : 107’
Interpreti principali : Ronald Zehrfeld, Misel Maticevic, Tilman Strauß, Oliver Konietzny, Mohamed Issa