Wild Beasts – Belve Feroci è, concettualmente, incastonato lì dove l’aforista-scrittore Ambrose Bierce racconta si trovi l’epidermide: immediatamente al di sopra della pelle e appena al di sotto del sudiciume. Certamente i toni pre-apocalittici, la vena documentaristica e dunque ruvida e l’umore decadente sono cosa voluta, come dimostra il montaggio d’apertura, che descrive l'inquinamento delle città tra fumi tossici, acque sporche e montagne d’immondizia; ma non è certo questo genere di retorica a rendere Wild Beasts così maledettamente affascinante. Il film di Franco Prosperi (l’unico titolo di pura fiction della sua filmografia) è, infatti, il trionfo di una sporcizia tanto voluta quanto fuori controllo, la poetica del lurido, l’apoteosi dell’urbana e cinematografica decadenza senza tempo ma indissolubilmente legata al suo decennio.
Il neon lampeggia, riflettendosi su chiazze d’acqua stagnante, al ritmo degli anni Ottanta. Il film, in tal senso, ha la stessa carica morbosa e lo stesso generale squallore di uno dei nostri pionieristici porno. Un Alexandre Borsky più sgranato, più buio, in esterna e con un ghepardo al posto di Mark Shannon. Perfetta, in quest’ottica, la scelta di un’attrice come Lorraine De Selle (La casa sperduta nel parco, Cannibal Ferox, Violenza in un carcere femminile), il volto pruriginoso della borghesia, la malizia decadente della donna perbene. La sovrapposizione tra l’horror di Prosperi e un hard di Massaccesi non è così azzardata quanto potrebbe sembrare: la matrice è analoga, la morbosità simile e tutti e due – per loro stessa natura – hanno assorbito il proprio decennio come una spugna.
La vicenda del film germoglia tra le gabbie dello zoo comunale di un’imprecisata città tedesca, affidato alle cure di un efficiente veterinario, Rupert (John Aldrich, pseudonimo di un italiano, come ricorda intervistato lo stesso Prosperi, di cui non ricorda il vero nome), di cui è innamorata un’avvenente biologa e giornalista (la De Selle, il nome di punta del cast), madre della piccola Suzy. Una sera, improvvisamente, le belve sembrano impazzire: mura, cancelli, inferriate e guardiani dello zoo nulla possono contro la forza primordiale che spinge questi animali a evadere e inondare le strade della città. Tigri, elefanti, iene e felini di ogni genere seminano il panico. Pochi giorni prima una coppia, appartatasi in macchina, era stata assalita e orrendamente mutilata da un’orda di ratti fuoriusciti dalle tubature di scarico.
Rupert cerca di individuare le cause dell'inesplicabile fenomeno. Lo aiuta nei suoi spostamenti l'ispettore di polizia Nat (il caratterista Ugo Bologna, nel ruolo più convincente). Nel mentre una centrale elettrica va in tilt generando un blackout che getta la città in un’oscurità ancor più nera; l’effetto domino di catastrofi non si fa attendere: un jumbo in fase di atterraggio impatta su tre elefanti che hanno invaso la pista d’atterraggio, la gente si tappa in casa mentre i pochi sventurati ancora in giro sono assaliti e straziati. Laura cerca di raggiungere la figlia, ma anche il metrò si blocca e tra i suoi meandri si aggira una tigre. Il grosso felino uccide un passeggero rimasto bloccato, mentre la donna si salva a stento, grazie all’intervento di Rupert. Quest’ultimo intanto, nel caos, è riuscito ad accertare la causa della tragedia abbattutasi sulla città. La radice di tutto sembra essere l’acqua bevuta dagli animali, contaminata da fenoli industriali, dai quali deriva il P.C.P, droga che scatena terribili effetti. Naturalmente a puntellare il finale troviamo un colpo di scena che non riveliamo, non dissimile a quello di un altro precedente film, per certi versi legato allo stesso filone, Il cibo degli dei (1976) di Bert I Gordon.
Wild Beasts arriva in un momento particolarmente florido per il filone “animali assassini” made in Italy: basti pensare che lo stesso anno escono anche Shark – Rosso nell’oceano e l’imprescindibile Rats – Notte di terrore. Il film di Prosperi è però l’eco-vengeance italiano per antonomasia, in primis perché ha il primato di essere uno dei pochi esempi del filone che non si concentra su una specie o una tipologia animale specifica. L’unico altro titolo analogo è il Future animals (Day of the Animals, 1977) di William Gridler e, a voler essere generosi, lo splendido Frogs (1972) di George McCowan.
Forse, mai come nel caso di questo eco-vengeance, il termine “eco” va ad assumere un significato così ampio. Tutto il microcosmo buio e denso descritto dal film sembra ribellarsi: la sporcizia e la stessa aria compromessa e inquinata sembrano volersi vendicare. L’istinto animale e il prodotto dell’uomo, la natura e l’artificiale, l’aria, lo smog, il buio sgranato: tutto sembra aggredire tanto i protagonisti quanto lo spettatore.
Prosperi applica lo stesso modus operandi utilizzato nei “mondo movies” da lui diretti insieme a Gualtiero Jacopetti. La storia è scarna e la narrazione ridotta all’osso, i personaggi pochi e i protagonisti archetipi: questi elementi infatti sono più che altro un filo rosso, il collante per poter fissare insieme tutta una sequela di scene e momenti. A Prosperi, più che i colpi di scena, l’incedere della storia o il rapporto tra i personaggi, interessano le funzioni motorie degli animali (notevole la sequenza con l’auto inseguita dal ghepardo) e la messa in scena zoofila; l'autore finisce così per creare un film del tutto episodistico, che però – grazie all’atmosfera claustrofobica e al ristretto lasso di tempo in cui si svolge la storia – non risulta stridente o frastagliato.
Una notte, una città, uno zoo: gli animali sono liberi. Per la sua compattezza il film di Prosperi sta all’eco-vengeance come Ultimo mondo cannibale di Ruggero Deodato sta al cannibalico: un caposaldo di cui non si può fare a meno, al di là del bene e del male.
Eugenio Ercolani
Sezione di riferimento: Italia Terza Visione
Scheda tecnica
Titolo originale: Wild Beasts- Belve Feroci
Anno: 1984
Durata: 87'
Regista: Franco Prosperi
Sceneggiatori: Franco Prosperi, Antonio Accolla
Fotografia: Guglielmo Mancori
Musiche: Daniele Patucchi
Attori: Lorraine De Selle, John Aldrich, Ugo Bologna