Sarebbe limitativo ricordare Chéreau soltanto per il suo lavoro nel cinema. Prima di tutto è stato infatti un grande uomo di teatro, fin dalla giovane età; allievo di Giorgio Strehler, a lungo ha concentrato la sua attività soprattutto verso le scene, dirigendo, tra le altre, una straordinaria versione dell'Amleto, vincitrice di cinque premi Molière, per poi toccare anche la lirica, grazie ad apprezzatissimi lavori in cui ha saputo con classe e rigore mettere in scena Wagner e Mozart.
Per quanto concerne il cinema, il debutto è arrivato nel 1975 con il poliziesco Un'orchidea rosso sangue, ma il successo si è palesato soprattutto a partire dal 1994 con La Reine Margot, con Isabelle Adjani, premiato a Cannes e vincitore di cinque premi César. Il suo film probabilmente più conosciuto resta Intimacy, uscito nel 2001 e premiato con l'Orso d'Oro a Berlino, in cui ha saputo raccontare con notevole coraggio stilistico le misteriose vie del desiderio e le diramazioni emozionali legate al sesso.
La sua carriera dietro la macchina da presa è poi proseguita con altre pellicole contraddistinte da un invidiabile gusto etico ed estetico, come Son Frère, l'ottimo Gabrielle (con Isabelle Huppert) e Persecution (con Charlotte Gainsbourg). Nel tempo si è inoltre cimentato talvolta anche come attore, partecipando a L'ultimo dei mohicani di Michael Mann e Il tempo dei lupi di Haneke.
Attivo fino all'ultimo (stava lavorando a una trasposizione teatrale dello shakesperiano Come vi piace), Chéreau è stato un colto e brillante indagatore delle direzioni trasversali dell'anima e dei corpi; senza dubbio ci mancherà.
Alessio Gradogna
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