Il film di Rob Epstein e Jeffrey Friedman si approccia all’Howl di Ginsberg e agli eventi giudiziari ad essa connessi con umiltà ma anche con la giusta consapevolezza dei propri mezzi: non azzarda né una trasposizione immaginifica (sarebbe stata una pretesa da pazzi) né un biopic sul personaggio di Ginsberg in senso stretto, e sceglie piuttosto la via fertile di un punto d’incontro tra diverse forme comunicative: la declamazione del poema riprodotta da un mimetico James Franco, stralci di film d’animazione che riproducono alcuni squarci del testo letterario e una manciata di interviste a cuore aperto in cui il Ginsberg di James Franco rivela molto di sé, della sua anima, del suo genio lunatico, forse strampalato, di sicuro spiazzante e necessario.
Una scelta opportuna e centrata dal punto di vista espressivo quella di Epstein e Friedman, che conferisce al film l’identità ibrida di un oggetto polifunzionale senza però snaturarla troppo o ridurla a una semplice giustapposizione di esiti e forme d’arte molteplici ma in fondo sfilacciati e non dialoganti tra loro. Tutt’altro. Pur con qualche ingenuità e una serie di passaggi un po’ bozzettistici, il loro Urlo restituisce tutta la forza appassionata e febbricitante di un testo che bisognerebbe sempre ascoltare pensandolo recitato dinanzi alle porte dell’Inferno, il solo scenario mentale adeguato per la melma erotica e liberissima dei versi ginsberghiani.
Quella dei due registi è una requisitoria di straordinaria libertà, inneggiante all’unione dei linguaggi, aperta alle contaminazioni stilistiche e agli orizzonti formali che la parola scritta in rapporto all’immagine è in grado allo stesso tempo di fornire e delimitare. Una ricognizione redatta in modo talmente dignitoso che Urlo funziona bene anche come documento storico, come analisi del costume di un’epoca, non solo come canto di libertà non uniformato e fine a se stesso nel suo rifiuto di ogni istanza bacchettona e oscurantista.
Il film è disarticolato, frammentario, refrattario agli equilibri interni, ma generosissimo e inarginabile, prodigo di sollecitazioni e stimoli. Forte della musica di Carter Burwell e della bella fotografia del geniale Ed Lachman (due indiscusse autorità nei loro rispettivi territori artistici), la multimedialità dell’opera offre una risposta tutt’altro che riduttiva e di poco conto alla domanda primaria: come dar vita sul grande schermo a un’opera così particolare per ritmo, umori, colori, perversioni?
Col suo eclettismo poliedrico, i due registi hanno messo in piedi una groviera di sensazioni e “nuove visioni” nel senso rimbaudiano del termine, che parte dal documentarismo spettrale delle loro esperienze precedenti (Epstein ha firmato The Times of Harvey Milk, da cui il film di Gus Van Sant dedicato all’attivista omosessuale) per approdare alla traduzione sui generis di un’opera attualissima e importante ancora oggi. Un oggi in cui il conformismo ha ormai preso il sopravvento, ogni urlo è stato silenziato e non è rimasto più quasi più nessuno a combattere il Moloch, o almeno ad osteggiarlo.
Davide Eustachio Stanzione
In onda su Rai Movie, 15 agosto ore 21.15
Sezione di riferimento: Film in Tv
Scheda tecnica
Titolo originale: Howl
Regia e sceneggiatura: Rob Epstein, Jeffrey Friedman
Fotografia: Edward Lachman
Montaggio: Jake Pushinsky
Musiche: Carter Burwell
Anno: 2010
Durata: 86’
Interpreti: James Franco, Aaron Tveit, Mary-Louise Parker, Jon Hamm, Jeff Daniels, David Strathairn