Ci sono creature nate per essere libere. Sempre e comunque. Donne che vivono la propria indipendenza come un dato di fatto intoccabile e incontrovertibile. Gabbiani che aprono le ali volando nel cielo della vita e fuggendo da ogni possibile prigione. A 60 anni come a 20. Nessuna cella, nessun limite, nessuna fredda parete: soltanto i sorrisi della notte, le luci colorate, i battiti sincopati della musica, le bevute e gli scherzi, le attrazioni e le disillusioni. Perché l'importante è danzare, fino alla fine, scartando la malinconia e superando ogni assalto del tempo che passa.
Angélique lavora da lustri in un cabaret (inteso come night club) al confine tra Francia e Germania. I clienti però sono sempre meno, perché i costi sono alti e al contempo donne più giovani avanzano reclamando un ruolo primario. Nonostante questo la donna trascorre ancora la sua vita all'interno del locale, insieme alle amiche, consapevole di una carriera ormai prossima al capolinea ma decisa a voler continuare l'esistenza di sempre.
La situazione pare all'improvviso modificarsi sensibilmente quando un suo affezionato ex cliente le chiede di sposarlo. Pur con molti dubbi, Angélique accetta la proposta, incuriosita dalla possibilità di una tranquilla vita famigliare e dalla rassicurante bonarietà di un uomo placido e gentile che non lesina continue dimostrazioni di reale e sincero affetto. La donna va a vivere con lui, inizia i preparativi per il matrimonio e un po' alla volta riesce a riunire i suoi quattro figli sparsi per la Francia, compresa la giovane Cynthia, che non vede da tanti anni perché ha dovuto abbandonarla in giovane età. Nonostante la gioia di avere di nuovo l'intera prole intorno, mano a mano che il giorno delle nozze si avvicina i dubbi di Angélique crescono e si fanno sempre più pressanti.
Scelto come titolo d'apertura della sezione Un Certain Regard all'ultimo Festival di Cannes, Party Girl ha vinto la prestigiosa Caméra d'Or, riconoscimento assegnato alla migliore opera prima. Il film, nato da un'idea di Samuel Theis, è diretto dallo stesso autore insieme a Claire Burger e Marie Amachoukeli, sue compagne di corso alla Fémis, la più importante scuola di cinema francese (un luogo quasi sacro, in cui si sono formati futuri maestri come Alain Resnais, François Ozon, Patrice Leconte e Arnaud Desplechin).
Per il debutto Theis sceglie di raccontare una storia intrisa di autobiografismo: l'attrice che interpreta Angélique è infatti sua madre, molti degli attori sono suoi parenti e i fatti narrati, pur con alcune modifiche, si avvicinano molto alla vita reale. Il lavoro di Theis e socie si muove dunque lungo il crinale che divide verità e finzione, per mettere in scena un disegno narrativo in cui la terza età diviene un luogo di scoperta, riflessione e definitiva consapevolezza.
Percorrendo un sentiero piuttosto simile al recente e notevole Gloria di Sebastian Lelio, con cui condivide anche un'inquadratura finale quasi identica, Party Girl scava nelle lacerazioni interiori di una donna che non sa e non vuole rassegnarsi alla fine dei sogni e al ridimensionamento della propria condizione. Angélique è sempre stata una creatura della notte, si è offerta a tantissimi uomini mantenendo però sempre intatta la propria dignità, e non ha mai accettato costrizioni logistiche che ne tarpassero l'ampiezza di movimento. Il night è il suo mondo, un universo di sbronze e rapporti fugaci, luci stroboscopiche e risate, sesso a pagamento e amicizie sincere, bicchieri vuoti e avventori idioti; una vita forse sbagliata, sulla carta, ma in fondo goduta e dunque a suo modo vincente.
Per fortuna non c'è nessun afflato moraleggiante, in Party Girl, nessun giudizio etico. Theis declama il proprio amore nei confronti della madre-attrice con sorprendente delicatezza ed equilibrio, fornendo al pubblico il ritratto genuino di una donna giunta al tramonto della vita, ma lontana dall'abdicare il suo bisogno di emancipazione. Il personaggio di Angélique, a ben vedere, non fa poi granché per farsi piacere agli occhi del pubblico; eppure è proprio dalle sue contraddizioni e dai suoi atteggiamenti discutibili e talvolta perfino irritanti che si alza il valore di un film capace di incrociare sguardi e solitudini con notevole lucidità. Il lavoro dei tre registi, pur non brillando per originalità, riesce infatti a essere estremamente compatto, si prende i suoi tempi e si avvicina alla (inevitabile?) conclusione seguendo schemi adeguati.
Così, barcollando per le strade di Strasburgo, Angélique saluta i suoi dubbi e trova una nuova alba, affidandosi all'ipnotico incedere delle note e regalandoci un ultimo sorriso, da conservare con cura per non dimenticare mai un concetto fondamentale: casa, è dove si balla.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Cannes 67, Film al cinema
Scheda tecnica
Regia e sceneggiatura: Marie Amachoukeli, Claire Burger, Samuel Theis
Fotografia: Julien Poupard
Montaggio: Frédéric Baillehaiche
Anno: 2014
Durata: 96'
Attori principali: Sonia Theis-Litzemburger, Joseph Bour, Mario Theis, Samuel Theis, Séverine Litzenburger.
