Dean è un detenuto, e l’intero mondo con cui Mei Mei ha cullato la propria giovane vita non è altro che la fantasia di un uomo solo, generoso ma anche bugiardo. Eppure c’è una verità profonda, al di là delle menzogne raccontate per ingannare se stessi o per fuggire dalla realtà troppo angusta da sopportare. La verità è che Dean e la ragazza cercano la medesima cosa: una famiglia, una figlia o un padre, qualcuno da amare e di cui prendersi cura, qualcuno per cui valga la pena sperare, o anche solo iniziare a vivere.
Film della pacificazione e film-simbolo della raggiunta integrazione tra Cina e Australia, 33 Postcards è il frutto della co-produzione tra i due paesi e in particolare la prima pellicola a contare sulla collaborazione tra Cina e New South Wales. La regista Pauline Chan, anche sceneggiatrice, cresciuta in Vietnam ma da trent’anni residente in Australia, conosce bene entrambe le realtà e gli stili di vita, le conflittualità, le diversità culturali, che qui traduce in un racconto di formazione toccante e poetico, delicato e sincero. Pur non addentrandosi nella complessità strutturale di una storia dai molteplici risvolti ma forse eccessivamente semplificata, la regista si giustifica affidando la propria prospettiva allo sguardo ingenuo ed entusiasta di Mei Mei, una Alice nel paese delle meraviglie che combatte con straordinaria caparbietà per realizzare se stessa e il suo irrinunciabile desiderio di appartenenza all’altro, come estensione della propria vita in procinto di sbocciare.
Se non sfugge alla retorica il racconto di questo percorso di adattamento che Mei Mei compie nella realtà australiana - così diversa e spiazzante, addirittura alienante rispetto al ridotto e claustrofobico ambiente dell’orfanotrofio cinese – è decisamente efficace, e coinvolgente, la descrizione del cambiamento interiore compiuto dai personaggi. L’ingresso della sedicenne nella vita di Dean Randall, condotta dentro e fuori la legalità, porta una nuova luce e insieme il risveglio della coscienza, di un senso di moralità e di riscatto.
L’intero universo di valori viene ridiscusso da entrambe le culture, orientale e occidentale, tra preservazione della purezza, compimento della maturità e accettazione del diritto-dovere che, come esseri umani, abbiamo di provvedere a noi stessi e all’altro, consapevoli della responsabilità che comporta amare qualcuno, fidarsi e affidarsi all’altro e ricambiare questa fiducia.
Impreziosito dall’interpretazione fresca di Zhu Lin e da quella sofferta e complessa di Guy Pearce (che dà forma e corpo allo spirito di un uomo appesantito dalla colpa eppure disperato di risorgere dalla propria ombra), 33 Postcards ha forse nelle scelte visive e di ambiente il punto di forza. Grazie alla bellissima fotografia di Toby Oliver (sospesa tra toni naturali, colori caldi, suggestioni emozionali e crudezza d’ambiente), il racconto per immagini che viene fatto di Sydney si muove da un livello più immediato - la skyline, la metropoli caotica – a uno meno scontato, più autentico, tutto composto di luci e ombre, commistioni architettoniche e paesaggi naturali, in un imperfetto quadro di contaminata postmodernità. La realtà del vivere senza confini, come si auspica la stessa Pauline Chan: un universo senza barriere culturali. Un sogno. Perché ogni film è una cartolina che viaggia ai confini del mondo, portando il messaggio con sé.
Francesca Borrione
Sezione di riferimento: Cinema dal mondo
Scheda tecnica
Titolo originale: 33 Postcards
Regia: Pauline Chan
Anno: 2011
Attori: Zhu Lin, Guy Pearce, Claudia Karvan, Lincoln Lewis, Kain O'Keeffe
Durata: 97 min.
Fotografia: Toby Oliver
Sceneggiatura: Martin Edmond, Philip Dalkin, Pauline Chan
Musica: Anthony Parthos