Ma a nessuno verrà mai in mente di accusarci di essere eccessivamente di parte, non se parliamo di Miyazaki, almeno; e Principessa Mononoke non fa eccezione, risultando ancora oggi tra i massimi risultati raggiunti dal suo autore, ma anche un film sotto alcuni aspetti anomalo, e persino spiazzante: perché mai fino a quel momento il sangue e la violenza erano stati messi in scena in maniera così esplicita, al punto che in alcune sequenze sembra quasi di trovarsi davanti a qualcosa di inadatto per un pubblico infantile, certamente meno avvezzo alla visione di arti mozzati e teste decapitate, neanche fossimo in un film horror. O di guerra.
La guerra, appunto: tema centrale dell’opera, seppure filtrata attraverso una sensibilità del tutto particolare. Principessa Mononoke è innanzitutto la storia del conflitto, eterno, tra l’uomo e la natura, tra il giusto e lo sbagliato, tra il Bene e il Male. Fin qui, tutto semplice. Oppure no? Miyazaki è Uomo e Artista dalla visione cristallina e purissima, da sempre in grado di esprimere una sua personalissima idea del mondo tramite una poetica bellissima e immediatamente riconoscibile, semplice eppure mai banale. E con questo film sembra aver elevato il livello del proprio discorso fino a un punto di non ritorno, sfocando la distanza tra gli opposti e lavorando sulle contraddizioni.
Opera magniloquente e straordinariamente evocativa, Principessa Mononoke mette in scena un universo nel quale ogni suo singolo elemento è in guerra: l’uomo è in guerra contro la natura, deturpandola e piegandola alle proprie esigenze; ma anche le vittime della sua mano, gli animali, sono in perenne conflitto tra di loro, andando a delineare i contorni di un disastro dal quale nessuno rischia di uscirne vincitore. Perché la guerra è per gli stupidi, come sottolinea giustamente l’ultima frase del film, e la Storia è qui a testimoniarlo.
Anche se il contesto è quello di un fantasy, con gli animali che parlano e le creature magiche della foresta, non per questo la potenza evocativa rischia di risentirne. Profondamente shintoista nello spirito, e quindi ricco di richiami a volte incomprensibili per lo spettatore occidentale, ma anche così colmo di magia e poesia da abbagliare gli occhi e il cuore, Principessa Mononoke è un film dolente e disperato, più che consapevole di cosa sia l’Orrore ma non per questo pessimista o disfattista; senza mai dare risposte facili e senza scadere nel manicheismo più scontato, al punto che, aspetto non secondario, nel film viene a mancare quasi completamente la figura del cattivo classico, dal momento che le psicologie di tutti i personaggi sono cangianti e sfaccettate, perché anche la realtà delle cose lo è.
Non è un caso, forse, che venga quasi spontaneo effettuare un parallelismo a posteriori tra questo e l’ultimo, magnifico Si alza il vento: ovvero tra il film più arrabbiato di Miyazaki e il suo commiato al cinema, che è anche il suo capolavoro. Due opere apparentemente agli opposti, dal momento che il secondo è privo di qualsiasi connotazione fantastica, eppure legate tra loro dal rifiuto totale e senza compromessi nei riguardi della guerra.
Il Miyazaki di Principessa Mononoke è un Uomo che sente ancora di dover dire la propria, mostrando la brutalità per quella che è senza per questo rinunciare alla poesia; quello di Si alza il vento, invece, lascia il testimone alle nuove generazioni e non permette alla rabbia di fare capolino, perché è tempo di vivere, innanzitutto e sopra ogni cosa.
Giacomo Calzoni
Sezione di riferimento: Animazione / Film al cinema
Scheda tecnica
Regia: Hayao Miyazaki
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki
Montaggio: Takeshi Seyama
Musiche: Joe Hisaishi
Fotografia: Atsushi Okui
Anno: 1997
Durata: 128’
Uscita Italiana: 08/05/2014
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