Uscita italiana: 25 settembre 2014
Angélique lavora da lustri in un cabaret (inteso come night club) al confine tra Francia e Germania. I clienti però sono sempre meno, perché i costi sono alti e al contempo donne più giovani avanzano reclamando un ruolo primario. Nonostante questo la donna trascorre ancora la sua vita all'interno del locale, insieme alle amiche, consapevole di una carriera ormai prossima al capolinea ma decisa a voler continuare l'esistenza di sempre.
La situazione pare all'improvviso modificarsi sensibilmente quando un suo affezionato ex cliente le chiede di sposarlo. Pur con molti dubbi, Angélique accetta la proposta, incuriosita dalla possibilità di una tranquilla vita famigliare e dalla rassicurante bonarietà di un uomo placido e gentile che non lesina continue dimostrazioni di reale e sincero affetto. La donna va a vivere con lui, inizia i preparativi per il matrimonio e un po' alla volta riesce a riunire i suoi quattro figli sparsi per la Francia, compresa la giovane Cynthia, che non vede da tanti anni perché ha dovuto abbandonarla in giovane età. Nonostante la gioia di avere di nuovo l'intera prole intorno, mano a mano che il giorno delle nozze si avvicina i dubbi di Angélique crescono e si fanno sempre più pressanti.
Scelto come titolo d'apertura della sezione Un Certain Regard all'ultimo Festival di Cannes, Party Girl ha vinto la prestigiosa Caméra d'Or, riconoscimento assegnato alla migliore opera prima. Il film, nato da un'idea di Samuel Theis, è diretto dallo stesso autore insieme a Claire Burger e Marie Amachoukeli, sue compagne di corso alla Fémis, la più importante scuola di cinema francese (un luogo quasi sacro, in cui si sono formati futuri maestri come Alain Resnais, François Ozon, Patrice Leconte e Arnaud Desplechin).
Per il debutto Theis sceglie di raccontare una storia intrisa di autobiografismo: l'attrice che interpreta Angélique è infatti sua madre, molti degli attori sono suoi parenti e i fatti narrati, pur con alcune modifiche, si avvicinano molto alla vita reale. Il lavoro di Theis e socie si muove dunque lungo il crinale che divide verità e finzione, per mettere in scena un disegno narrativo in cui la terza età diviene un luogo di scoperta, riflessione e definitiva consapevolezza.
Percorrendo un sentiero piuttosto simile al recente e notevole Gloria di Sebastian Lelio, con cui condivide anche un'inquadratura finale quasi identica, Party Girl scava nelle lacerazioni interiori di una donna che non sa e non vuole rassegnarsi alla fine dei sogni e al ridimensionamento della propria condizione. Angélique è sempre stata una creatura della notte, si è offerta a tantissimi uomini mantenendo però sempre intatta la propria dignità, e non ha mai accettato costrizioni logistiche che ne tarpassero l'ampiezza di movimento. Il night è il suo mondo, un universo di sbronze e rapporti fugaci, luci stroboscopiche e risate, sesso a pagamento e amicizie sincere, bicchieri vuoti e avventori idioti; una vita forse sbagliata, sulla carta, ma in fondo goduta e dunque a suo modo vincente.
Per fortuna non c'è nessun afflato moraleggiante, in Party Girl, nessun giudizio etico. Theis declama il proprio amore nei confronti della madre-attrice con sorprendente delicatezza ed equilibrio, fornendo al pubblico il ritratto genuino di una donna giunta al tramonto della vita, ma lontana dall'abdicare il suo bisogno di emancipazione. Il personaggio di Angélique, a ben vedere, non fa poi granché per farsi piacere agli occhi del pubblico; eppure è proprio dalle sue contraddizioni e dai suoi atteggiamenti discutibili e talvolta perfino irritanti che si alza il valore di un film capace di incrociare sguardi e solitudini con notevole lucidità. Il lavoro dei tre registi, pur non brillando per originalità, riesce infatti a essere estremamente compatto, si prende i suoi tempi e si avvicina alla (inevitabile?) conclusione seguendo schemi adeguati.
Così, barcollando per le strade di Strasburgo, Angélique saluta i suoi dubbi e trova una nuova alba, affidandosi all'ipnotico incedere delle note e regalandoci un ultimo sorriso, da conservare con cura per non dimenticare mai un concetto fondamentale: casa, è dove si balla.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Cannes 67, Film al cinema
Scheda tecnica
Regia e sceneggiatura: Marie Amachoukeli, Claire Burger, Samuel Theis
Fotografia: Julien Poupard
Montaggio: Frédéric Baillehaiche
Anno: 2014
Durata: 96'
Attori principali: Sonia Theis-Litzemburger, Joseph Bour, Mario Theis, Samuel Theis, Séverine Litzenburger.
Uscita italiana: 25 settembre 2014