Siamo in Texas, nel 1989: Richard Dane è un pacifico corniciaio con moglie e figlio a carico che una notte uccide un malvivente che si era introdotto in casa sua; da questo momento si ritroverà coinvolto in una spirale di vendetta dalla quale non riuscirà a uscire senza affondare le mani nella melma putrida della violenza.
Lansdale è da sempre un autore interessato alla contaminazione dei generi più popolari della letteratura: dal noir al pulp, passando per il western e l’action puro e semplice, mantenendo sempre uno sguardo ferocemente grottesco sulla società degli Stati Uniti del Sud. Mickle accetta di buon grado la sfida di riproporre su grande schermo uno dei suoi romanzi più famosi e riusciti, e il risultato è un grande noir che va ben oltre le aspettative; se è vero che la scrittura del romanziere texano è già molto cinematografica di suo, allo stesso tempo questo non è automaticamente sinonimo di riuscita filmica: il giovane regista però evita intelligentemente le trappole autoriali e si dimostra un ottimo conoscitore dei meccanismi del genere.
Esattamente come il romanzo, Cold in July è un film in grado di rilanciarsi in continuazione mantenendo una sua omogeneità di base, passando con disinvoltura dall’home invasion al revenge movie, e poi ancora più in là, disegnando i contorni di un vortice di violenza che sorprende e stupisce proprio perché rimane con i piedi per terra, umilmente. Forse è stata proprio questa la scelta vincente di Mickle: l’aver cioè realizzato un grande film di genere fedele ai dettami richiesti da una materia simile, senza mai strafare. E come nella migliore tradizione del noir, la vicenda non è mai fine a se stessa: la storia dell’uomo qualunque che si ritrova catapultato all’interno di un intreccio più grande di lui è ancora una volta l’occasione per riflettere sulla follia del mondo contemporaneo (anche se la vicenda si svolge un quarto di secolo fa, tra la presidenza di Reagan e quella di Bush Sr) e sulla diffusione a macchia d’olio di un male oscuro in grado di contaminare i cuori e le menti dei suoi personaggi. In più, volti e corpi da antologia, in grado di richiamare alla mente immagini e suggestioni squisitamente popolari: se Michael C. Hall (Dexter) è assolutamente credibile e funzionale nel ruolo di protagonista, un plauso particolare va agli immensi Sam Shepard e Don Johnson, capaci con la loro sola presenza di trasformare il film in un moderno western di frontiera.
Con tutti i suoi ingredienti dosati alla perfezione, non ultima una giusta dose di ironia, Cold in July è quindi un ottimo intrattenimento capace di mettere in evidenza il filtro sporco e deformante attraverso il quale interpretare la realtà; forse un film che guarda troppo alle forme del passato, è vero, con i suoi protagonisti, le musiche, gli autori di punta, e che quindi finisce così per rivelarsi inevitabilmente subordinato ai suoi prototipi. Ma è anche (e soprattutto) un film che crede in ciò che mette in scena, riuscendo a trasmettere un genuino senso di empatia e amore nei confronti dei suoi personaggi: non è affatto poco, soprattutto perché recupera una forma di racconto che oggi il cinema sembra aver quasi definitivamente consegnato alla televisione.
Giacomo Calzoni
Sezione di riferimento: Torino 32
Scheda tecnica
Regia: Jim Mickle
Sceneggiatura: Jim Mickle, Nick Damici
Attori: Michael C. Hall, Sam Shepard, Don Johnson
Musiche: Jeff Grace
Fotografia: Ryan Samul
Montaggio: John Paul Horstmann, Jim Mickle
Anno: 2014
Durata: 110’