Presentato come il primo film selezionato per il concorso del 32° TFF e vincitore di un premio minore a Berlino, Violet si rivela, come già avvertibile dalla sinossi ufficiale, una delusione annunciata e relativa.
L'esordiente Bas Devos non è interessato a una narrazione “classica”, ma conduce quest'ultima tra tocchi e accenni, e il racconto sembra interessargli limitatamente rispetto al lavoro sulle immagini. Al contempo, però, nei momenti più interessanti, queste immagini si legano più significativamente alla narrazione, mentre altre volte sembrano viaggiare libere, in frammenti di sperimentazione visiva pura, o che fungono quasi da cuscinetto.
Le immagini del film sono in 4:3, talora a bassa definizione o con pixel a vista. C'è un lavoro sul suono, ma niente musica se non, poca, diegetica. C'è un ampio uso di ellissi e di inquadrature non utili o troppo insistite, mentre momenti teoricamente importanti sono narrati con immagini-sineddoche, come l'arresto dei giovani assassini. Lo stesso evento chiave, paradossalmente, si vede e non si vede, confinato in una piccola porzione di schermo, nel tutto sommato promettente inizio in cui la natura, l'enunciante, il mezzo che rimanda l'immagine che stiamo vedendo nella finzione scenica viene svelato dopo un po', similmente a quanto succede nel piano sequenza fisso in discoteca, dove invece è l'enunciato, l'immagine a formarsi e definirsi sotto i nostri occhi, ma senza una completa possibilità di capire.
Non sembra però che Violet riesca a conciliare, a portare a uno stadio soddisfacente la sua ricerca visiva, dalle parti della videoarte (come nei casi sopracitati), e il tema dell'elaborazione di un dramma che a livello personale, quello del protagonista, resta fumoso (sì, ci sono silenzi, primi piani – uno iniziale che dice di gioventù e bellezza sporcata, anche letteralmente per il sangue, dalla tragedia; o il volto di Jesse a occhi aperti, insonne; c'è un suo momento di sfogo e un gesto molto simbolico alla fine. Ma basta?), per non parlare di quanto lo sia a livello della comunità che lo circonda: quasi non pervenuto.
Alcuni singoli passaggi (se dire “passaggi” non è improprio), lucidamente, sono apprezzabili, germogli che con meno compiacimento si sarebbero distinti anche di più: il ritorno di Jesse sul luogo del delitto, con rumori d'ambiente amplificati che però potrebbero nascere nella sua mente; il lento piano sequenza finale per la strada deserta, che per il suo terminare in una gran nebbia sorprende ed è (quasi) suggestivo. Ma il tutto, a meno di non voler formulare un giudizio del tutto tecnico e asettico mettendo a tacere lo spettatore in favore del critico puro, è un po' inerte, e nonostante una durata contenuta tende a indisporre. Se è nelle immagini che va cercata tutta la pregnanza contenutistica di ciò che il film, bene o male, racconta, il risultato è francamente poco palpabile; né siamo di fronte a un lavoro per cui la pazienza di chi guarda ripaghi davvero, anche se acquista qualcosa a distanza dalla visione.
Non si vuole sostenere che siano sovrapponibili, ma viene voglia, se non di vedere qualcosa di un po' più convenzionale, di rivedere il progenitore nobile del film: Paranoid Park di Gus Van Sant. Senza contare che al festival un film simile per protagonisti, ambientazione e in parte atmosfere si era già visto: il poco riuscito Pavilion di Tim Sutton, che però, oltre a mancare di un motore drammatico, aveva un approccio arty ma più aperto allo spettatore (non che sia un obbligo).
Violet è cinema che si situa ai limiti del cinema, che vorrebbe farsi ammirare, che vuole avere un'alta dignità artistica, che ricerca un pubblico che sia dalla sua parte dall'inizio (senza coinvolgerlo, si intende, ma solo cerebralmente). Cinema da festival non necessariamente nell'accezione positiva, che si è restii a consigliare di persona, ma che in onestà non merita neppure una facile bocciatura.
Resta anche il dubbio sull'inserimento in concorso, perché Violet avrebbe avuto una collocazione più naturale nella sezione “Onde”, composta da lavori più sperimentali e poco canonici.
Alessio Vacchi
Sezione di riferimento: Torino 32
Scheda tecnica
Regia e sceneggiatura: Bas Devos
Attori: Cesar De Sutter, Raf Walschaerts, Mira Helmer, Koen De Sutter
Sound design: Boris Debackere
Fotografia: Nicolas Karakatsanis
Montaggio: Dieter Diependaele
Anno: 2013
Durata: 82'