Il Direttore artistico Carlo Chatrian si è dichiarato: «Felice di poter accogliere a Locarno un regista che così bene incarna lo spirito del Festival: nel corso della sua lunga carriera Herzog ha saputo passare tra fiction e documentario, tra produzioni a budget ridotto e film con grandi star senza perdere nulla della propria identità. Se i premi non sono solo dei riconoscimenti ma anche dei segnali per il futuro, penso che Werner Herzog sia la persona più indicata a tracciare la strada che il Festival vuole percorrere. Una strada che pensa il cinema come un atto che coinvolge e “stravolge” le persone che lo fanno e che lo vedono. Un atto che richiede una ferma volontà e un altrettanto precisa presa di posizione. La stessa che ha mosso Herzog a lasciare il suo villaggio sulle montagne della Baviera per percorrere le strade del mondo e tradurre in immagini e suoni le esperienze vissute, condivise, immaginate.»
I dieci film presentati in occasione del Pardo d’onore Swisscom a Werner Herzog saranno: “Anche i nani hanno cominciato da piccoli” (1970), “Aguirre furore di Dio” (1972), “L’enigma di Kaspar Hauser” (1974), “Nosferatu - Il principe della notte” (1979), “Fitzcarraldo” (1982), “Dove sognano le formiche verdi” (1984), “Il diamante bianco” (2004), “Grizzly Man” (2005), “L’ignoto spazio profondo” (2005), “My Son, My Son, What Have Ye Done” (2009). Il Pardo d’onore in passato è stato assegnato a maestri del calibro di Bernardo Bertolucci, Ken Loach, Paul Verhoeven, Jean-Luc Godard, Abbas Kiarostami, William Friedkin, Jia Zhang-ke, Alain Tanner, Abel Ferrara e, nel 2012, Leos Carax.
Un riconoscimento che fa assai onore alla prima edizione del festival svizzero diretta da Carlo Chatrian, un tributo di indubbio prestigio al cineasta che forse più di tutti gli altri ha avuto l’ardore di sporgersi sull’abisso sconfinato e multiforme che è la natura delle cose terrene e umane. Con un occhio sempre vigile anche e soprattutto agli aspetti più insoliti e schizoidi del globo terracqueo, alle deviazioni dai tracciati canonici, a personaggi animati da forti tensioni e da personalità ingombranti e bigger than life. Muovendosi costantemente in bilico tra fiction e documentario, tra ruberie da una realtà più vera del vero e la sua stilizzazione in forme fittizie, il regista bavarese è da sempre un servo fedele di quelle verità estatiche che possono derivare da un godimento solo e soltanto immaginifico, da un rapporto viscerale e poetico con la celluloide e dalla brutale e vigorosa potenza di certe visioni sottratte ai confini del mondo, così lontano dove forse nessun altro cineasta prima di lui ha mai osato avventurarsi.
Un pioniere apolide e esondante di coraggio come solo una ridottissima manciata di altri nomi nella storia del cinema, Werner Herzog, da vedere e rivedere dal primo all’ultimo film, inclusi i suoi ultimi immani capolavori (Into the Abyss e Cave of forgotten dreams su tutti).
Davide Eustachio Stanzione
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