Heidi è un’adolescente confusa, eppure sa perfettamente ciò che vuole. Solo che ritiene di non meritarlo. Eccola allora vagare affranta in cerca di un riparo, così ingenua eppure determinata a fare ciò che serve per sopravvivere, fosse anche una sola notte. Eccola spostarsi da un ragazzo all’altro, sperando di trovare qualcuno che sia disposto a prenderla con sé, a portarla via, non importa dove. Sarà poi l’incontro con Irene (Lynette Curran) a darle una casa, e quello con Joe (Sam Worthington, Avatar) a regalarle il primo battito del cuore, il sentimento autentico che ti dice che il sesso non è moneta, ma il contatto più intimo e privato nella stretta curva del voler bene. Solo perdonando se stessi è possibile crescere, solo nella catarsi emozionale si sciolgono i nodi e si può ritrovare la strada interrotta, i legami familiari, la fedeltà, l’amore.
Questo è un film sul perdono, afferma la regista Cate Shortland. Un film abitato di creature segnate, sole e imperfette, che cercano di venire a patti con gli errori, il passato, il dolore, la colpa. Anime introverse che devono imparare a perdonare se stesse per poter guardare avanti senza paura, armate di speranza. Non solo Heidi, cui in ogni caso gira intorno l’intera storia, ma tutti i personaggi sembrano avere un sentimento irrisolto e una pena che grava come un sasso nel determinare - nel passato e nel presente- comportamenti, stili di vita e scelte.
C’è un misto di poesia e malinconia nel racconto d’ambiente, una realtà al contempo gelida (d’inverno) e calda (dei sentimenti rinati). Heidi, “una cappuccetto rosso del ventunesimo secolo”, come la definisce Skye Sherwin nel The Guardian. Una bambina persa che utilizza i pochi spiccioli che ha per comprarsi un paio di guanti rossi con cui vagare nel rigido paesaggio, per metà rurale e per metà urbano. Heidi che colora il bosco di movimenti, suoni, filastrocche infantili. Anche la città ha bisogno di lei, dopotutto. Ma qual è il suo posto? Qual è il luogo di tutti noi? Il posto cui apparteniamo? Forse è solo nella dimensione affettiva che possiamo ritrovarci e riscoprire la ragione di esistere. Dobbiamo tutti dare un senso alle nostre azioni, dobbiamo fermarci e capire come guadagnarci il rispetto di noi stessi, riappropriandoci della nostra dignità.
Somersault è un toccante e profondo ritratto di giovani divisi tra sogni irrealizzabili, aspettative represse, l’inconfessabile desiderio d’amore e la paura di ottenere quel po’ di felicità che, con sfrontatezza e audacia, solo i ragazzi sanno chiedere. È un racconto di formazione, un coming-of-age che segue, con semplicità e delicatezza, il coraggioso atto di diventare grandi.
L’accettazione di sé e dell’amore come forza risanatrice è più importante della sessualità, anche se indubbiamente Cate Shortland parte dall’epidermide, per così dire, per giungere poi nella profondità, del contesto e dei personaggi. Abbie Cornish e Sam Worthington sono i volti perfetti di questo minimale racconto di formazione: giovanissimi, ingenui e puliti, privi di sovrastruttura, capaci di recitare in silenzio, col corpo, con la poetica dei piccoli gesti che la regista sa e vuole cogliere: così, anche una banale colazione a letto diventa l’intimo gesto di nutrirsi e donarsi. L’attrazione muta in scoperta, i baci in corpi che si uniscono e sbocciano, il sesso in amore. In cura di sé, in devozione per l’altro. Nella più importante scelta che si possa fare: lasciarsi liberi di andare, liberi di tornare.
Somersault, il salto mortale che compiamo quando scappiamo, o quando ci abbandoniamo alla fiducia, agli affetti, alla speranza.
Con la sua opera prima Cate Shortland ha sbancato nel 2004 l’Australian Film Institute Award, vincendo 13 premi su 13 candidature. Un successo che è ancora un record, meritatissimo, per un film che offre un delicato ma sferzante scorcio sull’indefinita età adolescente. Un film che esalta anche le qualità, spesso dimenticate, del cinema indipendente: budget minimo, una sceneggiatura curata e originale, un gruppo di attori sconosciuti e straordinari, una regia che usa la macchina da presa per catturare, più che per dimostrare.
Francesca Borrione
Sezione di riferimento: Cinema dal mondo
Scheda tecnica
Titolo originale: Somersault
Regia: Cate Shortland
Sceneggiatura: Cate Shortland
Interpreti: Abbie Cornish, Sam Worthington, Lynette Curran
Fotografia: Robert Humphreys
Musiche: Decoder Ring
Durata: 104 min.
Anno: 2004