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LUNA DI FIELE - Fammi male, Mimì

15/11/2013

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L'amore che muore. Oppure evolve. Diventa altro. Si trasforma in perversione, odio, sfruttamento, ossessione. L'uomo padrone e la donna schiava, o viceversa. Il sesso come strumento di dominio, sottomissione, stravolgimento di ruoli e ambizioni, certezze e tradizioni, immagini e illusioni. L'atto fisico come malattia insopprimibile, dipendenza logorante, erezione permanente. Poi la noia, il fastidio, l'odore del corpo eccitato che svanisce, la voluttà del pensiero e dell'azione che inesorabile si perde tra i sentieri della banalità. 
A combattere la necessità dell'abbandono rimane infine un legame, quasi obbligato, totalitario, coacervo di sensazioni e privazioni, simbolo di eterna dannazione e veicolo capace di guidare sino al limite estremo. E oltre.
​
Nave da crociera in viaggio verso Istanbul. Una coppia dalle buone maniere in crisi d'identità, alla ricerca di nuove emozioni per ritrovare l'attrazione perduta e combattere il piattume del quotidiano. Un'altra coppia, dalle abitudini misteriose e conturbanti. Una lunga storia, disgustosa e meravigliosa, da raccontare, ascoltare, sopportare, per ottenere la soddisfazione di un sogno dagli occhi di ghiaccio. Quattro personaggi, quattro pedine mosse da Roman Polanski in un continuo gioco di smistamenti e incroci, confronti e distanze, annientamento e sorprendenti alchimie. 
​
Come sarà poi anche in Carnage, come già era stato ad esempio in Rosemary's Baby, il maestro polacco costruisce con Luna di Fiele un esemplare atto satirico in cui scartavetrare gli angoli bui dell'anima umana, alla ricerca di quegli anfratti oscuri nel quale pulsa il vero senso della vita e delle azioni che la accompagnano. Gli bastano un luogo in finto movimento, qualche corridoio stretto, un lieve rollio, quattro attori e alcuni salti narrativi tra presente e passato: non c'è bisogno di ulteriori artifici, né di invenzioni strutturali; la regalità del cinema polanskiano, come sempre, viaggia a braccetto con l'essenzialità della forma, trovando un ennesimo e invidiabile punto di rottura.
​
Latte versato e spalmato sul seno; una danza lasciva a piedi nudi tra le candele; frustini e travestimenti; lo strumento del potere carnale a cavalcioni sulla bocca di un amante immobilizzato; una notte di passione lesbica che scivola oltre i muri del voyeurismo. Emmanuelle Seigner irresistibile femme fatale, "tutta la bellezza del mondo racchiusa in un corpo di donna"; Peter Coyote vittima/carnefice dalle mille sfumature; Hugh Grant ingenuo loser scavato da pruriti non più soffocabili; Kristin Scott Thomas oggetto di un'iniziazione tardiva ma non troppo. Tasselli interscambiabili, confusi e infelici, in corsa verso la vita con un'inclinazione verso la morte, nel tegame fumante di una ricetta afrodisiaca i cui risultati non potranno che essere nefasti.
​
Polanski attacca, ironizza, svia le previsioni, facendosi trainare dalle musiche dei Vangelis e dalla fotografia di Tonino Delli Colli. Luna di fiele sconvolge e seduce, ci guida negli umori del sesso per poi lasciarci inebetiti di fronte alla risoluzione degli eventi. Dura oltre due ore, ma non stanca neanche per sbaglio; è come una seduta psicoanalitica, nella quale ritrovare un po' di noi stessi, di quello che siamo o vorremmo essere se solo ne avessimo il coraggio, perché in fondo "in tutti noi c'è una vena di sadismo, e non c'è niente di peggio di sapere che esiste qualcuno disposto a essere totalmente alla tua mercé". 
Così ci ritroviamo ipnotizzati, in viaggio su quella linea 96 diretta a Rue des Lilas e poi storditi dal rumore sordo della graduale follia; ascoltiamo, anche noi, nutrendoci soprattutto del corpo di Mimì/Emmanuele, dipinto da penetrare e scultura da adorare. Dal suo sguardo partono i fili invisibili che muovono i burattini che le stanno intorno, cadaveri in decomposizione pronti a risorgere in preghiera davanti alla Dea vendicatrice.
​ 
Immersi tra le fauci del peccato scandagliamo con Polanski i recessi della vanità umana, glorificando l'acre sapore della rivalsa. Il mondo là fuori non ci interessa più. C'è soltanto una nave, e ci sono una scacchiera di carne, una camera oscura, un involucro di calda pelle da leccare e consumare, un rasoio tagliente, un limite che tale più non è.

​Sono tuo, adesso. Devo essere umiliato, ancora e ancora. Me lo merito. Fammi male, Mimì.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: Special Roman Polanski


Scheda tecnica

Titolo originale: Bitter Moon
Anno: 1992
Durata: 138'
Regia: Roman Polanski
Soggetto: Pascal Bruckner (romanzo)
Sceneggiatura: Roman Polanski, Gérard Brach, John Brownjohn
Fotografia: Tonino Delli Colli
Montaggio: Hervé de Luze
Musiche: Vangelis
Attori: Hugh Grant, Kristin Scott Thomas, Emmanuelle Seigner, Peter Coyote

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