La struttura stessa della pellicola, divisa in due capitoli nettamente distinti, sembra rimarcare proprio il suo collocarsi come uno dei simbolici spartiacque, sia storici che stilistici e narrativi, fra un prima e un dopo dell’action statunitense. Là dove la prima parte sviluppa un ormai consolidato canovaccio avventuroso – missione rischiosa, gruppo eterogeneo ma cameratesco, dissidio interno, azione, conclusione – la seconda, vero e proprio cuore del racconto, parte radicalmente per la tangente e origina un’inversione dei ruoli, rendendo gli impavidi (e in apparenza invincibili) protagonisti delle prede impotenti e annichilite dalla forza letteralmente sovrumana di un guerriero proveniente da un’altra galassia. (1)
L’ex maggiore del MACV-SOG (2) Alan “Dutch” Schaefer (Arnold Schwarzenegger), impegnato col suo rescue team in missioni-ombra per conto del governo americano, viene precettato dal suo ex collega, ormai in quota CIA, Dillon (Carl Weathers), per una missione di salvataggio nel bel mezzo della giungla; l’obiettivo dichiarato all’inizio è la liberazione del ministro di una non precisata nazione centroamericana e di un suo portaborse, presi in ostaggio da guerriglieri.
Lo sfondo storico è ovviamente quello degli anni ’80, con fugaci (ancorché attualissimi, col senno di poi) riferimenti verbali alla Libia e all’Afghanistan (3), nonché, vagamente più sviluppati e inseriti nel corpo dell’azione filmica, alla Guerra Fredda. Il commando scopre infatti che gli uomini fatti prigionieri e poi assassinati sono due agenti CIA e che, fra le decine di cadaveri dei guerriglieri – a seguito del violentissimo scontro a fuoco col gruppo di Dutch, cui si è unito anche Dillon – vi sono anche agenti sovietici. L’operazione assume quindi i contorni di un vero e proprio scontro tattico, il cui scopo è stato, in realtà, quello di impedire un’azione militare antiamericana su vasta scala. A Dutch e ai suoi, miracolosamente incolumi, non rimane che far ritorno alla base.
1) Nell’incipit del film, si vede una capsula sganciarsi da un’astronave extraterrestre e precipitare verso la terra. È l’unico rimando, nel contesto del racconto filmico, all’arrivo del guerriero alieno sul nostro pianeta.
2) Military Assistance Command, Vietnam – Studies and Observations Group: costituito da forze militari speciali, addestrate per azioni di guerra non convenzionale e top secret.
3) Il riferimento alla Libia, sottinteso nel film, è al bombardamento punitivo di Tripoli da parte degli americani nel 1986. L'Afghanistan fu invece invaso, a partire dal 1979, dall’Armata Rossa, a cui si contrapponevano i guerriglieri Mujaheddin (da una cui costola sarebbero nati i Talebani), all’epoca addestrati e foraggiati dagli USA.
Mc Tiernan, dopo aver pagato lo scotto ai cliché dell’action movie bellico, peraltro con grande sfoggio di perizia tecnica, inizia, da questo punto del racconto, a sviluppare una trama survival, dove, come accennato, i cacciatori divengono prede, gli invincibili soldati americani si trasformano in carne da macello. Va qui rimarcata la facilità irrisoria con cui lo storico nemico degli USA e i suoi accoliti vengono spazzati senza danni e come, per i protagonisti, si delinei all’orizzonte una nuova e ben più oscura minaccia.
Paradossalmente, il maggior pericolo per i membri della squadra, almeno fino alla comparsa del guerriero alieno, sembra essere rappresentato da uno scorpione che sta per pungere Dillon – scongiurato dall’intervento di Mac (Bill Duke) – segno che il rischio effettivo non viene, anche simbolicamente, da avversari ormai stremati e prossimi al collasso, come erano i sovietici, ma dalla giungla, che rimanda al Vietnam (con tutte le sue implicazioni) e all’incombente minaccia con cui i nostri dovranno confrontarsi.
Come detto la Guerra Fredda, ancorché presente nell’orizzonte storico dell’epoca, sta imboccando la sua fase terminale e l’immaginario bellico americano sta già, più o meno consapevolmente, cercando nuovi avversari. Ecco allora che il rapace predatore alieno, che si nasconde nel fitto della boscaglia e si pone sulle tracce dei nostri dopo il compimento dell’operazione, può essere intravisto anche come una possibile incarnazione della nuova fase storica che si approssima.
