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DEATH HOUSE – La casa del dolore

5/4/2017

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​Quinta uscita per la Opium Visions, collana diventata ormai una garanzia, per la capacità di riesumare dall'oblio titoli sempre originali e interessanti e regalare loro nuova e forte dignità. Dopo L'étreinte (Maliziosamente), Donald Neilson, Heartbreak Motel e The Sadist (A bruciapelo), la creatura home video ottimamente gestita da Matteo Biacca e Simone Starace ci riporta stavolta al 1972, anno di uscita di un horror americano in grado di proporre tematiche e idee stilistiche che hanno saputo influenzare nel corso del tempo figli e figliastri dello slasher, inesauribile sottogenere tanto caro agli appassionati.
​
Death House (conosciuto anche come Silent Night, Bloody Night, da non confondere con il quasi omonimo Silent Night, Deadly Night, capostipite di una saga in cui mise le mani per un paio di episodi anche Brian Yuzna), realizzato nel 1970 ma uscito nelle sale soltanto due anni dopo, instilla intuizioni di notevole fattura, codificando parzialmente un linguaggio filmico che troverà poi ampio compimento in titoli come Black Christmas, Venerdì 13 e l'indimenticabile Halloween di John Carpenter. 
Una spettrale magione in cui si compie un efferato e irrisolto omicidio. Un pericoloso killer che vent'anni dopo, nelle ore immediatamente precedenti il Natale, evade dal manicomio criminale. Il tentativo di vendere una casa teatro di eventi mai chiariti. Il ritorno di un passato intriso di sangue che scivola nel presente per glorificare la sua macabra rivincita. Una trappola incubale in cui precipitano il nipote del vecchio proprietario, lo sceriffo, la centralinista, il sindaco del luogo e la figlia di quest'ultimo.
Questi, a grandi linee, gli ingredienti di Death House, prodotto da Lloyd Kaufman (il cofondatore della Troma), diretto da Theodore Gershuny e interpretato dalla consorte Mary Woronov, ex attrice warholiana recentemente tornata in auge grazie alla partecipazione nello strepitoso The Devil's Rejects di Rob Zombie. Una trama in realtà meno semplice di quanto potrebbe sembrare, colpevole in qualche momento di arricciarsi su se stessa e risultare poco credibile, ma non priva di buone atmosfere lisergiche e improvvise dosi di violenza.
Oltre alla primitiva forza espressiva del soggetto fondante la narrazione (la casa, teatro di orrori non più rimarginabili e totem da preservare per mostrare al mondo la sua “inumanità”), il film funziona soprattutto grazie alla fotografia stordente di Adam Giffard e alla regia di Gershuny, bravo ad alternare sinuosi movimenti di macchina, accelerazioni repentine e tagli inusuali, aiutandosi con l'ampio uso di grandangoli e con la reiterazione di quello strumento per sua stessa natura disturbante, la soggettiva, che qualche anno dopo sarà portato all'assoluto trionfo da Carpenter nel suo capolavoro. 
Tra sguardi distorti, mannaie gocciolanti, argentiani guanti neri, inquietanti conversazioni telefoniche e scene immerse nella quasi totale oscurità, l'opera di Gershuny, cullandosi sulle note della dolce, malinconica e celeberrima Silent Night, si lascia apprezzare senza sforzo, trovando il suo apice in una lunga e magnifica sequenza in flashback, virata su tonalità color seppia, durante la quale si compie una dolorosa storia di abusi e vendetta. Minuti intentissimi, in cui si evidenzia lo spirito underground del film (per la presenza di alcuni attori provenienti dalla factory di Andy Warhol, voluti dalla stessa Woronov in quanto suoi amici ed ex colleghi) e si dispiega il significato ultimo di un racconto che accoglie su di sé traumi infantili, scomparse ingannevoli e misteri troppo a lungo rimasti a sedimentare sottoterra. 
L'edizione Dvd della Opium, coadiuvata da un gradevole artwork realizzato dalla disegnatrice Fabiana Trerè, ci presenta la pellicola con una traccia in lingua originale sottotitolata (non è mai esistito alcun doppiaggio italiano) e in qualità audio/video più che buona. A ciò si aggiunge un piccolo ma gustoso extra, tratto dal documentario Cult Queen Mary Woronov from Warhol to Corman, attualmente in post-produzione, in cui la protagonista di Death House, tra un drink e l'altro, ricorda alcuni aneddoti relativi alla lavorazione, senza timore di ammettere alcune abitudini non proprio edificanti che ne hanno caratterizzato la giovinezza.
​Una ciliegina in più, con cui completare il quadro di un'uscita di tutto rispetto, dedicata a un film fino a oggi quasi abbandonato nella polvere, ma in realtà capace di conquistare un posto nient'affatto trascurabile nella lunga ed epica storia del cinema horror.

Alessio Gradogna

Sezioni di riferimento: Revival 60/70/80, Into the Pit

Link correlati Opium Visions:   Maliziosamente     Donald Neilson     Heartbreak Motel     A bruciapelo


Scheda tecnica

Titolo originale: Silent Night, Bloody Night (conosciuto anche come Night of the Dark Full Moon)
Regia: Theodore Gershuny
Sceneggiatura: Theodore Gershuny, Jeffrey Konvitz, Ira Teller
Attori: Patrick O'Neal, James Patterson, Mary Woronov, John Carradine
Musiche: Gershon Kingsley
Fotografia: Adam Giffard
Montaggio: Tom Kennedy
Anno: 1972
Durata: 85'

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