Il secondo premio per importanza, il Grand Prix, è andato a Le meraviglie di Alice Rohrwacher: un film che noi non avevamo amato affatto (ne abbiamo scritto qualche giorno fa in concomitanza col passaggio in concorso) e che ha lasciato perplessa buona parte della critica sia italiana che internazionale (soprattutto i francesi, più tiepidi degli inglesi), ma che evidentemente deve aver ben impressionato la giuria guidata da Jane Campion. Un riconoscimento di sicuro eccessivo, per un’opera debole e fiacca, ma che da una regista come l’autrice di Lezioni di piano non suona poi così strano. Quanti si aspettavano un premio a uno sguardo femminile tra quelli presenti in concorso hanno dunque trovato conferma proprio nell’unico film italiano presente nella competizione ufficiale (l’altra donna, la Naomi Kawase di Still the Water, era data tra i favoriti alla vigilia ma è rimasta all’asciutto).
Miglior regista è Bennett Miller, già dietro la macchina da presa per Truman Capote: A sangue freddo e Moneyball – L’arte di vincere, per il dramma sportivo Foxcatcher. Un premio piuttosto inaspettato e anche inconsueto per la giuria di un festival, andato comunque a un altro film che aveva entusiasmato molti e che mette insieme interpretazioni di gran livello (Steve Carrell, ma anche Channing Tatum e Mark Ruffalo). Gran Premio della giuria all’enfant prodige Xavier Dolan per Mommy: il giovane regista canadese si commuove, ringrazia la Campion per il premio e per l’ispirazione che il suo cinema gli ha donato e l’abbraccia anche. Anche nel ricevere il suo premio Dolan non pare un filo meno appassionato dei film che fa, suscitando le lacrime trattenute della sua bravissima attrice Anne Dorval e strappando più di una standing ovation in platea. A stupire e a lasciare interdetti è però l’ex-aequo con Jean-Luc Godard e il suo Adieu au langage: uno sdoppiamento un po’ comodo e facilone, incapace di discernere tra vecchio e nuovo e che si limita soltanto a prendere atto del congedo di un venerato maestro e della consacrazione (quasi) definitiva di una gran bella promessa. Non una scelta di grandissimo coraggio, insomma.
Julianne Moore conquista il premio come miglior attrice per Maps to the Stars di David Cronenberg, nel quale è un’attrice senza scrupoli, abietta e meschina. Una prova agghiacciante, superba e sopra le righe ma con allo stesso tempo un controllo ammirevole sulle sfumature psicotiche del proprio personaggio. L’attrice ha avuto la meglio sulla Juliette Binoche di Sils Maria di Assayas, su Marion Cotillard del film dei Dardenne Deux jours, une nuit e sulla già citata Anne Dorval, date tutte quante tra le favorite della vigilia. I film di Assayas e dei Dardenne sono tra i grandi esclusi dal palmarès, in particolare i secondi che potevano vantare non pochi ammiratori disposti a conferire loro la terza Palma d’Oro, un record solo sfiorato. Snobbati anche i film di Sissako e Tommy Lee Jones. Palma per il miglior attore a Timothy Spall per Mr. Turner di Mike Leigh, che si lascia andare a un discorso di ringraziamento di considerevole lunghezza.
Un palmarès in definitiva ondivago, tra grandi conferme, scelte originali e significative e altre che lasciano più di un dubbio. Ecco qui l’elenco completo dei premi.
Camera d’Or alla Miglior opera prima: Party Girl di Marie Amachoukeli, Claire Burger, Samuel Theis
Palma d’Oro alla miglior interpretazione maschile: Timothy Spall per Mr. Turner di Mike Leigh
Palma d’Oro alla miglior interpretazione femminile: Julianne Moore per Maps to The Stars di David Cronenberg
Premio per la miglior sceneggiatura: Leviathan di Andrei Zvyagintsev
Gran Premio della Giuria: Mommy di Xavier Dolan; ex-aequo con Adieu au langage di Jean-Luc Godard
Premio per la miglior regia: Bennett Miller per Foxcatcher
Grand Prix: Le meraviglie di Alice Rohrwacher
Palma d’Oro: Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan
Davide Eustachio Stanzione
Sezione di riferimento: News