Nato a Napoli il 15 novembre 1922 da una famiglia borghese benestante, Rosi studia giurisprudenza e frequenta contemporaneamente i teatri dei GUF. Subito dopo la guerra si accosta al mondo dello spettacolo come assistente di Ettore Giannini per l'allestimento teatrale di 'O voto di Salvatore Di Giacomo. A 26 anni compie la sua prima esperienza cinematografica in Sicilia con La Terra trema (1948) di Luchino Visconti. Segue un lungo tirocinio accanto a Visconti, Antonioni, Monicelli, Luciano Emmer ma anche Raffaello Matarazzo. Dopo aver collaborato ad alcune sceneggiature (Bellissima, 1951, di Visconti; Processo alla città, 1952, di Luigi Zampa) gira alcune scene di Camicie rosse (1952) di Goffredo Alessandrini e nel 1956 co-dirige con Vittorio Gassman il film Kean, genio e sregolatezza.
Terminata come molti altri della sua generazione questa lunga gavetta, passa finalmente alla regia da professionista con La sfida (1958), incentrato sulla camorra a Napoli.
Rosi è stato il precursore di un cinema politico che ha saputo delineare i tratti del nostro Paese con tre parole chiave: potere, storia e ovviamente spettacolo. In una filmografia composta da 17 lungometraggi e un reportage tv su Napoli, Diario napoletano (1992), il regista partenopeo ha quasi sempre affrontato il rapporto con il Potere, anzi con i Poteri, occulti o meno, dello Stato.
Poche sono le eccezioni: Il momento della verità (1965) sul mondo della corrida; la fiaba barocca C’era una volta (1967), la cine-opera Carmen di Bizet (1984) e Cronaca di una morte annunciata (1987, dall’omonimo romanzo di Gabriel Garcia Marquez).
Rosi ha trattato i fondamentali momenti storici e i grandi problemi del nostro Paese: la Grande Guerra in Uomini contro (1970), il fascismo in Cristo si è fermato ad Eboli (1979), e poi tutti i mali dell’Italia post-bellica: la mafia (Salvatore Giuliano, 1961, Dimenticare Palermo 1991) con le sue ramificazioni internazionali (Lucky Luciano, 1973); la camorra (La sfida, 1958) e la speculazione edilizia (Le mani sulla città, 1963); l’emigrazione (I magliari, 1959); la strategia della tensione (Cadaveri eccellenti, 1976); i grandi delitti politici impuniti del nostro paese (Il caso Mattei, 1972, Palma d'Oro a Cannes); il terrorismo e la fine della civiltà contadina (Tre fratelli, 1981). In questo campionario dei mali dell’Italia ha fatto a volte ricorso alla letteratura “impegnata”: Emilio Lussu, Leonardo Sciascia, Carlo Levi e Primo Levi.
Nel 2008 gli era stato consegnato l’Orso d’Oro alla carriera al Festival di Berlino, e nel 2012 il Leone d’Oro, sempre alla carriera, al Festival di Venezia.
Beatrice Paris
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