Il capovolgimento del ruolo dei protagonisti, all’interno del racconto, viene a configurarsi come slittamento della loro funzione percettiva nello sviluppo dell’azione, che li fa transitare repentinamente dalla condizione di osservatori a quella di osservati. Dall’onnipotenza sensoriale dei militari americani, che si manifesta, in tutta la sua intensità, nel momento dell’attacco fulmineo all’accampamento – nessuno dei guerriglieri assaliti è in grado di reagire efficacemente, proprio a causa dell’incapacità di avvertire, quindi di capire, la presenza del nemico durante la sua fase di avvicinamento, mentre gli assalitori hanno gioco facile, grazie anche al loro totale controllo visuale dell’avamposto – si passa, infatti, alla loro totale incapacità di inquadrare il nuovo terribile avversario, di dargli una forma, un volto, un’identità, a causa della sua impressionante capacità mimetica.
È l’invisibilità la prima e più efficace arma del predator, dato che pone i suoi antagonisti in una condizione di totale impotenza percettiva, da cui nasce poi l’inefficacia di qualsiasi risposta e, da ultimo, il terrore più antico e originario: quello per l’ignoto. Un contesto di per sé letale come la giungla, dove la vita e la morte, nelle loro forme più estreme, si intrecciano strettamente fino a confondersi, fa da moltiplicatore delle paure più riposte di quegli uomini avvezzi ad adattarsi a qualsiasi situazione o pericolo, mostrandone la vulnerabilità. L’uomo, in quanto tale, è il vero alieno in quell’ambiente, mentre, paradossalmente, il guerriero giunto da un’altra galassia si muove come se fosse totalmente a suo agio. La giungla, dove solo il più forte può sopravvivere, non può che configurarsi come il terreno di caccia favorito per il predatore definitivo.
Si viene a delineare, quindi, un epico scontro fra i guerrieri più forti rimasti sulla faccia del pianeta, quelli americani, e il guerriero (forse) più forte dell’universo: pesantemente armato ed equipaggiato con armi e tecnologie d’avanguardia, vigoroso e agilissimo, ricoperto da una spessa corazza quasi impenetrabile e capace, come detto, di rendersi totalmente invisibile. Non bastasse tale impressionante serie di qualità e accessori bellici, esso è dotato, inoltre, di un curioso sensore termico a infrarossi, per migliorare la propria visione – in un territorio per lui estraneo – rendendola binaria: non sono forme, ciò che egli è in grado di distinguere, ma masse cromatiche, che virano al blu, per quanto riguarda l’ambiente circostante, e al rosso, per quanto concerne le sue prede potenziali, umane o animali. Un tipo di percezione inquietantemente predisposta alla caccia.
Alla mostruosa creatura, comunque, non interessano delle prede qualsiasi, ma l’uomo nella sua espressione più pericolosa. I componenti del team di Dutch vengono eliminati uno a uno, nonostante l’addestramento, l’armamento portentoso e la capacità di combattimento: il nemico è troppo forte, spietato e soprattutto imprendibile. A nulla valgono le intuizioni e l’istinto di Billy (Sonny Landham), di origine pellerossa, la forza e il coraggio di Blain (Jesse Ventura), l’esperienza di Dutch, Dillon e degli altri. (4) Il predator li massacra coi suoi razzi per poi impadronirsi dei cadaveri come trofei di caccia, senza che nessuno del gruppo sia in grado di impedirlo.
4) Due curiosità: il gruppo è – secondo la tradizione del racconto epico americano – eterogeneo, sia come caratteri, sia soprattutto come etnie presenti; vi si possono infatti annoverare tre bianchi, Dutch, Blain e Hawkins (Shane Black), due neri, Mac e Dillon, il pellerossa Billy e l’ispanico “Poncho” Ramirez (Richard Chaves), oltre alla guerrigliera prigioniera Anna (Elpidia Carrillo), anch’essa ispanica. Tre dei sette attori che compongono il gruppo di protagonisti maschili del film entreranno nell’olimpo della politica americana: Schwarzy come governatore della California, Jesse Ventura (ex wrestler ed ex membro dei Navy SEALs), come governatore del Minnesota e, infine, Sonny Landham come candidato (poi ritiratosi dalla competizione elettorale) alla carica di governatore del Kentucky.
