Si inizia con Bisturi - La mafia bianca (1973) di Luigi Zampa. La storia ruota attorno al professor Daniele Vallotti (Gabriele Ferzetti), chirurgo di chiara fama, bravo nella sala operatoria quanto lo è ad ignorare il giuramento di Ippocrate. Bramoso di potere, circondato da collaboratori senza midollo, pronti ad assecondarlo su tutto, servo delle case farmaceutiche e con un spasmodico amore per il denaro, Vallotti è in vendita al miglior offerente. Anche all’interno della clinica, di cui è proprietario, la sua condotta è quella del perfetto barone: pazienti scelti in base alle loro disponibilità economiche e un operato approssimativo quando si tratta di malati “minori”. Tutto questo, naturalmente, curando con dedizione la sua reputazione “mediatica” che è quella di benefattore e figura paterna per la povera gente.
Nel suo entourage solo una voce sembra essere sempre pronta a dire le cose per come stanno, seppur con tono cinicamente sarcastico e con l’alito alcolico. Il dottor Giordani (Enrico Maria Salerno) è un uomo trasandato, amaro, ma paradossalmente, nonostante l’alcool, è l’unico che sembra avere lucidità nell’analizzare quel che lo circonda. Sbeffeggiato e tenuto da parte Giordani può contare solo sull’appoggio e la silenziosa comprensione di una giovane suora (Senta Berger) che, forse, per lui nutre sentimenti più profondi della stima.
Luigi Zampa è un regista che ha non mai goduto di grande considerazione da parte della critica, soprattutto quand’era in piena attività. Si vuole perché il regista romano ha sempre percorso la sottile linea tra autorialità e genere, tra compromesso commerciale e denuncia. Cosa che in questo paese, oggi come ieri, è pericolosissima. Motivo che ha portato anche firme come quella di Damiani o di Loy a non essere collocate li dove meriterebbero.
Nel caso di Zampa la situazione si fa ancora più complessa, dato che il regista di Anni difficili e Anni facili è sempre stato controcorrente, stravolgendo le regole del neo-realismo prima e della commedia italiana poi. Un esempio su tutti la maniera di sfruttare la presenza di Sordi ne Il vigile, che vede per la prima volta il “perdente” vincere su tutti. Il cinema di Zampa è sempre stato il più cinico tra quello dei suoi contemporanei, quando si è trattato di leggere i tempi che correvano.
Anche quando uscì nelle sale questo Bisturi - La mafia bianca, che fu presentato al Festival di Cannes di quell’anno, non molti si aspettavano che Zampa tornasse su un argomento già trattato cinque anni prima, con Il medico della mutua (1968). La maniera di raccontare la malasanità, che già era stata impietosa nel film con Sordi, qui si tinge di un'asciuttezza persino disturbante. Desolante, feroce, nero, Zampa non batte ciglio. La macchina da presa zooma sul pianto dei sopravvissuti, sugli occhiali dei chirurghi che riflettono i corpi aperti, sul bambino deceduto perché il macchinario che avrebbe potuto salvarlo non c’è più, sul momento in cui viene portato via sulla barella, sul volto sofferente e disilluso di Salerno mentre si porta alla bocca un altro bicchiere di whiskey. La sceneggiatura, scritta a quattro mani da Massimo de Rita e Arduino Maiuri, segue un filo rosso piuttosto labile ma che consente di mettere in scena un corollario di nefandezze, senza mai scadere nell’episodico. Il tutto puntellato dalla colonna sonora trascinante di Riz Ortolani.
La macchina da presa, come già detto, si muove con sguardo lucido ma senza dare il via a virtuosismi. Ed è forse proprio questo minimalismo registico (che ha sempre contraddistinto Zampa) che ha portato molti, in passato, a etichettarlo come tecnicamente sciatto, statico, povero. Bisturi è un ottimo esempio di come, invece, Zampa sappia non solo muovere la mdp, ma sappia soprattutto quando farlo. Un esempio su tutti il piano sequenza dall’alto delle varie operazioni o la scena finale, in cui, ad un certo momento, il nostro punto di vista è raso terra, a filo con il tappetto, creando quasi la sensazione che stiamo spiando il protagonista. Da apprezzare le interpretazioni di tutti i coinvolti, che talvolta riescono a salvare momenti vicini a scadere nel melò, come il confronto tra la Berger e Salerno, nella casa di quest’ultimo; una scena che non tocca mai il ridicolo solo grazie alle performance dei due interpreti.
Eugenio Ercolani
Sezione di riferimento: Italia: Terza Visione
Scheda tecnica
Titolo: Bisturi-la mafia bianca
Anno: 1973
Regia: Luigi Zampa
Sceneggiatura: Massimo de Rita, Arduino Maiuri
Fotografia: Giuseppe Ruzzolini
Musiche: Riz Ortolani
Durata: 105 min
Uscita in Italia: Maggio 1973
Attori principali: Gabriele Ferzetti, Enrico Maria Salerno, Senta Berger