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ANIMAL KINGDOM - Crimini di famiglia

3/3/2015

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Quando la madre dell'adolescente Joshua “J” (James Frecheville) muore in seguito a un'overdose, al ragazzo non resta che contattare la nonna, Janine “Smurf” Cody (Jacki Weaver). La donna lo accoglie in casa, dove vive con i figli, Pope, Craig e Darren (Ben Mendelsohn, Luke Ford, Sullivan Stapleton). Braccati dalla polizia, i Cody sono dei criminali spietati e paranoici che vivono di rapine e traffico di droga. 
Un giorno Pope dà appuntamento all'amico Barry “Baz” Brown (Joel Edgerton) in un supermercato. Terminato l'incontro, Baz esce e si trova faccia a faccia con la squadra di agenti che li pedina senza tregua. Uno di loro gli spara e lo uccide. Pope vuole vendetta e, con la complicità di Craig, organizza un'imboscata. Lascia un'auto sospetta in mezzo a una strada, e non appena due poliziotti si fermano per effettuare un controllo, i fratelli Cody li eliminano a sangue freddo. 
Pope e Craig vengono arrestati e il resto della famiglia convocato in centrale. Il detective Nathan Leckie (Guy Pearce) interroga a lungo J e questo basta perché Pope inizi a dubitare della sua lealtà. Individua nel nipote l'anello debole della catena e teme che possa incastrarli, se torchiato dalle forze dell'ordine. La tensione alimenta la paranoia dei Cody e annienta il loro ultimo barlume di lucidità mentale, provocando un'escalation di eventi violenti e di colpi di scena che non potrà che sfociare in una sconfitta totale, da cui nessuno uscirà vincitore.
Il primo lungometraggio di David Michôd (The Rover), regista e sceneggiatore australiano, si ispira alle reali vicende di una famiglia di criminali di Melbourne. Quando realizza Animal Kingdom (2010), Michôd ha già all'attivo un'apprezzata serie di cortometraggi e documentari. E l'occhio del documentarista è fondamentale per raccontare con freddezza, senza condanne e compiaciuti voyeurismi, un mondo, quello della malavita, che riporta l'essere umano alla sua condizione primordiale. Quella bestiale, appunto. 
Già dal titolo il pubblico intuisce che a fatica argomenti quali pentimento e redenzione troveranno spazio. L'Animal Kingdom, il regno degli animali, non conosce l'etica. Esistono forse gazzelle buone e leoni cattivi? Il leone sbrana la gazzella per sopravvivere, non ha scelta. In natura il più forte distrugge il più debole,  che non può far altro che scappare per salvarsi. Michôd riserva un briciolo di umanità e di senso della giustizia soltanto al detective Leckie, che tenta di allontanare J dalla distruttiva famiglia Cody prima che sia troppo tardi. Ma J ha davvero la possibilità di prendere decisioni? O le sue azioni non sono piuttosto dettate dall'unica regola dell'Animal Kingdom, ovvero uccidere per non essere ucciso?
Il film è stato insignito del Gran premio della giuria come miglior film straniero al Sundance Film Festival nel 2010. Presentato fuori concorso al festival di Roma nello stesso anno, è poi uscito nei cinema italiani all'inizio del 2011. Meritevoli di nota le performance di Jacki Weaver, che indossa i panni della nonna psicopatica, e di Guy Pearce.

Serena Casagrande

Sezione di riferimento: Cinema dal mondo


Scheda tecnica

Titolo originale: Animal Kingdom
Anno: 2010
Regia: David Michôd
Sceneggiatura: David Michôd
Fotografia: Adam Arkapaw
Durata: 112'
Uscita italiana: gennaio 2011
Interpreti principali: James Frecheville, Ben Mendelsohn, Joel Edgerton, Guy Pearce, Luke Ford, Jacki Weaver

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33 POSTCARDS - Vivere senza confini

