Protagonista della vicenda è un ghost writer anonimo (infatti per tutto il film non verrà mai chiamato per nome) chiamato a riscrivere la biografia di Adam Lang, ambiguo ex primo ministro inglese. Mentre l’uomo politico viene accusato di crimini contro l’umanità, lo scrittore scopre che dietro la morte del suo predecessore si nasconde un complotto volto a nascondere il coinvolgimento di Lang con la CIA.
Detto così, L’uomo nell’ombra sembrerebbe un thriller come tanti, figlio di quella letteratura bestseller che, dai vari Harris, John Grisham e compagnia in poi, ha riempito gli scaffali delle librerie e stimolato la fantasia di sceneggiatori e registi. Dietro un canovaccio coinvolgente ma non particolarmente originale, invece, si cela un superbo lavoro di sottrazione che agisce nelle zone d’ombra della Storia, trasformando un’indagine di routine in uno specchio inquietante dei nostri tempi. L’uomo nell’ombra è infatti il perfetto thriller politico della contemporaneità, in cui la verità è talmente a portata di mano da riuscire a non manifestarsi mai; dove è sufficiente una ricerca su google per delineare i contorni di una vicenda torbida della quale nessuno, pare, aveva mai sospettato.
Zone d’ombra, dicevamo: è appunto l’ombra la parola chiave del film. Come il suo protagonista (“sono la sua ombra”, dice presentandosi ad Adam Lang), tutto il film si muove entro territori astratti ed immateriali. Da un lato c’è l’isola nel quale lo scrittore raggiunge il suo cliente per visionare il manoscritto, un territorio estraneo al resto del mondo (come in La morte e la fanciulla) e costantemente preso d’assalto da pioggia, vento e temporali; un ambiente che Roman Polanski rende magnificamente, sottolineando la claustrofobia degli ambienti e trasformando gli elementi atmosferici nel simbolo della sconfitta dell’Uomo (il giardiniere che cerca ripetutamente di contenere le foglie spazzate via dalla bufera). Dall’altro c’è invece l’universo reale, quello in cui i personaggi hanno compiuto (passato) le azioni delle quali si occupa (presente) il manoscritto che è al centro della vicenda.
Come in La nona porta, anche qui tutto ruota intorno alla figura di un libro, deus ex-machina in divenire che può essere cancellato e riscritto, manipolato e redatto; oppure, semplicemente, compresso in un file word e inserito in una chiavetta usb, rendendosi invisibile. Così come invisibile (quindi imperscrutabile, incomprensibile) è la verità, un tessuto malleabile impossibile da raggiungere ma che, nel film, viene rappresentata attraverso il linguaggio costituito dalle immagini (le fotografie) e dalla scrittura, ovvero le uniche possibilità di conoscenza in nostro possesso. Come se il mondo e la realtà fossero un eterno fuoricampo, tale semplicemente perché siamo noi che guardiamo dalla parte sbagliata: l’ultima inquadratura è quindi terribilmente esplicativa in tal senso, oltre ad essere un finale magnificamente polanskiano nell’accezione più pura del termine.
L’uomo nell’ombra riesce quindi nel miracolo di recuperare un genere che ha dato il meglio di sé negli anni Sessanta e Settanta, grazie ai vari Sidney Pollack, Alan J. Pakula e John Frankenheimer, solo per citarne alcuni tra i più significativi, aggiornandolo alle tendenze e agli stimoli dell’attualità: un noir spettrale appunto perché fatto di ombre e fantasmi, nel quale tutto è già successo e in cui cercare di venirne a capo implica, inesorabilmente, pagarne le terribili conseguenze.
Giacomo Calzoni
Sezione di riferimento: Special Roman Polanski
Scheda tecnica
Titolo originale: The Ghost Writer
Anno: 2010
Regia: Roman Polanski
Sceneggiatura: Roman Polanski e Robert Harris
Fotografia: Pawel Edelman
Musiche: Alexandre Desplat
Durata: 124’
Interpreti principali: Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Olivia Wiliams, Tom Wilkinson, James Belushi