Nonostante i suoi poteri sovrumani, la creatura manifesta, però, via via che lo scontro volge al termine, alcuni segnali di debolezza, che la porteranno a soccombere. Innanzitutto si tratta di un cacciatore, sia pure anomalo, quindi in apparenza ispirato, pur nella sua estrema ferocia, da un barlume di “etica” o, meglio, di sportività nel combattimento: uccide i nemici solo quando sono armati e solo uno alla volta. In realtà, per il mostro vale una sola regola, la regola del gioco, dato che, vista la sua schiacciante superiorità, esso comunque ha tutto l’agio di attendere gli avversari, di spiarne le mosse, di udire le loro voci (e di riprodurne la tonalità e le parole, attraverso alcuni misteriosi dispositivi di duplicazione vocale di cui è dotato), forse anche di sentire la loro paura e, infine, di massacrarli senza alcuna fatica. A più riprese, infatti, il predator non approfitta di alcune situazioni favorevoli, soltanto perché gli rovinerebbero il piacere del gioco: il gioco del gatto col topo. Una supponenza che gli farà perdere buona parte del vantaggio iniziale e che gli risulterà fatale.
Inoltre, una volta rimasti a fronteggiarsi Dutch e la creatura, accade un fatto inaspettato che rimette in partita il militare: Dutch scopre infatti che il proprio corpo, se coperto di fango, non risulta distinguibile per l’alieno e inoltre che quest’ultimo, dal canto suo, non è totalmente invisibile. (5) Ancora una volta, quindi, i ruoli si capovolgono a partire da un vantaggio percettivo, dalla capacità di vedere il rivale senza essere visti.
Dutch, ormai sprovvisto delle sue armi da fuoco, improvvisa una trappola rudimentale e poi sfida l’avversario: la preda tenta di riappropriarsi del ruolo di cacciatore. Il mostro, dopo aver vanamente sparato nella boscaglia, a casaccio, per rispondere alle provocazioni di Dutch, accetta la sfida, si spoglia delle proprie armi – fra cui i propri sensori a infrarossi, scelta questa che gli determina una sostanziale cecità – e mostra il proprio raccapricciante aspetto. Dopo un corpo a corpo che vede, comunque, il monumentale Dutch/Schwarzenegger sbatacchiato come un fuscello e irriso dal gigantesco nemico, (6) quest’ultimo, pur fiutando l’inganno, cade nel tranello di Dutch, rimanendo schiacciato dal tronco che fungeva da contrappeso per la trappola.
5) L’alieno, inseguendo Dutch in acqua, subisce un corto circuito al suo sistema di mimetizzazione e diviene visibile.
6) Il corpo del predator, nelle sequenze in cui è visibile, è quello, enorme, dell’attore Kevin Peter Hall: 220 cm che sovrastano i pur rispettabili 188 cm di Schwarzenegger.
Non è ancora finita. Il mostro, ormai moribondo, innesca un congegno di autodistruzione e prorompe in una fragorosa risata – sintomo di una natura capace unicamente di devastazione e annichilimento – mentre Dutch, basito e sgomento, si dà precipitosamente alla fuga per evitare l’esplosione. Dutch, comunque, come da tradizione consolidata, riesce a sopravvivere senza grossi danni e, in tal modo, l’invitto guerriero americano può autoincoronarsi come il più forte della galassia, nonché – meno onorevolmente anche se forse più veridicamente – come il più pericoloso.
Gian Giacomo Petrone
Sezione di riferimento: Revival 60/70/80
Scheda tecnica
Anno: 1987
Durata: 107’
Regia: John Mc Tiernan
Soggetto e sceneggiatura: Jim Thomas, John Thomas
Fotografia: Donald M. Mc Alpine
Montaggio: Mark Helfrich, John F. Link
Musiche: Alan Silvestri
Interpreti principali: Arnold Schwarzenegger, Carl Weathers, Jesse Ventura, Bill Duke, Sonny Landham, Elpidia Carrillo.