1/5/2013

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33 Postcards, o 33 messaggi che riassumono il legame costruito, nel corso degli anni, tra Mei Mei (Zhu Lin) e Dean Randall (Guy Pearce). Mei Mei è un’orfana cinese, ha appena sedici anni e ha potuto crescere e avere un’educazione grazie alle donazioni di Dean Randall, misterioso benefattore che vive in Australia. L’unico filo che li tiene insieme è una fitta, costante corrispondenza: Dean scrive dello splendore della sua vita familiare, del sole e delle passeggiate in spiaggia, disegnando per Mei Mei un vero e proprio sogno di felicità, lucente, tondo e perfetto. Quando l’istituto presso il quale Mei Mei risiede organizza un viaggio a Sydney per partecipare a una manifestazione canora, la ragazza decide di scappare e tentare, con il cuore pieno, di incontrare Dean. Di toccare finalmente quel sogno, raggiungere l’isola felice. Che non c’è. 
Dean è un detenuto, e l’intero mondo con cui Mei Mei ha cullato la propria giovane vita non è altro che la fantasia di un uomo solo, generoso ma anche bugiardo. Eppure c’è una verità profonda, al di là delle menzogne raccontate per ingannare se stessi o per fuggire dalla realtà troppo angusta da sopportare. La verità è che Dean e la ragazza cercano la medesima cosa: una famiglia, una figlia o un padre, qualcuno da amare e di cui prendersi cura, qualcuno per cui valga la pena sperare, o anche solo iniziare a vivere.
Film della pacificazione e film-simbolo della raggiunta integrazione tra Cina e Australia, 33 Postcards è il frutto della co-produzione tra i due paesi e in particolare la prima pellicola a contare sulla collaborazione tra Cina e New South Wales. La regista Pauline Chan, anche sceneggiatrice, cresciuta in Vietnam ma da trent’anni residente in Australia, conosce bene entrambe le realtà e gli stili di vita, le conflittualità, le diversità culturali, che qui traduce in un racconto di formazione toccante e poetico, delicato e sincero. Pur non addentrandosi nella complessità strutturale di una storia dai molteplici risvolti ma forse eccessivamente semplificata, la regista si giustifica affidando la propria prospettiva allo sguardo ingenuo ed entusiasta di Mei Mei, una Alice nel paese delle meraviglie che combatte con straordinaria caparbietà per realizzare se stessa e il suo irrinunciabile desiderio di appartenenza all’altro, come estensione della propria vita in procinto di sbocciare.
Se non sfugge alla retorica il racconto di questo percorso di adattamento che Mei Mei compie nella realtà australiana - così diversa e spiazzante, addirittura alienante rispetto al ridotto e claustrofobico ambiente dell’orfanotrofio cinese – è decisamente efficace, e coinvolgente, la descrizione del cambiamento interiore compiuto dai personaggi. L’ingresso della sedicenne nella vita di Dean Randall, condotta dentro e fuori la legalità, porta una nuova luce e insieme il risveglio della coscienza, di un senso di moralità e di riscatto.
L’intero universo di valori viene ridiscusso da entrambe le culture, orientale e occidentale, tra preservazione della purezza, compimento della maturità e accettazione del diritto-dovere che, come esseri umani, abbiamo di provvedere a noi stessi e all’altro, consapevoli della responsabilità che comporta amare qualcuno, fidarsi e affidarsi all’altro e ricambiare questa fiducia.
Impreziosito dall’interpretazione fresca di Zhu Lin e da quella sofferta e complessa di Guy Pearce (che dà forma e corpo allo spirito di un uomo appesantito dalla colpa eppure disperato di risorgere dalla propria ombra), 33 Postcards ha forse nelle scelte visive e di ambiente il punto di forza. Grazie alla bellissima fotografia di Toby Oliver (sospesa tra toni naturali, colori caldi, suggestioni emozionali e crudezza d’ambiente), il racconto per immagini che viene fatto di Sydney si muove da un livello più immediato - la skyline, la metropoli caotica – a uno meno scontato, più autentico, tutto composto di luci e ombre, commistioni architettoniche e paesaggi naturali, in un imperfetto quadro di contaminata postmodernità. La realtà del vivere senza confini, come si auspica la stessa Pauline Chan: un universo senza barriere culturali. Un sogno. Perché ogni film è una cartolina che viaggia ai confini del mondo, portando il messaggio con sé.

Francesca Borrione

Sezione di riferimento: Cinema dal mondo


Scheda tecnica

Titolo originale: 33 Postcards
Regia: Pauline Chan
Anno: 2011
Attori: Zhu Lin, Guy Pearce, Claudia Karvan, Lincoln Lewis, Kain O'Keeffe
Durata: 97 min.
Fotografia: Toby Oliver
Sceneggiatura: Martin Edmond, Philip Dalkin, Pauline Chan
Musica: Anthony Parthos

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