Tutto questo accade nei primi dieci minuti di Cella 211, prison-movie diretto dallo spagnolo Daniel Monzon (The Kovak Box) e basato sul romanzo Celda 211 di Francisco Perez Gandul, co-sceneggiatore insieme al regista. Sono dieci minuti durante i quali veniamo accompagnati o meglio gettati nell’Inferno, come accade a Juan. Come lui ci sentiamo spaesati, terrorizzati, per un attimo incapaci di comprendere quello che sta accadendo. Tutto sembra essere troppo veloce e incredibilmente violento, tanto da bloccarci. Ma Juan ci sorprende. Con una prontezza che fa scattare subito la nostra ammirazione riesce a convincere i detenuti di essere uno di loro. E fa di più: diventa il braccio destro e il confidente di Malamadre, magnificamente interpretato da Luis Tosar, meraviglioso attore spagnolo protagonista di Ti do i miei occhi ma che il pubblico meno esperto ha conosciuto in Miami Vice di Michael Mann dove interpretava il capo di un’organizzazione criminale. Il rapporto tra i due uomini è il fulcro del film. La chimica fra Luis Tosar e Alberto Ammann, esordiente che ha stupito tutti con il proprio talento, è pura magia. Grazie a loro i ruoli di eroe ed anti-eroe si confondono fino a fondersi. Juan scende all’Inferno e impara a conviverci, fino ad arrivare a comprenderlo. Il giovane secondino deve confrontarsi con un ambiente brutale, cambiando il suo modo di guardare il mondo.
Monzon riesce a dipingere dei personaggi incredibilmente profondi, che minuto dopo minuto si arricchiscono diventando sempre più completi. I due protagonisti si scontrano e si incontrano, lottando con le proprie differenze per rendersi conto di non essere poi così diversi ma anzi molto simili. Perchè entrambi sono essere umani. Entrambi sono emozioni.
Ma il film non è solo un affresco sull’umanità; è anche un'opera di denuncia, che tocca temi profondi e incredibilmente attuali come la debolezza di un sistema carcerario incapace di sostenere un’efficace forma di recupero, i disagi dei detenuti di massima sicurezza e i loro diritti violati. La forza della denuncia è resa ancora più potente dai veri prigionieri che Monzon inserisce all’interno del film, e dall’utilizzo di un vero carcere come location principale.
Vincitore di 8 premi Goya 2009 fra cui miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura non originale, Cella 211 è un film intenso e brutale, privo di qualsiasi romanticismo e girato in maniera impeccabile e invidiabile, senza artifici stilistici. La scelta di un digitale un pò sgranato è perfetta. Rende il film sporco e incredibilmente reale, obiettivo primario del regista che più di una volta ha affermato di seguire come linea guida la matrice documentaristica. Nonostante sia un film molto violento è al tempo stesso molto raffinato, grazie all’utilizzo di splendide ed efficaci inquadrature supportate dalla fotografia curata da Carles Gusi, che colpisce dritto al cuore.
Dopo l’uscita in sala del film una parte della critica ha accusato Monzon di aver confezionato un film europeo dal sapore americano, una pellicola spettacolare troppo simile a un blockbuster carcerario made in USA. Il pregio di questo talentuoso regista però è quello di aver realizzato un film che pur essendo altamente spettacolare è soprattutto un lavoro di alta qualità, che mostra luci e ombre dell’animo umano, a partire dal folgorante incipit che rispecchia la disperazione, la rabbia e il dolore di questa emozionante prova d’autore. Non tutto è bianco o nero. E’ rosso. Rosso come il sangue che scorre nelle vene e che ci rende umani. Perché anche all’Inferno siamo uomini.
Eva Sampietro
In programmazione domenica 28 aprile, ore 22.45, su Sky Cinema Cult.
Sezione di riferimento: Dvd & Tv
Scheda tecnica
Titolo originale: Celda 211
Anno: 2009
Regia: Daniel Monzon
Sceneggiatura: Daniel Monzon, Francisco Pérez Gandul, Jorge Guerricaechevarria
Fotografia: Carles Gusi
Musiche:Roque Banos
Durata: 108’
Interpreti principali:Luis Tosar, Alberto Ammann, Marta Etura, Carlos Bardem
Uscita italiana: 4 settembre 2009